Visto che il tema sembra che sia ora ritornato in discussione, vi posto l'integrale qui sentenza con cui la Cassazione rigettò il ricorso del Comune avverso la sentenza d'appello che aveva reintegrato l'architetto. Chi a tempo e voglia ora la legga e poi tragga un suo giudizio.
SENTENZA sul ricorso 13770-2014 proposto da: COMUNE DI
STRESA, in persona del Sindaco pro tempore ricorrente contro ERMINI MARIO; 2016 1465 - intimato -che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale e inammissibilità del ricorso
incidentale. Corte di Cassazione - copia non ufficiale RG 13770 2014
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Il Tribunale di Verbania aveva respinto il ricorso,
proposto da Ermini Mario nei confronti del Comune di Stresa, volto alla
dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato il 29.11.2008 ed alla
pronunzia dei provvedimenti restitutori, reali ed economici, di cui all'art. 18
della legge n. 300 del 1970. 2. Con la sentenza in data 27.2.2014, la Corte di
Appello di Torino, adita dall'Ermini, in riforma della sentenza di primo grado,
ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento ed ha condannato il Comune alla
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, al risarcimento del danno,
liquidandolo nella misura corrispondente alle retribuzioni non percepite nel
periodo non lavorato, al versamento dei contributi previdenziali ed ha
dichiarato l'integrale compensazione delle spese dei giudizio. 3. Queste le
argomentazioni motivazionali che sorreggono la decisione. 4. I fatti addebitati
non erano riconducibili all'art. 25 c. 7 lett. i) del CCNL del 22.1.2004 per le
Regioni e le Autonomie Locali e difettava il requisito di proporzionalità,
perchè detta disposizione consentiva il licenziamento nei casi di grave
incapacità, anche dolosa nell'adempimento degli obblighi di servizio, di
reiterati comportamenti ostativi all'attività ordinaria dell'Ente, di condanna
passata in giudicato per delitto non attinente, in via diretta, al rapporto di lavoro.
5. Il comma 6 dell'art. 25 del CCNL non prevedeva la sanzione espulsiva per la
timbratura irregolare, che risultava sanzionata con la sospensione dal servizio
da 11 giorni a sei mesi, al pari di comportamenti ben più gravi di quelli
addebitati all'Ermini (assenza arbitraria ed ingiustificata dal servizio per un
numero di giorni superiore a 10 e sino 15; occultamento da parte del
responsabile della custodia, del controllo e della vigilanza, di fatti e
circostanze relativi ad illecito uso o manomissione, distrazione o sottrazione
di somme o beni di pertinenza dell'Ente o ad esso affidati; insufficiente
persistente rendimento; fatti, colposi o dolosi, attestanti grave incapacità ad
adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio; reiterati atti e comportamenti
aggressivi, ostili e denigratori; violenza morale o persecuzione psicologica
nei confronti di altro dipendente al fine di procurargli un danno in ambito
lavorativo o di escluderlo dal contesto lavorativo; atti 'comportamenti o
molestie, anche di carattere sessuale, di particolare gravità lesivi della
dignità della persona). 6. L'art. 55 quater del D. Lgs 165/2001, non poteva
essere assunto come riferimento per la valutazione della proporzionalità della
sanzione, in quanto inapplicabile "ratione temporis". 7. L'Ermini,
pur tenuto ai rispetto dell'orario di servizio fissato in 36 ore settimanali, a
fronte di poco più di 18 ore di lavoro irregolarmente attestate, aveva prestato
circa trecento ore di lavoro in più non retribuito. 1 Corte di Cassazione -
copia non ufficiale RG 13770 2014 8. La discrasia tra l'orario di lavoro
risultante dalla timbratura e quello di effettivo ingresso, limitato a pochi
minuti, costituiva sintomo di una condotta improntata a leggerezza e non ad
intenti elusivi dei sistemi di controllo delle presenze. La prova aveva
evidenziato che il lavoratore, nella qualità di titolare dì una posizione
organizzativa, aveva conseguito valutazioni positive per il raggiungimento
degli obiettivi assegnati, che era frequentemente in ufficio in orari ulteriori
rispetto all'orario di servizio e che i fatti contestati non avevano avuto
alcuna negativa incidenza sui suoi doveri. 9. La recidiva, non sussistente per
