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venerdì 23 agosto 2013

DENTRO LA CRONACA



Come avevamo scritto nel post giusto di ieri, oggi mettiamo in integrale il primo dei due interventi in aula contro la “ Zanetta”, è quello di Lucio Casaroli, anche Lui da poco tra quei banchi, ma quanto  a orientamento non c’è dubbio , per sta Zanetta il pollice sta girato sempre “verso”. Per chi ha voglia e pazienza ne offriamo la lettura.

Personalmente, in qualità di presidente di un’ associazione ambientalista prima ancora che in qualità di consigliere, vorrei portare a questa assemblea un messaggio finale sulla questione della “variante Zanetta” nella speranza che diventi oggetto di attenta riflessione.
Non lo farò con gli argomenti tecnici e con il duello in punta di fioretto in cui il collega Vallenzasca è maestro insuperabile, ma – piuttosto – facendo appello al buon senso comune che, nel caso in questione, mi sembra sia stato messo in ombra dalle infinite discussioni, citazioni, commi, articoli che hanno caratterizzato l’ iter della variante.
Ma, prima, consentitemi una breve premessa per inquadrare sommariamente l’ evoluzione dell’ assetto paesaggistico e naturalistico non solo della città di Stresa ma di tutto il Golfo Borromeo, perché il degrado, lo svilimento del genius loci che fino agli anni ’60 del secolo scorso permeava le nostre coste travalica i confini della nostra città e ancora oggi, non solo per mano di questa amministrazione, gli si assestano pugnalate sempre più sanguinose e mortali.
Le ferite inferte dai cavatori al Mottarone e al Montorfano sono ormai così profonde che non vi è nessuna speranza di nasconderle perché non esiste più terreno fertile; eppure si continua a scavare sempre più in alto e sempre più a fondo. La ricopertura degli scavi con terreno fertile e la piantumazione, obbligatorie per legge, sono del tutto disattese.
La piana di Fondotoce, una riserva naturalistica riconosciuta dalla Comunità Europea, è sotto l’ attacco permanente di speculatori che vorrebbero rialzarla di tre metri e trasformarla in campo da golf, col conseguente inquinamento da pesticidi o ancora peggio con l’ introduzione di vegetali OGM. Non solo ne conseguirebbe la distruzione dell’ ultimo canneto del lago, che ospita specie rare di volatili, pesci e piante acquatiche ma ci si esporrebbe al rischio di modificare gran parte dell’ assetto florifaunistico della sponda piemontese. Sempre a Fondotoce abbiamo dovuto affrontare una dura battaglia contro l’ amministrazione comunale che avrebbe voluto utilizzare il cosiddetto “cimitero vecchio”, un gioiellino dove nessuno viene più seppellito da oltre un secolo, in una discarica a cielo aperto delle ceneri dei defunti cremati.
Baveno, il centro a noi più prossimo, non è da meno: uno svincolo autostradale che è un monumento di cemento a filo d’ acqua visibile da chilometri di distanza, un centro commerciale, di nuovo a filo d’ acqua, di nuovo visibile da chilometri, edificato in uno stile indefinibile, in assoluta distonia con lo spirito dei luoghi, ma non per questo un capolavoro dell’ architettura moderna. Lo stesso si può dire dell’ edificio di vetro a specchio inserito a forza nella villa Fedora.
In questo contesto, nel volontario, colpevole e pervicace abbruttimento di una zona che è ancora in lizza per diventare Patrimonio dell’ Umanità, anche Stresa sta morendo.
Non è facile indicare il momento in cui la nostra città ha iniziato il suo declino, e certo la colpa non è di questa amministrazione, che lo sta semplicemente portando alla suo fatale exitus.
Certamente il periodo degli anni ’60 e ’70 ha giocato un ruolo importante: la nascita dei condomini, la loro sostituzione ai piccoli e medi alberghi che conservavano intatta l’ atmosfera del liberty, la soppressione della ferrovia del Mottarone, che ha portato al degrado estremo la stazione e il capannone di ricovero dei treni, la conseguente edificazione della stazione della funivia, sono elementi che contenevano in nuce il degrado attuale. Il colpo di grazia è probabilmente successivo: l’ autostrada ha sì eliminato le lunghe code di veicoli che la domenica sera tornavano verso Milano, ma questi veicoli erano pieni di famiglie che – seppure parcheggiando in modo confuso – si fermavano per un aperitivo al Cellerino, al Montmartre, al Gigi bar, cenavano in una delle cento trattorie allora funzionanti, facevano due passi in centro, compravano un ricordo, portavano con sé la sensazione di essere stati in un luogo storico dove il connubio tra natura e architettura era in qualche modo perfetto.
E’ mia opinione che questa amministrazione si collochi perfettamente nella scia di questo sentimento diffuso e deleterio di incuria degli aspetti paesaggistici e naturalistici, non per cattiva volontà o per interessi alieni, ma semplicemente perché priva della cultura di conservazione indispensabile a chi vuole coniugare il passato con il futuro, l’ opportunità economica con un modello di sviluppo integrato. Gioca in questo atteggiamento l’ età del signor Sindaco e di molti Assessori, troppo giovani per aver visto la città in tempi diversi e migliori.
Gioca anche la progressiva sostituzione dei “padri fondatori”, dei costruttori dei grandi alberghi con una classe di imprenditori sempre più miopi di generazione in generazione, una classe che si è aggiunta agli speculatori edilizi degli anni ’60 e ’70, restringendo la prospettiva economica ai guadagni del mese e dell’ anno, senza voler fare lo sforzo di guardare un po’ più avanti nel tempo.
