Il titolo di oggi è già per sé più che eloquente. E' facile prendere la notizia come quella e farci su, magari, un pezzo pieno d'ironia; è facile prender la penna e scriver la sentenza; è facile indossar la toga o, in questo caso, l'abito talare e condannare. Però, proprio poiché è cosa, all'apparenza, persino troppo facile, è meglio tralasciare. Già sta in corso la giustizia; già la gerarchia si è mossa con la sua cautela secolare; già è una sentenza anticipata star dentro una cella senza una condanna; già dovrebbe essere così greve sopportar l'infamia di un'accusa che macchia di tradimento colui che sposò la causa opposta. E' pure ed anche vero che non pare essere il primo quest'errore; è vero, e forse, non è stato neppure un fulmine a ciel proprio sereno; probabilmente è tutto quanto vero e, magari, c'è altro che va ben oltre ciò che oggi sembra il solo vero. Eppur rigirar questa lama nella piaga ci metterebbe noi a fare gli aguzzini, come se la condanna, che è già la stessa infamia, da sola non bastasse. Se dunque il "male" è stato fatto, non sembra però che, sino ad altra e nuova prova, abbia toccato alcuno se non soltanto proprio lui, l'autore. A noi dunque non spetta esser di nulla risarciti. Dentro di ognuno, sia che sia soltanto un uomo o che abbia sposato un giorno una qualche vocazione, c'è sempre la forza e poi la debolezza. Sta volta, pare, abbia prevalso una troppo grande debolezza.
Questo blog vuole essere una voce un poco fuori dal coro, sia per i contenuti che per il modo di raccontarli, libera e non condizionata proprio da nessuno, se non dal suo stesso autore. Non cercate però soltanto cronache locali, non ne troverete molte, ma note e commenti, mai troppo seri, per lo più intorno al Palazzo, luogo in cui non abbiamo più nessun particolare accesso, ma cercando, ugualmente, di tenere il fiato sul collo all' inquilino di turno perchè eviti guai. Buona lettura.
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giovedì 24 luglio 2014
NESSUNO TOCCHI CAINO
Il titolo di oggi è già per sé più che eloquente. E' facile prendere la notizia come quella e farci su, magari, un pezzo pieno d'ironia; è facile prender la penna e scriver la sentenza; è facile indossar la toga o, in questo caso, l'abito talare e condannare. Però, proprio poiché è cosa, all'apparenza, persino troppo facile, è meglio tralasciare. Già sta in corso la giustizia; già la gerarchia si è mossa con la sua cautela secolare; già è una sentenza anticipata star dentro una cella senza una condanna; già dovrebbe essere così greve sopportar l'infamia di un'accusa che macchia di tradimento colui che sposò la causa opposta. E' pure ed anche vero che non pare essere il primo quest'errore; è vero, e forse, non è stato neppure un fulmine a ciel proprio sereno; probabilmente è tutto quanto vero e, magari, c'è altro che va ben oltre ciò che oggi sembra il solo vero. Eppur rigirar questa lama nella piaga ci metterebbe noi a fare gli aguzzini, come se la condanna, che è già la stessa infamia, da sola non bastasse. Se dunque il "male" è stato fatto, non sembra però che, sino ad altra e nuova prova, abbia toccato alcuno se non soltanto proprio lui, l'autore. A noi dunque non spetta esser di nulla risarciti. Dentro di ognuno, sia che sia soltanto un uomo o che abbia sposato un giorno una qualche vocazione, c'è sempre la forza e poi la debolezza. Sta volta, pare, abbia prevalso una troppo grande debolezza.
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