l'assenza di pregresse sanzioni, non era stata oggetto di contestazione in sede
disciplinare. 10. La peculiarità e la delicatezza delle questioni dedotte in
giudizio costituivano ragione della disposta compensazione delle spese dei due
gradi del giudizio. 11. Avverso detta sentenza il Comune di Stresa ha proposto
ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da successiva
memoria. 12. Ermini Mario ha resistito con controricorso ed ha, a sua volta,
proposto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo. MOTIVI DELLA
DECISIONE 13. Il ricorso principale 14. Con il primo motivo il Comune censura
la sentenza per violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., lamentando che
la Corte territoriale avrebbe operato, al fine di attenuare la gravità della
condotta dell'Ermini, una imprecisata ed erronea compensazione tra le ore lavorate
oltre l'orario di lavoro di 36 ore settimanali e quelle irregolarmente
registrate. 15. Deduce che la prestazione di ore di lavoro eccedenti l'orario
normale di lavoro avrebbe potuto rilevare se le ore in eccesso fossero state
prestate nei giorni coincidenti con le false timbrature; che la compensazione
sarebbe erronea ove intesa dal punto di vista monetario, perché l'Ermini aveva
fruito della retribuzione di posizione e di risultato. 16. Non vi era alcun
elemento probatorio idoneo a ricondurre l'elemento psicologico a mera
leggerezza piuttosto che ad una vera e propria volontà elusiva, questa
desumibile dalla reiterazione dei comportamenti e dai rapporti della P.G., dai
quali emergeva che la discrasia tra gli orari di timbratura e quelli di
presenza era superiore a quella ritenuta provata nella sentenza impugnata. 17.
Con il secondo motivo il Comune denuncia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 5
c.p.c., omesso esame circa l'elemento psicologico della condotta dell'Ermini. 2
Corte di Cassazione - copia non ufficiale RG 13770 2014 18. Deduce
l'irrilevanza delta disposizione di servizio del 22.3.2007, riguardando questa
non le false timbrature ma l'omissione delle timbrature e sostiene che
l'episodio del 21.4.2005 incideva, al più, sul numero comunque consistente, dei
comportamenti illeciti registrati; che la compensazione operata dalla Corte
territoriale tra il numero di ore di lavoro prestato e quello falsamente
attestato non avrebbe alcuna rilevanza sull'elemento soggettivo ma solo sul
fatto materiale; che la prova sull'elemento oggettivo e su quello soggettivo
non poteva essere tratta dalla motivazione del decreto di archiviazione, perché
privo di rilevanza nel giudizio civile. Sostiene che vi sarebbe incoerenza tra
le acquisizioni probatorie ed il giudizio valutativo formulato dalla Corte
territoriale. 19. Con il terzo motivoil Comune denuncia, ai sensi dell'art. 360
c. 1 n. 3 c.p.c., violazione dell'art. 1363 c.c. relativamente agli artt. 23
del CCNL del 1995 per le Regioni e le Autonomie Locali e 25 commi 1, 3, 4, 5,
6, 7, 8 e 9 del CCNL 2004 per le Regioni e le Autonomie Locali. 20. Sostiene
che dalla corretta interpretazione delle norme richiamate in rubrica
discenderebbe la riferibilità degli addebiti contestati alle fattispecie
disciplinari punite dalla contrattazione collettiva con la sanzione espulsiva;
che l'elemento intenzionale, che aveva ispirato la condotta contestata, ne
consentiva la qualificazione ai sensi del comma 7 lett. i) dell'art. 25 del
CCNL del 1995; che la condotta addebitata avrebbe dovuto farsi rientrare
nell'ambito della previsione generica contenuta nel c. 9 dello stesso art. 25
del CCNL del 1995 e del 2004, secondo cui le mancanze non espressamente
previste nei commi da 4 ad 8 sono comunque sanzionate secondo i criteri di cui
al comma 1, con riferimento, quanto alla individuazione dei fatti sanzionabili,
agli obblighi dei lavoratori di cui all'art. 23 , e i quanto al tipo ed alla
misura delle sanzioni, ai principi desumibili dai commi precedenti. 21. Lamenta
che la Corte territoriale non avrebbe operato una lettura sistematica delle
disposizioni del codice disciplinare, avendo sottovalutato l'elemento della
fraudolenza della condotta addebitata e avendo omesso di considerare la
disposizione di cui all'art. 55 quater del D.Lgs 165/2001 e che non avrebbe
tenuto conto degli elementi di cui al comma 9 dell'art. 25 del CCNL. 22.
