Chi segue, sulla pagina del blog, le cronache delle assemblee
del gran consiglio di Palazzo, ricorderà, non tanto tempo fa, un interpello
rivolto al nostro Canio per chieder lumi su cosa mai facesse in tema di ricerca
e di scoperta d’evasione. Ricorderete, forse, la risposta; ebbene fu un comizio,
con tanto di cravatta sbottonata, la giacca anche levata, fece un’ arringa per la folla, che non c’era,
contro lo Stato, leggasi il Governo, leggasi anche il nostro Parlamento, rei,
certo confessi, di chiamare in causa anche i Comuni nella ricerca degli evasori
e dei furbetti. Lo confessiamo che fummo pure stuzzichini, quasi a saper già
prima la risposta e voler farlo cadere nella trappola, ma per quei toni usati e
per quegli accenti rintonati dentro l’aula, questo no, fu una sorpresa anche
per noi, pur sempre attenti agli umori
del Palazzo. Lo ricordiamo, durò forse quanto dura un quarto d’ora e fu un
monologo dai toni accesi, di accuse anche roventi, di rivendicar diritti e
anche quattrini da quello Stato usurpatore dell’autonomia sovrana di Canio
imperatore. Noi lo lasciammo andare a ruota libera, era poi quello che si
voleva faglielo anche dire e se non c’era in aula il pubblico elettore, poco
importava, la voce gli arrivava. Così finì sfinito quella sera, ma contento di
aver detto le cose che in cuore si teneva, assicurato gli elettori e gli ospiti
graditi che la città che governava non tradiva, non puniva, ma era una specie
di isola felice, così vicino al cantone del Ticino che tanto valeva fermarsi al
di qua della frontiera.
P.S. Di tutto quanto disse Canio quella sera, non ce n’è una
che sia vera. Anche se Canio è un Sindaco
ribelle, presto lo vedrete tornare un poco più obbediente.
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