S o s t a
Oggi questo blog, arrivato ai due mesi e un anno di sua vita, si ferma un po’ di giorni, la causa è un viaggio verso l’India da dove si tornerà intorno al 10 di gennaio. Nel frattempo vi lasciamo, se vorrete, la lettura del discorsetto fatto in Consiglio in occasione della variante, quella alberghiera. Poi, così si spera, intorno all’undici o al dodici dell’anno che verrà, riprenderemo la nostra attività. Dentro il Palazzo comunque in questo tempo non dovrebbe succeder proprio niente: niente golpe, niente gialli, niente, proprio niente, anche Canio può prendersi una pausa.
Intervento del Consigliere Vallenzasca Piero in sede di Consiglio del 16/11/2011 in relazione alla proposta di deliberazione per la approvazione del documento programmatico di pianificazione riferito a variante strutturale alberghiera.
Siamo chiamati a manifestare un voto dopo un percorso di costruzione di un progetto di variante urbanistica che ha, sostanzialmente, ignorato l’esistenza, non solo di questo Consiglio, ma anche dei soggetti portatori di interessi diffusi, mai chiamati a dare un loro contributo partecipativo alla sua formazione, men che meno è stata data una informazione, corretta e completa di quanto l’amministrazione stava realizzando, ma si è, al più, cercato di anestetizzare l’opinione pubblica con una sorte di spot pubblicitari rassicuranti lanciati sui canali dei media dal nostro Premier e operando con una diffusa attività disinformativa, questo si; tutto qui. Aggiungiamo che, nel disegno originario, sarebbe stato il mese di agosto scorso quello, entro il quale, avrebbe dovuto compiersi il rito che va in onda questa sera. Parlare di un golpe estivo, da parte nostra, non era quindi fuori luogo perché l’intento era quello di fare le cose in fretta ed in silenzio durante il momento più clou della vita economica della cittadina. Almeno questo ultimo disegno non è andato in porto e il governo arriva dopo 75 giorni di ritardo rispetto a quando, inizialmente, previsto, per ricevere il voto formale dell’assemblea. Questo tempo vuoto è stato colmato dall’attività informativa svolta dall’opposizione consiliare che, suo malgrado, ha esercitato un ruolo di supplenza di fronte alla voluta e colpevole assenza del governo. Quello di questa sera è comunque solo il primo atto formale di una serie che, in numero di almeno 4, si svilupperà durante buona parte o forse tutto il tempo residuo dell’attuale mandato amministrativo. Chi si prefigurava o ancora oggi si prefigura un percorso veloce e privo di ostacoli se lo scordi. Oltre un anno fa, l’Assessore delegato alla materia aveva ipotizzato il mese di gennaio 2011 quale tempo massimo entro il quale si sarebbe compiuto l’odierno rito, siamo invece al 16 novembre, a dimostrazione della scarsa capacità previsionale e di lavoro che il governo dimostra. Se poi si pone mente che l’avvio del percorso di questa variante data sin dal lontano inizio 2009, lasciamo a voi le conclusioni circa la previsione del suo compimento. Aggiungo che il percorso sin qui svolto si è compiuto senza che l’opposizione abbia mai svolto, ne lo poteva fare in termini procedurali e formali, atti concreti di contrasto, mentre da oggi in poi le cose cambiano registro. Per chi ancora non lo sapesse o ne fosse male informato, invitiamo a porre mente locale all’azione di contrasto, ancorchè minimale, svolta da questa opposizione nei confronti della variante “Pai”. Soltanto il grande imbarazzo entro il quale il nostro Premier e il Suo delegato, per materia, si sono cacciati, ha fatto si che, ancora oggi, questo Consiglio non sia stato formalmente investito dalla necessità di riporre mano a quella variante per effetto delle osservazioni, quasi qui dentro irrise, esposte dall’opposizione. Abbiamo voluto dimostrarvi ed avvertivi che siamo in condizione di porre una seria ipoteca sulla possibilità per il vostro governo di pervenire ad approvare atti urbanistici a contenuto non conforme a quanto l’ordinamento stesso prescrive. Tenetene conto quindi da oggi in poi, anche e a dispetto di quella arrogante dichiarazione circa l’autonomia e l’ autosufficienza della maggioranza espressa, con tanta puntualità, ad inizio di mandato, dal Capo del vostro Gruppo Consiliare.