Afferma che, comunque, la condotta sarebbe riconducibile a quella prevista dal
comma 6 dell'art. 3 del CCNL del 2008, che, pur non applicabile "ratione
temporis", costituirebbe una scala di valori trasfusa nel codice
disciplinare e che la plurima reiterazione degli addebiti relativi alla
timbratura consentirebbe l'applicazione della lett. a) del comma 7 dell'art. 25
del CCNL del 2004, che prevede la sanzione del licenziamento nei casi di
recidiva plurima. 23. Con il quarto motivo il Comune denuncia, ai sensi
dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione dell'art. 1363 c.c., relativamente
agli artt. 23 del CCNL 1995 e 25 commi 1, 3 Corte di Cassazione - copia non
ufficiale RG 13770 2014 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, e 9 del CCNL del 2004, in
relazione all'art. 3 della legge n. 604 del 1966 rispetto all'art. 25 c. 7
lett. i). 24. Sostiene che la condotta addebitata sarebbe, comunque,
riconducibile all'art. 3 della legge 604/1966 e all'art. 2119 c.c., che la
fonte convenzionale in materia di infrazioni e sanzioni, ex art. 55 D.Lgs
165/2001 applicabile "ratione temporis", non sarebbe esclusiva e che
il divieto di condotte integranti gli estremi della giusta causa e del giustificato
motivo risiederebbe nella legge. 25. Il ricorso inpidentale 26. Con l'unico
motivo l'Ermini denuncia violazione del principio di soccombenza, sul rilievo
che la sentenza sarebbe insufficientemente motivata nella parte in cui la
compensazione delle spese dei due gradi del giudizio è stata giustificata solo
con riferimento alla particolarità e delicatezza delle questioni trattate. 27.
Esame dei motivi del ricorso principale 28. I primi due motivi, da scrutinarsi
congiuntamente, per essere correlati alle argomentazioni spese dalla Corte
territoriale in merito al numero delle ore che complessivamente risultavano
come lavorate per effetto delle irregolari timbrature e quelle prestate
dall'Errnini oltre l'orario minimo di servizio, sono infondati. 29. La Corte
territoriale, infatti, non ha operato alcuna compensazione tra le diciotto ore
che sarebbero state impropriamente registrate e le ore prestate in più rispetto
al normale orario di servizio ma ha solo fatto riferimento all'orario di lavoro
in concreto osservato, ai fini della formulazione del giudizio di
proporzionalità tra infrazione contestata e sanzione. Giudizio di
proporzionalità fondato anche sull'assenza di precedenti disciplinari e
sull'avvenuto raggiungimento degli obiettivi conseguiti anche nel periodo oggetto
della contestazione disciplinare. 30. Il terzo motivo, al di là della
titolazione della rubrica, che richiama l'art. 360 c, 1 n. 3 c.p.c. e denuncia
la violazione delle regole di ermeneutica negoziale, reputa non corretta la
sussunzione del fatto nell'archetipo negoziale collettivo secondo
prospettazioni che sono estranee al perimetro del vizio denunziabile ai sensi
dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. 31. Va in proposito ribadito che, in tema di
ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella
deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del giudice del merito, della
fattispecie astratta recata da una norma di legge e di contratto o accordo
collettivo nazionale, e, quindi, implica necessariamente un problema
interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea
ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è
estranea all'esatta interpretazione della norma di legge ( o di contratto o di
accordo collettivo nazionale) e inerisce alla tipica valutazione del giudice di
merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del
vizio di motivazione. 4 Corte di Cassazione - copia non ufficiale RG 13770 2014
32. Va precisato che il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto,
e dei contratti e degli accordi collettivi nazionali di lavoro, ai sensi
dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere
dalla motivazione (che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di
diritto) posta dal giudice a fondamento della decisione (id est: del processo
di sussunzione), per l'esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato,
la norma, della cui esatta interpretazione non si controverte (in caso positivo
vedendosi in controversia sulla lettura" della norma stessa), non sia
stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si
doveva applicarla, ovvero che sia stata "male" applicata, e cioè
applicata a fattispecie non esattamente comprensibile nella norma (Cass.
