Senz’alibi
Questo del titolo ci sembra la qualificazione più giusta con cui vorremmo aprire l’anno e tratteggiare il Professore. Lo ricordiamo sui banchi della scuola, quella primaria; era tra i migliori e già passava, in altezza, tutti noi; poi lo abbiamo perso dalla vista, tranne rivederlo sul campo del gioco di pallone dove rimase a lungo a fare l’istruttore. Quindi casa, poi la chiesa e subito il Palazzo, dove iniziò perciò sin da giovane il suo “civil service”; ma se nei disegni di qualcuno quello doveva essere un inizio di carriera dentro Palazzi anche più grandi, lui invece dovette trovarsi, forse, tanto bene in quello cittadino che ne divenne un inquilino, quasi fisso. Vennero anni più difficili, quando la gente sembrava essersi stufata dei propri governanti di banane e lui si trovò dentro il Palazzo a reggere lo scettro di un re senza potere. Amava infatti delegare nella materia più insidiosa e scegliere con cura i delegati che infatti erano esperti e furbacchioni e che quando il pranzo era ormai pronto, su di un vassoio, simil oro, gli mettevano una bella pergamena che, con una mano, lui vergava e con l’altra, poi benediceva. Il risultato tutti lo conoscono e più non ci torniamo, ma con un salto veniamo presto ai nostri giorni quando re Canio lo incorona, nuovamente, ministro del turismo e ministro alle varianti. La lezione l’ha imparata, questa volta è lui il diretto delegato, basta trucchi, è smaliziato, non si scherza, fa sul serio e prepara un gran malloppo fatto di carte, di mappe e di progetti e con questo bel programma strappa i voti ai consiglieri che, felici, lascian fare. Siamo dunque giunti all’oggi, quando mentre il golpe è già fallito, manco ancora il suo coautore se ne è accorto e sta lì nel bel mezzo del Palazzo con tutto quanto il pacco ancora in mano. Fermiamoci qui, con questa inquadratura del Professore, fermo, in piedi e carico di carte al centro della stanza del trono, dove Canio, intanto, regna. Noi quelle carte le abbiamo lette e studiate tutte, pagina per pagina e la domanda che ci poniamo è questa: ma come ha fatto a pensare che gli sarebbe andata bene ? La risposta non riusciamo a trovarla.
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