Era trascorsa veloce la settimana. Organizzata sulle nevi dell'Argentier aveva rotto gli intensi impegni di lavoro di Curt che, dall’inizio d’anno e sino a quella settimana bianca, non avevano conosciuto sosta.
La società finanziaria per la quale lavorava e dove ricopriva un importante ruolo direttivo non gli consentiva troppe interruzioni di lavoro, ma occupava gran parte delle sue giornate spesso sino a tarda ora. D’altra parte questo era il patto; una retribuzione ragguardevole legata ai risultati, ma la richiesta di un impegno costante e assiduo, tanto da assorbirlo quasi totalmente, lasciandogli poco spazio alla sua vita privata.
Rimaneva la possibilità di concedersi qualche pausa anche prolungata e a distanza di tempo l’una dall’altra; tre o quattro volte l’anno, non di più oltre il periodo di ferie estive, tre settimane di fila, poi basta.
Il meteo non era stato dei più favorevoli. La neve non mancava, forse ce n’era anche troppa, ma solo un paio di giorni in tutta la settimana erano stati quelli veramente belli, gli altri erano stati tutti con tempo incerto, alternando momenti sereni a momenti di cielo coperto. Non era neppure mancata qualche precipitazione nevosa, per lo più serale o notturna. Invece il freddo non era stato intenso, ma quello che aveva rovinato non poco la settimana era stata proprio l’incertezza meteorologica, quell’instabilità, il continuo mutamento climatico che innervosiva, che disturbava la sensibilità e l’umore delle persone più ancora che il fisico.
Martina era bella, alta ma non altissima; Martina era giovane, ma non giovanissima. I Capelli neri, lunghi, lucidi; di solito li teneva raccolti scoprendo la fronte e rivelando un profilo che forse non era perfetto, ma armoniosamente leggermente imperfetto.
La sera, quando la giornata dello sci era terminata, dopo un passaggio, prima al centro benessere per una decina di vasche nella piscina, poi nell’appartamento di charme che Curt aveva fissato per la settimana, Martina era pronta per l’ora della cena; un passeggio lungo la strada principale precedeva la scelta del ristorante.
Di solito era lei che prendeva la decisione, Curt quasi mai mostrava di non gradire la scelta, ma anche quando non era del tutto convinto, alla fine si conformava alle decisioni di Martina che, per vero, si erano dimostrate sempre assai valide.
Il buon gusto non mancava a entrambi. Anche nella scelta della località dove trascorrere la settimana non c’erano stati contrasti. Le alpi Francesi, anziché quelle Svizzere abitualmente prescelte, erano state un modo per cambiare le solite abitudini e, anche se la frontiera era a pochi chilometri, essere all’estero era un modo per percepire un senso di maggior libertà; così almeno avrebbe dovuto essere.
No, quel clima meteorologico incerto e variabile alla fine sembrava fosse diventato la causa di un’ irritazione; lenta ma costante che serpeggiava all’interno della coppia mentre, nelle intenzioni, il soggiorno avrebbe dovuto invece cementarne il rapporto.
Curt era reduce da una precedente esperienza matrimoniale che, chiusa oramai da un paio d’anni in maniera abbastanza burrascosa, gli aveva lasciato oltre che una figlia dodicenne, affidata alla madre, anche l‘onere di provvedere al mantenimento, non solo della figlia, ma anche della precedente consorte.
Tremilacinquecento franchi era il conto mensile del suo fallimento matrimoniale e anche se la continuazione del matrimonio gli sarebbe costata probabilmente ben di più, soltanto l’idea di dover passare ogni mese quei tremila e cinquecento franchi alla ex moglie era una cosa che non riusciva a sopportare; la considerava non un dovere, ma una punizione ingiustamente inflitta. Passasse per la figlia, anzi su questo aspetto non aveva nulla da recriminare, ma quanto alla ex moglie proprio no.
Lui l’aveva conosciuta molto bene e pensava, probabilmente non a torto, che non avesse assolutamente bisogno di quei soldi, non tanto perché percepisse rendite o retribuzioni certe e continuative, quanto piuttosto per una qualche altra ragione di cui Curt era assolutamente convinto, ma che non aveva mai pubblicamente espresso.