7568/2016, 4505/2016, 26307/2014, 22348/2007). 33. A quanto osservato consegue
che il processo di sussunzione, nell'ambito del sindacato sulla violazione o
falsa applicazione di una norma di diritto e dei contratti e degli accordi
collettivi nazionali di lavoro, presuppone la mediazione di una ricostruzione
del fatto incontestata, al contrario del sindacato ai sensi dell'art. 360,
primo comma n. 5 c.p.c. (oggetto della recente riformulazione interpretata
quale riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità
sulla motivazione, Cass. SSUU 8053/2014), che postula un fatto ancora oggetto
di contestaz ione tra le parti. Net e, e, 34. Nella fattispecie in esam rcorre„
ipo si dell'erronea applicazione della norma del contratto collettivo nazionale
di lavoro perché il motivo, nei termini in cui è prospettato nella parte
argomentativa, non pone problemi di interpretazione delle clausole negoziali
pattizie, ma di erronea applicazione ovvero di mancata loro applicazione a
fattispecie che invece ne avrebbe imposto l'applicazione. 35. Tanto precisato,
il motivo, che, per un verso contesta la ricostruzione della condotta posta a
base del licenziamento, e, per altro verso, il giudizio valoriale della sua
gravità, non scalfisce la decisione impugnata, restando estraneo alla sua
tenuta, in quanto la valutazione delle risultanze dì causa, è ammissibile, in
sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione, nei limiti sopra
individuati (cfr. punto 33 di questa sentenza)iche nel motivo in esame non
viene denunciato. 36. Esso, pertanto, va rigettato. 37. Il quarto motivo è
infondato. 38. Con riguardo alle tipizzazioni degli illeciti disciplinari
contenute nei contratti collettivi, questa Corte ha ripetutamente affermato che
in tema di licenziamento dette previsioni non possono essere disattese dal
giudice, perché rappresentano le valutazioni che le parti sociali hanno fatto
in ordine alla valutazione della gravità di determinati comportamenti
rispondenti, in linea di principio, a canoni di normalità (Cass. 2906/2005) e
che il datore di lavoro non può irrogare la sanzione risolutiva quando questa
costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto 5 Corte di
Cassazione - copia non ufficiale RG 13770 2014 collettivo, in relazione ad una
determinata infrazione (Cass. 6165/2016, 2692/2015, 19053/2005,16260/2004). 39.