La serata comunque non si presta, ne può prestarsi, sia per l’ora di convocazione, sia per l’oggetto della convocazione, ad un esame approfondito, di merito e di merito tecnico del documento che viene proposto al voto. D’altra parte, ancorchè conducessimo un approfondito esame in questa sede, non pensiamo di poter ribaltare lo scontato esito del voto. Il rito della democrazia formale, tanto caro al nostro Premier, non lo consente. Domani, invece, sarà il giorno dal quale inizierà il vero lavoro di contrasto, attraverso la stesura del documento che conterrà le osservazioni alla deliberazione programmatica odierna. Qui assumiamo un impegno nei confronti di tutti i Colleghi Consiglieri, garantendo loro che svolgeremo un lavoro attento, minuzioso e capillare, rivoltando come un calzino questa delibera programmatica per svelarne le ragioni di inopportunità, scriterietà ed illegittimità. Nulla, ma proprio nulla verrà tralasciato al suo vaglio e al termine dell’intero periodo che la procedura ci concede, consegneremo un documento capace, ci auguriamo, di porre un primo concreto argine al cammino di approvazione di questa variante. Verrà creato un vero e proprio ingorgo, atto a fortemente ritardarne il processo approvativo e in grado di obbligare il governo a rivedere, obtorto collo, molte delle compiute o meglio tentate scelte, contenute nella nuova, bizzarra, pianificazione urbana che, questa sera, prende avvio. Nell’occasione della variante “Pai” si sono fatte alcune prove generali; ora siamo in grado di passare dalla sperimentazione alla produzione in serie di mezzi di contrasto, disponendo di armi capaci ed efficaci, sino all’arma segreta di cui, questa sera, ne annunciamo il possesso, ma di cui, per ora, non ne sveliamo la formula. Il Governo Di Milia è avvertito.
La impossibilità odierna di svolgere un esame puntuale, non ci sottrae tuttavia dalla necessità di formulare alcune valutazioni generali sui contenuti e sulla portata di questa variante e anche sul ruolo dei soggetti che l’hanno voluta e/o sin qui condotta.
Questa variante, a dispetto di quanto viene, artatamente, sostenuto dal nostro Premier, ove venisse approvata e poi, sventuratamente, attuata, consentirebbe un processo di mutazione, quasi genetica, del territorio tramandato. Questo territorio e proprio nelle sue parti più pregiate, è un territorio che è il frutto di una intervenuta modificazione artificiale, ormai storicamente sedimentata, e che, per effetto della qualità di quegli interventi succedutisi dall’ottocento, ma anche prima, e poi sino ai primi del novecento, ha fatto si che si aggiungesse valore alla qualità ambientale e paesaggistica, non che la si sottraesse, tanto da diventare oggetto esso stesso del proprio marketing territoriale. Tale valore è riconosciuto anche livello più diffuso e viene qualificato in termini di sistema dei parchi e delle ville storiche, più proprio della costa Piemontese del lago e tanto è il suo valore che, insieme al quadro paesaggistico/ambientale d’insieme dell’area del golfo, entro cui si colloca, è oggetto di candidatura per l’inserimento nell’elenco dei siti tutelati dall’UNESCO. La variante in esame interferisce, pesantemente, su questo quadro paesaggistico/architettonico/ambientale consolidato e che, molto velocemente, abbiamo delineato.