All’ora serale che precedeva la cena Martina si presentava al meglio di sé stessa. Nell’occasione i capelli erano sciolti, morbidi le incorniciavano il volto, lunghi si adagiavano sin sulle spalle coperte da una calda e candida giacca a vento che l’avvolgeva e che esaltava ancor più, per contrasto, il colore dei capelli.
Anche Curt non figurava affatto male accanto alla sua compagna; aveva qualche anno in più, ma egregiamente portati, quasi non si avvedeva la differenza.
Il soggiorno alpino sembrava avesse giovato fisicamente a entrambi. Anche se il meteo non era stato dei migliori, la possibilità di dedicarsi alla sci, quasi a tempo pieno, non era mancata e, dopo alcune intense giornate di attività fisica il beneficio incominciava ad esserci.
Quella che, invece, sembrava mancasse era però l’intesa. Tra i due serpeggiava un invisibile contrasto, un’irritazione nascosta; non era facile definirla, la si captava, ma quanto a descriverla e più ancora coglierne la regioni era difficile.
Entrambi avevano aspettato con una certa ansia l’inizio di quel periodo di vacanza, ne avevano parlato più volte, avevano trovato l’intesa su tutto; la località, la data, l’appartamento, nulla che non fosse stato condiviso. Forse tutto ciò aveva cresciuto le aspettative più di quanto fosse giusto; forse ognuno dei due aveva dato a quella vacanza più importanza di quanto ne avesse, ma adesso che il periodo era venuto e che quelle aspettative avrebbero dovuto in pieno affermarsi, qualche cosa si era rotto o, almeno, incrinato.
Le giornate però trascorrevano, in apparenza, abbastanza serene. L’essere impegnati per buona parte del tempo sugli sci distraeva, aiutava ad allontanare qualsiasi tensione o malumore. Diverso era la sera; la convivenza stretta nell’appartamento, pur spazioso e di charme, non aiutava a sciogliere la tensione, anzi pareva l’ accumulasse, sembrava che tra i due nascesse un’irritazione, una difficoltà a tollerarsi.
Il ricorso a consultare lo smartphone era diventata una pratica continua, un modo quasi per rompere l’imbarazzo di trovarsi a diretto confronto; purtroppo quella continua consultazione si rivelava un rimedio peggiore del male, insinuando in entrambi una sorta di sospetto circa la reciproca fedeltà.
Non erano mancate reazioni, risposte brusche, dialoghi difficili; a volte un nulla era la causa involontaria di un’incomprensione, di un’irritazione. In genere però le cose si ricomponevano anche in fretta, ma così come in fretta si ricomponevano, altrettanto velocemente tornavano a guastarsi.
Quella che doveva essere una settimana felice si era così trasformata in altro, in un momento dove le difficoltà della coppia stavano emergendo con insolita irruenza.
Martina era infastidita dai riferimenti continui che Curt faceva alla sua precedente esperienza matrimoniale ed in particolare alla conclusione che aveva avuto. Non c’era momento in cui, in un modo o nell’altro, Curt non tornasse sul tema delle obbligazioni che era stato condannato ad assolvere mensilmente; sembrava fosse diventata un’ossessione e almeno in un’occasione la tensione tra i due era sfociata in una vera e propria lite.
Era successo la sera del giorno precedente il ritorno. Già durante la cena, consumata in un elegante locale del centro, le avvisaglie non erano mancate. Il motivo era sempre lo stesso, ma questa volta Curt era stato un po’ più pesante e si era spinto ad accennare, in modo non certo positivo, alle precedenti relazioni che Martina aveva avuto. Poi però aveva dovuto prevalere la necessità di mantenere in pubblico un contegno irreprensibile, frenando in entrambi le reciproche reazioni. La tensione tra i due aveva affrettato la fine della cena e il rientro a casa, evitando il passeggio che, sino a quella sera, non era mai mancato.
Una volta giunti in appartamento la tensione non si era allentata; complici una serie di avvisi di messaggi che lo smartphone di Martina aveva emesso, Curt era esploso in una stizzita reazione e afferratolo lo aveva di prepotenza spento. Martina, a sua volta, aveva reagito cercando di rimpossessarsi dello smartphone che stava nelle mani di Curt. La lite si era così trasformata in uno scontro fisico, violento; le parole che i due in quel momento si erano scambiate riflettevano il livello cui il contrasto era giunto. Alla fine Martina, colpita da Curt, si accasciò a terra cedendo ad un pianto sommesso.
