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martedì 15 aprile 2014

PERDERE IL TRENO


Ci stanno dunque le cose promesse e mica fatte, quelle non dette, ma poi fatte e ci stanno le cose già fatte e poi disfatte. La foto che postiamo, accanto al testo che oggi vi facciamo, vi mostra, infatti, la storia che qui vi raccontiamo. Ordunque è noto, e c'è da vergognarsi, lo stato indecoroso in cui nell'ultimo ventennio già giace e si ritrova il fronte lago disteso dalla chiesa sino a tutta la cortina accanto al porto che ancor c'è. Passati i fasti d'altri tempi, abbassate per sempre le serrande dei locali, alzate per un po' quello di banche, rimaste arrugginite le tante pensile abbandonate, il resto sono toppe male rappezzate sempre in attesa che un giorno il Palazzo se ne avveda. Ordunque, un'altra volta, è bene ricordare che, salito Canio al soglio di Palazzo, compì il suo primo atto, con tanto di voto consiliare, con cui decretò che quello stato sarebbe rimasto così sino alla fine. Ereditò infatti il risultato di una gara di progetto già espletata che ebbe, peraltro, un buon successo. In quella gara infatti, diversi si misero d'ingegno a ridisegnar quel tratto della famosa passeggiata d'altri tempi. Ne uscirono diverse soluzioni; qualcuna assai carina, qualcuna, magari, anche bruttina, qualcuna pure anche dipinta, comunque una gamma di scelta assai discreta. Noi ne postiamo una perché quella ci piace, ma vi avvertiamo che non arrivò per prima in graduatoria. Ne venne comunque decretata pur quella finale dove, semmai, pescare per dare il via a quella che sarebbe potuta diventare la rinascita del fronte lungo il porto, con tanto di ripresa di locali ed esercizi non solo bancari e commerciali. Se la memoria però non ci tradisce, occorre ricordare che, nel tempo appena precedente, vi era stata una polemica infinita sui gazebo presenti su quel fronte e, come ahinoi succede, ne venne pure poi influenzata la campagna elettorale che, da lì a poco, avrebbe aperto i suoi battenti e portato Canio, il vincitore, a varcare la soglia del Palazzo. Poco passò più oltre e se non proprio nel primo, già nel secondo Consiglio di Palazzo, Canio portò la decisione al voto di revocar la gara e il risultato. Quanto si vede oggi è quindi non il caso, ma il risultato voluto, perseguito, pensiamo anche promesso, comunque conseguito dal giovane Sovrano appena fu insediato. Allor non c'era ancora il patto, non c'erano quei vincoli della finanza allegra che appena fu varcata, per finta, la soglia dei 5000 fasulli residenti ci beccammo. Così perdemmo il treno che, ancora, lo attendiamo sotto quelle tristi pensile arrugginite.

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