Si dice – per giustificare questo atteggiamento - che è il turismo, la maggiore se non unica risorsa economica del Golfo, ad essere cambiato; si dice che si è proletarizzato, che è un turismo che consuma i luoghi, che lascia dietro di sé molte cartacce e poco denaro, e che a questo dobbiamo adeguarci. Ciò è solo parzialmente vero, una simile forma di turismo non è una novità nella nostra zona; ma nel recente passato conviveva amabilmente col turismo d’ élite, quello che è all’ origine della costruzione dei grandi alberghi. Quei grandi alberghi dove hanno soggiornato uomini famosi e intere corti di principi arabi e che ora inseguono i pullman dell’ ex Germania dell’ est, ville insigni che sono lasciate a bella posta decadere, negozi chiusi, prezzi elevati, turisti irreggimentati e blindati nel classico giro delle isole e perfino accompagnati negli outlet.
In sintesi: ci fu un tempo in cui i fratelli D’ Inzeo si esibivano nel nostro campo di equitazione; ad essi sono state sostituite la gare di off shore.
A nulla vale l’ esempio di località come Capri, Cortina, Portofino, Taormina e molte altre che certamente hanno proceduto sulla strada della modernità e dell’ ampliamento del ventaglio dei servizi, ma che hanno saputo percorrerla parallelamente a quella della conservazione, che è conservazione dei luoghi, del paesaggio, delle architetture, del colore locale, ma anche – e in modo del tutto conseguente – conservazione di un turismo di maggior livello e di una risorsa economica che guarda non al domani ma al decennio successivo.
Bene: nel superiore interesse della ricchezza locale, dei posti di lavoro, è possibile cambiare tutto, ma – diciamolo – pure - se il modello che si tenta di attuare in questi anni è quello della Riviera romagnola, anch’ esso è miseramente fallito.
Non vi è, in queste considerazioni, alcuna nostalgia per il bel tempo che incoronò Stresa “Perla del Lago”, ma solo l’ auspicio di un modello di sviluppo che sia realmente in grado di portare alla popolazione e agli operatori economici quella ricchezza che a noi è venuta meno, mentre altrove permane e si accresce.
La nostra sensazione è che l’ attuale maggioranza sia assolutamente allineata con quel comportamento ambiguo e fallimentare che da un lato non protegge ciò che ha fatto di Stresa quella che è stata e dall’ altro non è in grado di indicare un’ alternativa valida. Anziché tentare di salvare il salvabile, di correggere errori e storture di quasi mezzo secolo di cattiva gestione, questa amministrazione sta spingendosi ancora oltre sulla strada del danno.
Qual è realmente il modello della Stresa di domani che la maggioranza ha in testa? quale il processo per perseguirlo? esiste? Non lo abbiamo mai saputo, e forse non lo conosce neppure la maggioranza:
Certo: è stata costruita una piscina, ma a costo della distruzione di un magnifico viale di antiche colonne; una piscina che offende il panorama, che avrebbe potuto essere interrata. Certo, sono stati fatti nuovi parcheggi, ma ci si è dimenticati di piantumarli,anche se una norma del regolamento comunale lo richiede. E’ stata autorizzata quell’ oscenità baroccheggiante costituita dal nuovo portale del Des Iles Borromées (la cui finalità celebrativa sembra fatta proprio per far riflettere sulla differenza tra i nuovi e i vecchi albergatori). Ora, poi, l’ amministrazione fa l’ occhiolino alla riapertura della cava del monte Camoscio, che rischia di snaturare l’ ambiente ancora intatto della Vidabbia. Esempi minimi, ma sintomatici di quel disprezzo dei luoghi e dell’ armonia che caratterizza la nuova classe dei potenti di Stresa, di cui la maggioranza corre il rischio di apparire come  supina e complice espressione. Naturalmente – per dare a ciascuno il suo – non sarebbe giusto dimenticare l’ inserto del Palazzo dei Congressi, concepito male per via della dimensione fruitiva limitata e realizzato peggio, in uno stile e con materiali che non stonerebbero in un centro commerciale di periferia. Viceversa, sempre per testimoniare che la mia critica non proviene da un assunto di parte, non posso che plaudire al nuovo arredo di via Duchessa di Genova che ha acquistato, da chi la guarda dal viadotto della ferrovia, una prospettiva da strada ottocentesca. 
Tornando all famigerata “variante Zanetta”, essa appare come la più compiuta, evidente e pericolosa iniziativa innestata su questo cammino di dissoluzione dell’ ambiente storico. Al di là delle ombre di illeggitimità, che la risposta che l’ avvocato Teodosio Pafundi a GB Vecchi non ci sembra aver del tutto fugato, il costruendo albergo - che sembra sarà una sorta di cumulo di parallelepipedi di vetro - osta proprio quel buon senso comune a cui ho fatto appello in apertura di questo mio breve intervento: che ci starà a fare un nuovo palazzo da periferia commerciale urbana in mezzo a Stresa?
Dal punto di vista formale, poi ci chiediamo, e lo chiediamo per l’ ultima volta alla maggioranza:
- come la mettiamo col vincolo del 1924?
- e col vincolo indiretto che, gravando su Villa Marina e su Villa Basile, si estende all’ ambiente circostante?
- e che dire della Conferenza di Pianificazione che avrebbe approvato la variante ma è stata convocata irregolarmente?
E’ ovvio che questi elementi espongono il processo di autorizzazione della variante, e coloro che la voteranno, a un rischio che il nostro gruppo ha inteso evitare proponendo, ahimè inutilmente, un intervento di autotutela.
Grazie per l’ attenzione.

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