La notte era trascorsa per entrambi in un sonno intervallato da improvvisi risvegli; più volte le luci delle stanze si erano accese; più volte entrambi si erano alzati nell’evidente ricerca di un modo con cui placare la tensione che non dava tregua.
Nel mezzo della notte Curt aveva avvicinato Martina; Lei aveva titubato, ma non si era allontanata. Il cuore della notte le turbinava dentro mischiando un amalgama di sentimenti più diversi, anche opposti, ma le mani che l’afferravano non avevano lo stesso segno di quelle che si lasciavano afferrare. Curt era il predatore, quello che rimessosi sulle tracce della preda l’aveva scovata nel suo rifugio. La preda non sfuggiva ingannata dall’abbraccio, ma si lasciava come fosse un gesto di riconciliazione, si rituffava nell’ardore che sembrava uguale a quello di tante altre volte...
La mattina il risveglio era stato lento, non vi erano state parole ad accompagnarlo, la giornata era già iniziata senza che ancora nella casa vi fosse un qualche segno del giorno.
Avrebbe potuto apparire anche una cosa normale, l’orario di partenza era ancora lontano, fissato dopo le due del pomeriggio. Vi erano i bagagli da preparare, l’appartamento da riordinare, uscire per un passaggio al bar dove consumare quella che sarebbe stata la colazione prima della partenza, prendersi una mezz’ora di relax, ritornare in casa, caricare la macchina, guardarsi in giro perché nulla fosse dimenticato e poi la partenza per il viaggio di ritorno: via Briga/passo del Sempione/ Lago Maggiore/ traghettamento e poi l’ultima ora per arrivare a Lugano.
Un itinerario più lungo rispetto a quello del traforo autostradale del Bianco, ma Martina non gradiva, anzi soffriva di una vera e propria fobia per i passaggi in galleria e quella del Bianco era troppo lunga e trafficata perché riuscisse a sopportarla.
Non era stato questo un problema, Curt lo sapeva bene e non ne aveva mai fatto una questione, anzi era sempre apparso non solo accondiscendente, ma anche in apparenza lieto di poter assecondare le richieste di Martina. Anche questa volta l’itinerario era stato da tempo stabilito in pieno accordo. Non era un viaggio brevissimo, bisognava calcolare almeno cinque ore d’auto, compreso il traghettamento da una sponda all’altra del Lago, ma il tempo a disposizione c’era tutto e l’arrivo a Lugano era dunque programmato dopo le venti, circa, della sera.
Curt era preciso, era solito sempre organizzare le cose con ampio anticipo; non lasciava mai nulla al caso, all’improvvisazione. Martina inizialmente aveva apprezzato questo suo tratto perché la rassicurava. Lei che era più propensa ad improvvisare piuttosto che a programmare, trovarsi qualcuno che pensava a tutto, che tutto organizzava senza che dovesse preoccuparsi, le pareva fosse positivo. In fondo l’aiutava a mettere ordine nel suo carattere che non era dei più stabili; piuttosto propenso a cambi d’umore, a repentine decisioni che non a tener ferme decisioni già prese e programmi già decisi.
Sì, lei all’inizio l’aveva preso decisamente bene: una svolta nelle sue consuete abitudini, un passo verso un cambio di carattere che l’accompagnava a sentirsi più sicura, più ferma, più matura. Qualche volta, è vero, l’atteggiamento di Curt le era sembrato eccessivo; qualche volta aveva anche obiettato, ma poi si era sempre conformata, sicura che quanto Curt decideva sarebbe stato comunque il meglio. Lo sentiva essere il suo uomo, quello cui affidarsi, quello che pensava ed agiva sempre e soltanto per il bene di lei e quindi…
Da un po’ di tempo tuttavia qualche cosa era cambiato. Le era sorto il dubbio se mai l’atteggiamento di Curt avesse un qualche cosa di caratteriale, un tratto nevrotico, il segno di una personalità disturbata... Vi erano degli eccessi, delle insistenze, dei comportamenti esagerati che letti in maniera più attenta potevano anche apparire maniacali. In alcune circostanze questi comportamenti eccessivi erano stati la causa di contrasti tra loro; sempre più frequenti, sempre più insistenti.
