La storia a volte ci lascia testimonianze interessanti, leggendo le quali scopriamo che il mondo cammina anche a rovescio. Una di queste testimonianze è il ponte di Traiano, l'imperatore che nel secondo secolo d.c. fece raggiungere da Roma la sua massima espansione territoriale. A leggere le caratteristiche di quel ponte e la velocità di realizzazione, anche quello di Messina rischia di non fare una grande figura, figuriamoci il nostro ponticello, che più giusto sarebbe chiamare passerella e che dovrebbe collegare le due sponde di quel torrentello dal nome minaccioso e che per buona parte dell'anno sta in secca. Forse fra qualche giorno, dopo tre Pasque di attese potremo vederlo, ammirarlo mi sembra troppo; inaugureremo dunque la passerella che mi par giusto dedicare al nostro Borgomastro che contro tutto e tutti avrà l'onore di tagliare il nastro di inaugurazione, sperando che non crolli alla prima piena.
Il Ponte di Traiano (romeno: Podul lui Traian; serbo: Трајанов мост, Trajanov Most) o Ponte di Apollodoro sul Danubio era un ponte romano fortificato, costruito negli anni dal 103 al 105, il primo mai posto in opera sul basso corso del Danubio. Per più di mille anni fu il più lungo ponte ad arcate mai costruito al mondo, sia in termini di lunghezza totale che di larghezza delle sue campate.
Fu opera dell'architetto Apollodoro di Damasco, che lo realizzò nel corso della campagna bellica che portò Traiano alla conquista della Dacia.
Ricostruzione ipotetica del ponte
Il ponte era posto a est delle Porte di Ferro, presso le attuali città di Dobreta (in Romania) e Kladovo (in Serbia). La sua costruzione fu ordinata dall'imperatore Traiano per fornire una via di rifornimento per le legioni romane impegnate nella campagna dacica. Questa le descrizione che ne fa Cassio Dione Cocceiano:
« [...] ci sono altre opere per le quali [Traiano] si distinse, ma questa le sorpassò tutte. Il ponte poggia su 20 pilastri in pietra quadrangolare di 150 piedi di altezza escluse le fondamente e di 60 di larghezza. Questi [piloni] sono distanti 170 piedi l'uno dall'altro e sono collegati da archi. »
(Cassio Dione, Storia romana, LXVIII, 13.1-2.)
La struttura era lunga 1.135 metri, in un punto in cui il Danubio è largo 800 metri: l'altezza sul pelo dell'acqua raggiungeva i 19 metri; la larghezza del passaggio era di 15 metri. Con la sua posa in opera veniva di fatto cancellato il confine naturale che il corso del fiume stabiliva tra la Mesia e la Dacia.
A ciascuna delle estremità, intorno ai due ingressi, era posto un castrum,[1] di modo che l'attraversamento del ponte fosse possibile solo passando attraverso le fortificazioni.
Il suo ingegnere, Apollodoro di Damasco, usò probabilmente[2] archi in legno poggiati su venti piloni in muratura di mattoni, malta e pozzolana alti circa 45 metri e distanziati tra loro di 38 metri.[3] Nel piccolo museo archeologico di Turnu Severin è presente un bellissimo modello scala 1:100 del ponte (in un locale lungo più di dodici metri).
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