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domenica 30 dicembre 2012

ORA X . LA FINE.


L’una della notte è ormai passata da un bel po’ ed ecco che sto Canio mica smette, deve ad ogni qual sia il costo portare a terminare la Zanetta ed allora inizia il terzo atto, quello dell’adozione della variante stralcio, non ancor dell’approvar fate attenzione. Ormai la discussione è intorno a qual sia il sesso anche degli angeli, la Zanetta infatti è ormai morta e sepolta, glielo ripetiamo ad ogni passo ed anche qui arrivati ci sta nella premessa che facciamo. Comunque Lui ormai così ha deciso; andare avanti e poi vedrà. Va bene allora, nostro Sire, ma siamo stanchi, il pubblico più non regge, la truppa è lì che sbotta, Zanetta resiste in prima fila, ma è una visibile tortura; niente, Canio non ascolta, Lui va avanti, non vuol rischiare di tornare un’altra volta in aula con in tasca la conferma del verdetto del decesso. Non vuole annunciare la sconfitta e insomma perdere la faccia davanti al pubblico riunito ed alla truppa a lui fedele. Così andiamo ancora avanti. Dimenticavo che durante tutto il lungo tour de force, nessuno di quelli in maggioranza, tranne Canio, naturale, ha mai parlato. Soltanto il Professore ha rotto la consegna del silenzio. Lo racconto stante il tenore semiserio di questa cronaca narrata. Orbene, il Professore, alzato il suo ditino e precisato che, se ne guadava bene di rompere quel veto che è anche quello che Piervalle, da un po’, gli impone, dichiara di esser grato per il lavoro svolto dai tecnici chiamati. Se non lo abbiamo ancora detto, noi a quei tecnici non risparmiammo in aula la critica ed il dissenso. Orbene, un’altra volta il nostro Professore ha perso l’occasione per tacere. Con quell che abbiamo scoperchiato l’altra sera, delle due l’una: o i tecnici hanno solo un po’ di loro colpa, o hanno persino un po’ di dolo. Scienza e coscienza è quella che a loro impone la deontologia professionale, eppure han combinato un gran disastro, tanto da meritare l’elogio letto in aula dal noto Professore che il tempo passa, ma non cambia. Andiamo avanti, sono ormai quasi le due nel cuore della notte, resiste ancor la stampa nel loggione e bisogna darne atto, lo Zanetta. Finisce la nottata con la lettura in aula del testo che vi incollo e con la dichiarazione del voto, letta anche dal nuovo capo dell’altro gruppo contro, Bertolino. Ma c’è ancora un momento perché la maggioranza si distingua, il testo era un po’ lungo, manco troppo, Piervalle era sfinito, ma è già alle conclusioni, Canio lo tampina, lui chiede “per favore due minuti ed ho finito” e loro, con in testa il consigliere che aveva in apertura di seduta letto il sermone per la pace dentro l’aula, si sbragano che sembra un’ osteria. Sono le due e 15 minuti, si esce, si incontra ancora Canio sulla porta che ci dice: “ se poi voi avete ragione, a me non è che importa molto, mi togliete solo un gran problema”.


Or sotto vi copio e incollo il testo conclusivo letto in aula. Poiché è anche un poco tecnico, vi segno le parti che son, secondo me, quelle più d’interesse.

 
GRUPPO CONSILIARE INSIEME
Variante strutturale stralcio. Adozione progetto preliminare . Inervento in aula del Gruppo.
La proposta riguarda l’esame, ai fini della sua adozione, delle stesura del progetto preliminare della variante alberghiera stralcio e viene condotta nel seguito dell’esito delle deliberazioni relative alla conclusione del procedimento di verifica di VAS e delle controdeduzioni alle osservazioni prodotte dopo la pubblicazione e il deposito delle due deliberazioni che avevano approvato ed integrato il documento programmatico di variante.