Martina era attraversata dal dubbio, rafforzata in questo dal fatto che le pareva tale modo di atteggiarsi da parte di Curt non tendesse minimamente a correggersi, ma anzi si accentuasse oltre modo e che in alcune circostanze fosse addirittura esasperante. I diverbi quindi non erano mancati. Ogni volta che Martina faceva osservare che: “forse non sarebbe stato il caso …”, che “forse sarebbe stato meglio lasciar perdere …”, che” sarebbe stato bene non preoccuparsi … “, ebbene, in tali circostanze, Curt non solo non dava mai soddisfazione alle pur sommesse richieste di Martina, ma tendeva a manifestare vera e propria insofferenza per i rilevi che gli venivano mossi. A volte reagiva in malo modo, un comportamento reattivo che, più di una volta, aveva lasciato Martina sgomenta, quasi umiliata, offesa, incapace tuttavia di reazione.
Più in là però il ripetersi sempre più frequente di queste circostanze avevano indotto Martina a reagire. Ci aveva provato, ma il risultato era stato assolutamente negativo, pessimo addirittura, sino al punto che era stata indotta a comunque lasciar perdere, a sottomettersi, persino intimorita che contrastare Curt in quelle che non era esagerato definire come vere e proprie manie, potesse addirittura essere pericoloso, sino ad indurlo a reazioni imprevedibili, fors’anche violente, almeno nelle parole.
Presto infatti non erano mancate le prime vere e proprie reazioni fisiche: dapprima erano stati soltanto dei gesti, l’evocazione di un castigo corporale a cui, però, non aveva fatto seguito nulla, ma nel tempo vi era stato un crescendo. Dapprima delle lievi spinte accompagnate dalla richiesta di farsi da parte, poi qualche cosa di più; qualche volta non erano mancati i segni evidenti di un qualche ematoma comparso sulle braccia di Martina, altre volte sulle gambe.
Una banalità era stata la causa scatenante il primo vero e proprio scontro fisico che aveva visto Curt e Martina ingaggiare un violento corpo a corpo terminato entrambi a terra, lei dolorante per i colpi ricevuti al fianco e lui la camicia strappata e insanguinata da un morso che la disperazione della donna gli aveva inflitto.
Da quella prima volta in poi gli scontri non erano mancati.
Seguiva al loro accadere, quasi inspiegabilmente, un lungo momento di apparente assoluta quiete; il pianto sommesso di Martina si spegneva, poco a poco, e ne seguiva un silenzio irreale dove si coglieva il respiro dapprima affannoso e poi, via via, sempre più normalizzato di Curt che rimaneva immobile disteso a terra, vuoi no, per molti minuti.
La normalità riprendeva soltanto più tardi, a volte come se non fosse successo niente. Era un lento, ma progressivo riavvicinamento; dapprima solo qualche parola appena pronunciata, poi qualche domanda che l’uno rivolgeva all’altro. Non sempre seguiva una risposta, ma poi, via via, il dialogo riprendeva, dapprima stentato, poi più sciolto, poi quasi normalizzato.
Di rado discutevano su quello che tra loro era successo; qualche volta sì, ma chiamarla discussione era probabilmente eccessivo. Non si confrontavano sull’accaduto, al più si impegnavano a non ripeterlo.
Dire che Curd non manifestasse mai le proprie scuse sarebbe però non rispecchiare il vero. Formalmente, in genere, le esprimeva quasi sempre; parole che potevano sembrare di circostanza, ma, invece, a volte era con un atteggiamento addirittura premuroso e accattivante che si rivolgeva a Martina a cui chiedeva di accettarle.
Giustificava le azioni che aveva commesso con lo stato di stress che l’attività gli causava, con la tensione che aveva accumulato nel passato per la vicenda della sua naufragata vita matrimoniale, con la preoccupazione che la crescita della figlia, separata da lui, gli dava.
Tutte giustificazioni che poco sembravano aver relazione con le reazioni violente che si era dimostrato capace di manifestare, ma comunque Martina le accettava e alla fine si riconciliava perché si convinceva sempre, dentro di sé, della bontà e della sincerità delle affermazioni di Curt.
CONTINUA