Assumendo come variabile indipendente lo stato di colpevole e procurato abbandono di alcuni significativi siti del sistema sopra descritto, collocati lungo la costa di questo Comune, la variante, mistificando i suoi reali intenti, modifica, pesantemente, le possibilità legali ed effettive di trasformazione delle aree da essi occupate. Per lo più, le nuove possibilità edificatorie che la variante prefigura di poter assegnare, dietro il velo del recupero architettonico, svelano l’inserimento di pesanti e massicce realizzazioni edilizie che, per le loro dimensioni, sia in termini di “sul”, che di “non sul” e quindi di conseguenti volumi geometrici effettivi, comporteranno, non certo, il recupero, in una nuova condividibile funzione ricettivo turistica di alta classe, di quel sistema dei parchi e della ville storiche, ma il loro definitivo smembramento con accostamenti di stili, di scale edilizie e di soluzioni progettuali assolutamente inopportuni e di cui già ve ne sono tracce nei più recenti interventi; locali e a noi vicini. Passi poi che questa operazione di cui, negli anni scorsi, soltanto culture talebaniche hanno dato prova di esserne capaci, sia il frutto di scriteriate volontà amministrative di cui il governo Di Milia ne è un eccellente esempio, ma stupisce che venga sostenuta anche da professionalità urbanistiche cui l’amministrazione ha fatto necessario ricorso, sino al punto da contribuire, crediamo, alla redazione delle “controdeduzioni” alle preventive osservazioni formulate da questo Gruppo, con argomentazioni che vanno: dall’errore, non scusabile, di lettura della strumentazione normativa esistente, all’erronea, se non addirittura, mistificatoria presentazione di dati quantitativi, sottaciuti nella loro esatta e massima dimensione reale.
Se tuttavia l’incidenza della variante sui caratteri identitari, universalmente riconosciuti, è di tanto impatto, viene da porsi una domanda ancor più generale e complessa cui, dubitiamo, questo Consiglio sarà capace di dare una risposta. Ci vogliamo riferire a più recenti tematiche, di stampo progressista, sul significato e sul valore dei beni comuni. Anche il paesaggio, che esso sia quello agrario o quello urbano, entra, a pieno titolo, nel novero dei beni comuni e come tali sottratti al libero sfruttamento economico e di mercato. Alla luce di tale considerazione noi ci chiediamo se sia dato ad una maggioranza, formalmente legittima, ma transitoria per definizione, avvalersi della forza dei suoi numeri per modificare norme che consentono di mutare, non per un giorno o per un anno o per la durata del suo mandato, ma per decenni e anche per secoli, l’aspetto di un territorio, storicamente tramandato e riconosciuto come valore condiviso ? Per noi la risposta è che non è lecito proprio perché investe decisioni improntate dal carattere della irreversibilità dei loro effetti, impedendo comunque ad altri la possibilità, nel futuro, di disporre diversamente ed è evidente che tale impossibilità rimarrebbe anche se la scelta fosse unanime e condivisa poichè il carattere identitario di un territorio, nel caso in cui il suo valore è riconosciuto anche oltre i suoi confini, non può essere lasciato alla libera disponibilità di un governo locale . Vi è un debito nei confronti di una, chiamiamola, utenza del territorio che ci privilegia nelle sue scelte di soggiorno, di svago, di frequentazione, oserei dire di spesa. Senza di essa saremmo un borgo, quasi senza nome. Pensare che possiamo fare tutto quello che vogliamo, senza riguardo per alcuno, o meglio con solo un grande riguardo per qualcuno, sarà magari formalmente democratico, ma sostanzialmente sarebbe un atto di supremazia e di arroganza, contrario insomma ad un diritto più universalmente, oggi, riconosciuto. Bisogna quindi tornare, di fronte ad una scelta così forte e, insisto, irreversibile, a valori condivisi, ma non solo a livello locale, anche a livello più generale e questi valori non si sposano, oggi, con sovvertimenti di identità territoriali storicamente insediate e culturalmente riconosciute, ma con quelli della loro conservazione.