Considerato l’esito sin qui avuto dell’esame delle due deliberazioni ultime e precedenti ,propedeutiche alla presente proposta, la partecipazione alla discussione ed al voto da parte dei componenti di questo gruppo costituisce ragione di contrasto alla scelta operata dall’Amministrazione, rischiosa anche sotto il profilo penale, come già fatto rilevare in ragione dell’anomalo procedimento per stralcio avviato, rischio penale ancor più oggi rafforzato ed aggravato dal profilo assunto dalla variante, profilo che si caratterizza quale pieno contrasto alle norme sovraordinate contenute nella pianificazione di livello superiore ed in particolare contro la norma prescrittiva contenuta nell’articolo 26 ultimo comma del PPR , adottata e vigente.
In questa sede si vuole evitare un esame specifico e dettagliato del documento portato in discussione, non vi è il tempo, non è l’ora, e forse non è neppure il giorno anche grazie ad un’ infelice programmazione dei lavori consiliari, programmazione che non sfugge certo miri ad ottenere una veloce approvazione delle proposte, confidando magari in qualche assenza di troppo tra le file consiliari.
 L’esame dovrà quindi e necessariamente limitarsi ad una panoramica di quelle che, per noi, sono le criticità più evidenti del documento pianificatorio, riservando invece al momento successivo cioè a quello di osservazione, gli approfondimenti e l’esame anche puntuale, ma non solo.
La relazione di accompagnamento, le nuove aggiunte e modificate norme di attuazione, le tavole di piano, costituiscono pertanto i documenti fondamentali da cui rilevare il contenuto del progetto preliminare di variante, l’esame sommario e a grande scala dei medesimi costituisce il contenuto della presente relazione di minoranza.
Il modello della crescita dimensionale turistica a senso unico, cioè quello fondato su masse alberghiere di dimensioni crescenti, non è stato scalfito da nessuno dei tentativi operati nel corso di formazione della variante tesi a contrastare tale modello unidirezionale.
Le porte verso la crescita incontrollata della capacità ricettiva e quindi della riduzione della qualità, sono state, irresponsabilmente, aperte dalla scelta operata dal governo locale, assai sensibile alle sollecitazioni in tal senso mosse dalla imprenditoria alberghiera, cui certo non si può imputare l’assenza di una sensibilità pubblica nei confronti del perseguimento di obiettivi di conservazione e valorizzazione dei beni comuni, non è infatti lo scopo che persegue, beni che tuttavia, nel contesto territoriale, dovrebbero costituire i giacimenti da preservare proprio in funzione del mantenimento della capacità di essere attrattiva sul mercato turistico di alta gamma del mondo globale.
I territori, a differenza delle fabbriche, non si possono delocalizzare, basta mantenerli, accrescere la loro qualità, preservare le loro identità e i mercati li riconoscono come tali e ne acquistano i prodotti, cioè l’offerta ricettiva, paesaggistica, ambientale ed i servizi correlati.
Il contenuto della relazione era, per molti aspetti, già noto, ricalcando in buona parte il documento programmatico, le norme di attuazione sono, invece, il documento tutto nuovo, peraltro anticipato in molti suoi aspetti già contenuti nel documento programmatico e nelle risultanze delle conferenze di pianificazione.
Procederemo per spunti e per sintesi evitando l’analisi separata di ciascun documento, analisi cui saranno, invece, dedicate le osservazioni che presenteremo nei tempi e modi assegnati.
 Nella premessa della relazione, l’intento acceleratorio rispetto alla variante principale è confermato, così come per noi viene, pertanto, confermata l’anomalia di un procedimento che vede un solo soggetto privato, tra i tanti e forse troppi che hanno avuto effimero accesso alla prima fase della variante principale, ottenere, su motivazioni e presupposti del tutto insufficienti, ma che ora abbiamo svelato essere anche fasulli, una via privilegia e accelerata che, come già ampiamente svolto nell’esame delle due proposte precedenti, si rileva addirittura impossibile perché contra legem.
