Caro Canio
Caro Canio così non va, hai consumato i sette decimi del tuo cammino o se vuoi che ti accresca ancor l’angoscia, già quasi i tre quarti; stai per compiere i tuoi primi quaranta anni ed eri solo un trentenne quando eri riuscito a convincere i più a darti in mano le chiavi di questa cittadella, da sempre un po’ terra di conquista, raccontando a tutti che avresti sistemato le cose e restituito alla Perla il suo passato di splendore. I più, forse delusi dalle divisioni e dalle liti, un po’ eterne, che parevano la causa di tanta decadenza, ti ascoltarono e ti dettero fiducia. Dobbiamo essere onesti e riconoscerti che, trascorso la metà del tuo cammino, forse non tanto per tuo merito, ma per quello dei tuoi competitori, ritrovasti conferma di quella fiducia, anzi sembrava accresciuta, forse, fin troppo. Eppure i tuoi primi cinque anni non erano stati proprio come avevi formulato la promessa; certo, con il tuo amico Bottini sembravate esservi tirati su le maniche e rattoppato un po’ di sbreghi, ma presto eri caduto in tentazione e quella Stresa dei Servizi rimane un peccato anche mortale, non so quanto di gioventù o non piuttosto della tua prima maturità. Insomma con quella bella operazione avevi toccato l’ebbrezza con cui si entra nei Palazzi del potere e si incomincia ad usare la cosa pubblica per cose che, in pubblico, non si confesseranno mai. Chiuso, si fa per dire, l’incidente di Stresa Servizi con tanti soldi anche buttati, ti si rigirava per le mani la questione del porto. C’ero anch’io quando dal palco del Rosmini promettesti giustizia, ma quelle promesse te le scordasti presto e quando quel buco nell’acqua si era già mangiato tre miliardi ( lo dico in lire), cadesti in una nuova tentazione e desti a tutti una bella liberatoria, mandandoli a casa con le tasche piene, mentre quel porto rimaneva un miraggio, sempre più lontano. Della storia con il Principe qui ti faccio un’esenzione, non vorrei essere accusato di infierire contro i vinti. Comunque visto come andavano le cose, pensasti allora di combinare uno spettacolino per consolazione e la nostra distrazione, quello degli off-shore che, a caro prezzo, pagando anche gli emiri, offristi per due anni e poi, per fortuna: basta, perché anche lì stava per diventare un altro buco dentro l’ acqua. Insomma, i più non si accorsero che li avevi già fregati alla prima delle volte e così ti lasciarono in sella anche la seconda e qui, attorniato da una squadra che selezionasti in base alla fedeltà e non al merito e i risultati si vedono, inventasti la scusa del patto di stabilità a giustificare perché, questa volta, fosse la tua barca ad andare verso il fondo. Intendiamoci, "capitan Schettino”, il patto esisteva, esiste ed è draconiano, ma a mali estremi, estremi rimedi e tu i rimedi manco li hai cercati. Comunque avvii la seconda fase e, come i governi nazionali, l’annunci, ma non si vedrà mai, almeno sino ad oggi, anzi non ne infili giusta manco una. La Gabbiola , lo ricordi, era il pezzo forte del capitolo che intitolasti “grandi opere “, manco rilasciasti delega al buon Bottini, volevi fare tutto tu, poi incominciasti a rinviare e rimandare; morale non la vedremo mai, eppure ti eri preso i voti anche per questo: non credi ? Comunque a metà dei due mandati, ti viene in mente o forse è meglio dire che qualcuno ti ricorda che è ora di fare un ritocco alla città. Insomma bisogna cambiare un po’ di regole , copiare un po’ Dubai e questa è la trovata con cui , se ti va bene, pensi di rimare in sella un’altra volta, certo di riserva, la legge non concede, ma un posto nella squadra rimane, appunto, riservato. Ora ti manca ancora un quarto del tempo non ancora consumato e la domanda è che vuoi fare? Siamo quindi arrivati ai nostri giorni, quando l’implacabile cronometro batte il tuo tempo e ti lascia poco scampo. Per ora, però, basta, ora ti lascio un poco a meditare, ne hai bisogno; ritorneremo, con più calma, un’altra volta.
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