Accanto e insieme al progetto di smembramento paesaggistico e di cancellazione dell’identità territoriale, si accompagnano anche le peggiori soluzioni normativo attuative oggi pensabili e impensabili, con evidenti forzature estreme, se non addirittura superamento dello stesso diritto urbanistico vigente. Vale anche su questo aspetto la medesima osservazione sopra formulata a proposito delle professionalità urbanistiche impegnate in tale operazione di sovvertimento dell’ordinamento così come definito, sia dalla legislazione nazionale che da quella regionale. L’evidente incapacità del governo Di Milia e del Suo Assessore delegato a disegnare una nuova città pubblica idonea a dare risposta infrastrutturale forte al deficit attuale e futuro, traspare con marcata evidenza nel nuovo impianto disegnato dalla variante dove decine di migliaia di metri quadrati di superfici, già vincolate per finalità pubbliche, vengono cancellati e, in gran parte, restituiti all’utilizzo economico privato, mentre viene meno una loro nuova ricollocazione in altri ambiti. Accanto a questo, con esiti che si prefigurano esplosivi, la variante, anche qui, con forzature estreme ed estranee alla legislazione in atto, introduce il massiccio ricorso, addirittura lo incentiva e lo premia, alla monetizzazione delle superfici da reperire e destinare a standard pubblici. E’ evidente il grado di soggezione e di sottomissione alle esigenze manifestate dalla imprenditoria alberghiera per un utilizzo massivo, per soli insediamento ricettivi, delle residue aree libere. Il risultato concretamente ipotizzabile è la cancellazione della città pubblica dai disegni dell’amministrazione e la destinazione di tutte le aree libere urbane all’uso privato, con l’effetto di un aggravamento del deficit infrastrutturale anziché la sua soluzione. La ancora mancata indicazione della nuova collocazione per la scuola alberghiera è un evidente significativo segno di questa, imbarazzante, incapacità di disegno della città pubblica.
Qui l’analisi non può permettersi di andare oltre per evidente ragione di economia di tempo massimo a disposizione, rimanendo invece solo lo spazio per parlare degli autori, gli uomini e le donne responsabili di questo disegno, mai prima d’ora tentato. Innanzitutto un Sindaco, sorretto da un ambizioso progetto di affermazione personale, che, ad un tempo, simula ed occulta appartenenze politiche, sempre alla ricerca, sinora vana, di un proprio accreditamento quale amministratore capace e valido, e di visibilità pubblica, tale da garantirgli di venir selezionato dalla politica come soggetto da vendere, con un certo successo, sul mercato elettorale. Di questo ambizioso disegno personale la città ne sta facendo tutte le spese. Poi c’è l’Assessore con la delega in materia. Ci viene difficile pensare ad una sua qualche ambizione di carriera nel campo della politica. Il Suo personale percorso politico amministrativo che ormai volge al termine, era iniziato, e ormai sono diversi decenni fa, dentro lo stesso Palazzo che ancor oggi frequenta. Rimane oscuro il motivo che l’abbia spinto ad accettare la delega in materia, avendo già sulle proprie spalle il peso di una gravissima, sottolineo gravissima, storica responsabilità etica legata a vicende di criminalità amministrativa successe durante il Suo secondo mandato di Sindaco. Forse la spiegazione è semplice e va ricercata, soltanto, nella propria immodificabile genetica politica: è nato demo e cristiano e morirà demo e cristiano. Porterà comunque con se anche questa, forse ancor più grave, responsabilità: quella di aver dettato e siglato le regole per la cancellazione dei caratteri identitari territoriali di una città, la sua, ma potrà però aggiungere un altro capitolo alle sue future conferenze sulla storia del paesaggio locale.
Ci sono poi, uomini e donne, di una qualche identità politica che, a essere coerenti, dovrebbero rifiutarsi di alzare, questa sera, la mano per avallare il progetto di un Sindaco che non sembra proprio avere la loro medesima sintonia di valori. Non lo faranno, non ne hanno il coraggio, ma ad essi bisogna solo ricordare che, ed erano gli anni 70, chi in queste stesse aule consiliari rappresentava un partito di cui, in qualche modo, loro ne portano, oggi, una parte dell’eredità, ben altra posizione assunse e tenne a fronte di disegni di simil portata. Rammentatevelo quando, fra qualche minuto, starete per alzare le vostre mani.
Per tutti invece, ricordiamoci, per non finirci anche noi dentro, come chiamava Leonardo Sciascia certi uomini: “Quaquaraquà “.