Il richiamo al rispetto della pianificazione sovraordinata, introdotto nell’art. 1.2 delle NTA, alla luce dell’esame sin qui svolto, rileva quindi tutta la sua grave insufficienza, addirittura il grave occultamento di norme immediatamente cogenti e vigenti su gran parte dell’area H2 oggetto di variante e confliggenti in maniera piena ed eclatante con i contenuti della variante che, sino ad oggi, è stata portata avanti in aperta rotta di collisione contro le prescrizioni sovraordinate. Un violentamento della normativa sovraordinata che forse non ha precedenti nei tanti infelici momenti di pianificazione conosciuti nella storia della locale urbanistica.
ll fatto è di gravità assoluta e non può trovare giustificazioni adeguate.
 A debole scusante dobbiamo osservare che tale sottovalutazione sembra aver coinvolto anche altri livelli di competenze, esterne e interne all’ente, chiamati ad esprimersi attorno a questo progetto di variante. Se poi questa sia, effettivamente, un’ esimente o invece sia un’ aggravante, ci piacerebbe indagare o, meglio, che venisse indagato.
Comunque non tutti si sono espressi in maniera univoca e a leggere bene le carte si trovano indicazioni sufficienti ad esimere taluni dalla comune responsabilità, o meglio irresponsabilità, almeno sino a questo momento.
Per quanto da noi svolto sin qui, dobbiamo dire che se le carte con le quali abbiamo osservato la variante principale, anziché venir chiuse in un armadio, fossero state attentamente lette, non si sarebbe arrivati a questa defragrazione odierna della variante. In quelle carte ci sono i documenti che provano l’impossibile variante.
La contraddittorietà tra obiettivi dichiarati, in maniera anche condivisibile e singole azioni perseguite, in particolare la S1, diventa però, a questo punto, inconciliabile, tanto stridente che la variante risulta improcedibile, se non attraverso la sua radicale rimozione, rimanendo in vita soltanto quella previsione di trasformazione d’uso della scuola alberghiera che, forse, con altri strumenti e procedure può essere più agevolmente e felicemente portata a compimento.
Sul piano delle previsioni pubbliche, rimane nelle intenzioni dichiarate, ma e per fortuna non perseguita nella variante quella rivoluzione, si fa per dire, trasportista, discutibile nella soluzione, non sorretta mai da adeguata indagine e monitoraggi, costosissima certamente, ma quanto non si sa, cui le tante o troppe monetizzazioni dovrebbero portare in dote le risorse per la sua attuazione concreta.
Comunque rimane la bizzaria di una soluzione non calata in previsione concreta, oggi e forse neppure domani, cui però debbono essere accantonate, nella attuazione di questa variante, quota parte delle risorse per la sua realizzazione, mentre il fabbisogno parcheggi in ambito urbano centrale perde tutta la sua centralità, coerenza ed attualità, sfuma definitivamente la soluzione Gabbiola cui la proprietà, proprio in questi giorni, sta cercando l’ acquirente che ne pregiudicherà poi l’utilizzabilità pubblica.
Rimane questo progetto di compensazione ambientale mediante un arroccamento ciclistico sulle irte rampe collinari e montane dove vanno a collocarsi in mezzo ai boschi quota parte degli standard che dovrebbero, invece, trovare prioritaria individuazione, anche per disposizione normativa, in ambito urbano.
Difficile percorso per scalatori allenati o discesisti scatenati, meritevole magari nelle sue intenzioni, ma veramente prioritario di fronte a situazioni di dissesto urbano e di infrastrutturazione primaria assolutamente carente? E’ veramente questo un progetto turisticamente strategico nelle situazione attuale ? In che misura risulta economicamente sostenibile?
Rimane poi la indicazione, questa si meritoria, di un’ indicazione per la realizzazione, compensativa, di un segmento di litoranea ciclabile, adatta questa anche per semplici bassisti, nella tratta: Villa Pallavicino-Villa Aminta, ma poi tanto strategica non sembra essere da dimenticarne l’inserimento nella previsione cartografica con l’effetto tamquam non esset che ne deriva.
E’ un progetto perseguito anche da questo settore del Consiglio, ma, se ricordate, avversato dal settore maggioritario quando portato al suo esame
Certo che se oggi, parzialmente, viene riconsiderato, ben altra attenzione avrebbe allora ed anche ora meritato da parte del Sindaco, sviluppando una sinergia territoriale con gli enti vicini e quelli di livello superiore per farlo oggetto di un programma di infrastrutturazione a valenza turistica intercomunale rilevante, come gli esempi realizzati nell’ambito di territori turisticamente concorrenti insegnano.