La statuizione impugnata si sottrae alle censure formulate perché, in
conformità con i principi di diritto sopra richiamati, la Corte territoriale ha
tratto il giudizio di sproporzione della sanzione risolutiva rispetto ai fatti
contestati, nei termini risultati accertati, in considerazione delle
tipizzazioni degli illeciti disciplinari, e delle correlate sanzioni, contenute
nel CCNL del 22.1.2004. 40. In particolare, ha rilevato (cfr. punti 4 e 5 di
questa sentenza) che l'art. 25 c. 7 lett. i), richiamato nella stessa lettera
di licenziamento, consentiva il ricorso alla sanzione espulsiva in ipotesi di
comportamenti diversi e più gravi di quello addebitato all'Ermini e che, ai
sensi del comma 6 dello stesso art. 25, la condotta compendiatasi nella
timbratura irregolare risultava punita con sanzione conservativa, al pari di
comportamenti ben più deplorevoli di quelli posti a base del licenziamento. 41.
Ha correttamente escluso "ratione temporis" l'applicabilità alla
fattispecie dedotta in giudizio dell'art. 59 quater del D. Lgs.165/2001
introdotto dall'art. 69 c. 1 del D. Lgs 150/2009. 42. Il ricorso incidentale
43. Il motivo è, per un verso, infondato e, per altro, inammissibile. 44. L'
infondatezza attiene alla censura di violazione di legge e discende dal fatto
che, trattandosi di giudizio instaurato nel marzo 2009 (cfr. pag. 2 del
ricorso), non si applica il testo dell'art. 92 c.p.c., come modificato a
decorrere dal 4 luglio 2009 dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11, per i
procedimenti instaurati successivamente all'entrata in vigore della legge (cfr.
art. 58 stessa legge), in ragione del quale per la compensazione si richiedono
soccombenza reciproca o altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente
indicati nella motivazione. 45. Nei giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore
dell' art. 2 c. 1 lett. a) della legge n. 263 del 2005, come modificato
dall'art. 39-quater c. 4 del D.L. n. 273 del 2005, convertito con modificazioni
nella legge n. 51 del 2006, e prima del 4 luglio 2009, come quello in esame, il
giudice può, invece, procedere alla compensazione parziale o totale tra le
parti in mancanza di soccombenza reciproca solo se ricorrono giusti motivi,
esplicitamente indicati nella motivazione, atteso il tenore dell'art. 92
c.p.c., comma 2, come modificato dall'art. 2, comma 1, lett. a), della legge
citata (cfr. Cass. 11130/2015; Ord. 2033/2014). 46. Siffatto obbligo
motivazionale è stato assolto nel caso specifico, avendo la Corte di appello
esplicitato le ragioni che l'hanno indotta ad avvalersi della facoltà di
compensare le spese processuali, 47. L'inammissibilità si riferisce alla
censura motivazionale e discende dal rilievo che la censura risulta formulata
secondo gli schemi del "vecchio" art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. 6 Corte di
Cassazione - copia non ufficiale RG 13770 2014 48. L'attuale testo (come
novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b convertito con
modificazioni, dalla L. n. 134 dei 2012), applicabile ai ricorsi avverso le
sentenze pubblicate, come quella all'esame, successivamente al 11 settembre
2012 (art. 54, comma 3 del medesimo decreto) prevede un vizio specifico, quale
l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti, da indicarsi specificamente dal ricorrente,
riducendo, per il resto, il sindacato sulla motivazione al minimo
costituzionale. Di talché, l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di
legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante ed attiene aliresistenza della motivazione in sè,
come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le
risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del
difetto di "sufficienza", nella "mancanza assoluta di motivi
sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione
apparente", nel "contrasto irriducibile fra affermazioni
inconciliabili", nella "motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile" (Cass.SSUU n. 8053/2014). 49. In conclusione, il ricorso
principale e quello incidentale vanno rigettati 50. Le spese del giudizio vanno
compensate in misura integrale, avuto riguardo alla reciproca soccombenza. 51.
Deve darsi atto, ai sensi dell'art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002,
che sussistono í presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente
principale e del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis
dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso principale. Rigetta il
ricorso incidentale. Dichiara compensate le spese del giudizio. Ai sensi
dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
principale e di quello incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1
-bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
12.4 016
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