Rimane questo tentativo, un po’ effimero, di introdurre il principio perequativo in luogo di quello dell’azzonamento, ma con effetti che non ci sembrano positivi e comunque non adeguati rispetto alla loro, forse, effettiva potenzialità.
Va bene il modello di decollo di un indice di utilizzo territoriale, nel caso 0.7 mq/mq, dalle aree di compensazione ed il suo atterraggio sull’area di intervento, nel caso S1, ma che c’entrano nel conteggio le aree di compensazione già disponibili perché di proprietà comunale. Questo ci sfugge.
Comunque l’abbandono del principio dell’ azzonamento non sembra adeguato su una scala di variante così ridotta dove, invece, la perversa monetizzazione, che mal si concilia col principio perequativo, diventa il vero strumento principe che verrà utilizzato a piene mani per soddisfare le esigenze di massimizzazione dell’UT in ambiti inadeguati per ST, dove la formula adottata incentiva la stessa monetizzazione, non la frena, in base al principio, tradotto appunto in formula che più monetizzi e più ottieni in SUL.
Diverso risultato si sarebbe, forse, ottenuto nell’ ambito di una variante a scala maggiore dove il comparto alberghiero fosse stato trattato unitariamente, lo vorremmo sottolineare più volte questo unitariamente, con l’applicazione si del modello perequativo, ma individuando all’interno del perimetro dell’unitario comparto o nelle aree urbane centrali e semicentrali le aree di compensazione ed a standard da portare in dotazione alla città pubblica.
Riconosciamo agli amministratori una loro giustificabile insufficienza nel porsi di fronte a modelli di costruzione urbanistica non ancora neppure normati e quindi sperimentali.
Che dire poi della affermata e sancita priorità dell’obbligo di acquisire e trasferire, prioritariamente appunto, all’ente le aree di compensazione ambientale per poi vedere rintrodotta la possibile monetizzazione anche di queste e l’onere di acquisizione, venir posto, di nuovo, in capo al Comune ?
Che dire poi di quell’esercizio di calcolo dei proventi derivanti da monetizzazioni e oneri messo in fondo alle NTA, specchio per allodole, dove si dimentica che, in termini sostanziali, la contribuzione richiesta al privato si rileverà inferiore a quella che si otterrebbe con l’applicazione di modelli classici di sviluppo urbano.
Nel modello infatti del piano esecutivo convenzionato si devono portare in dote all’ente le aree, di cui l’attuatore deve privarsene riducendo la sua capacita di utilizzo fondiario, si aggiunge l’onere completo per l’esecuzione delle urbanizzazione richieste in attuazione al piano cioè i costi effettivi di realizzazione. Qui invece gli oneri diventano quelli tabellari, sintetici insomma, verosimilmente inferiori a quelli effettivi, che non si conoscono, forse anche scontabili sino al 30%, le aree poi sono preservate per la massimizzazione dell’indice fondiario, mentre i proventi della monetizzazione rischiano di essere assorbiti dagli indennizzi espropriativi per l’attuazione degli standard, salvo urbanizzare, come par si voglia, i boschi.
In soldoni uno sconto netto a favore dei beneficiati possibili della/e variante/i.
Eppur riuscite a far credere tutto il contrario.
 C’è poi quella tecnica di scritturazione delle NTA dove l’uso del modo condizionale e l’abuso del termine “possibile” ne annacquano la portata prescrittiva e normativa, allargando in maniera ingiustificabile le maglie attuative ed interpretative, lasciando spazio a soluzioni variabili secondo le circostanze, i tempi e gli utenti. Tutto ciò non va bene, si stanno scrivendo regole e non romanzi.
 Che dire poi di quella ipocrisia previsionale di cui è pervasa la normativa delle aree a destinazione alberghiera, nella fattispecie l’area 172, dove si arriva anche a prevedere il reperimento di standard al suo interno per poi ipotizzare il caso di oggettiva impossibilità, con l’applicazione quindi della perversa monetizzazione e poi ancora tutta quella disciplina ,sfumata e liquida, secondo i tempi correnti, circa le caratteristiche che l’architettura di progetto dovrebbe avere.
Il tutto come se non fosse stato dichiarato, in nota della stessa Soprintendenza, che il progetto è già conosciuto e pronto e che tanti soggetti che hanno partecipato alla stesura di questa variante hanno avuto accesso alla sua visura.
Andiamo verso la conclusione di queste tristi note, osservando che vengono introdotte norme sull’arredo e il decoro urbano. Anche qui vale l’osservazione sul fatto che il loro modello di stesura è poco coerente con un testo normativo.
Comunque crediamo che non sia corretto inserirle nelle NTA, quanto piuttosto in una integrazione del vigente regolamento edilizio perché quello è il luogo dove debbono starci, oltre tutto ci sembra che anche la procedura di inserimento ed approvazione sarebbe molto più semplice.
Vi invitiamo quindi a trasferirle in quella sede e ci riserviamo lì di fare le dovute valutazioni di merito.
Concludiamo invitando a far di necessità virtù. Questa variante ha le ore contate e lo abbiamo detto, ripetuto e spiegato alla noia.
Da domani purtroppo, inizierà una attività di lobbies finalizzata a cercare di recuperare ciò che oggi è perso, se poi troveranno facile ascolto o meno, questo non lo sappiamo, certo che dalla politica, a nessun livello, non possiamo aspettarci nulla di molto di serio.
Questa lezione deve però servire ad indirizzare almeno i governi locali, quello di oggi e quello di domani, verso un approccio molto diverso alla questione del governo del territorio, questione insieme urbanistica ed ambientale che poi entrambe fanno il paio con la politica turistica e quindi con quella dell’economia locale e non ne sono scisse.
Esiste, chi lo nega, una questione di manutenzione/revisione dello strumento urbanistico, esso è un prodotto illecito, non dimentichiamolo, esso è ancora figlio di un tempo in cui sviluppo e quantità erano sinonimi, oggi e ce lo ripetono tutti, la qualità è la speranza ed il futuro, dentro una prospettiva di crisi economica occidentale permanente.
Traiamo lezione dall’insegnamento che questo clamoroso errore, così vogliamo benevolmente chiamarlo, ha provocato.
Il modello verso il quale, sbagliando clamorosamente, ci si indirizzava era un modello unidimensionale, la massimizzazione possibile della capacità ricettiva alberghiera, senza riguardo, se non nelle dichiarazioni di principio, per i beni comuni ereditati, giacimento e risorsa del mantenimento di una capacità di attrattiva turistica dentro la competizione globale dei territori posti sul mercato turistico vasto.
Accanto alla crisi permanente vi sono però le economie in crescita, vi sono i nuovi milioni di turisti ricchi che si apprestano a sostituire, sul mercato, la vecchia domanda turistica. Questo mercato non andrà però in cerca di acquisti di prodotti da supermercato, si orienterà verso territori singolari, preservati ed ad alta capacità di qualità di offerta di servizi.
Qui sta la chiave ed il futuro, investire sulla qualità ambientale. Dare una nuova funzione turistica ricettiva alle aree del degrado conseguente l’abbandono della funzione residenziale delle ville inserite nei parchi, ma che sia compatibile con il loro recupero e quindi pensare a un modello diverso rispetto a quello del grande albergo; incentivare un modulo diffuso sul territorio, anche quello collinare, di ricettività alberghiera ed extra alberghiera a soddisfacimento di una domanda meno esigente; ridisegnare la città pubblica in relazione alla sua funzione turistica e quindi a zero parcheggio in superficie e a ridotta viabilità, ma a costi sostenibili; riqualificare la sua cortina sul fronte del lago riconferendole una funzione commerciale e per pubblici esercizi di alta categoria entro una cornice di qualità urbana elevata; preservare dalla dispersione insediativa l’impianto urbanistico delle frazione collinari; attrezzare lo sviluppo costiero e le isole per la fruizione e l’accesso dalle utenze del diporto nautico.
Grazie.
 

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