L’una della notte è ormai passata da un bel po’ ed ecco che sto Canio
mica smette, deve ad ogni qual sia il costo portare a terminare la Zanetta ed
allora inizia il terzo atto, quello dell’adozione della variante stralcio, non
ancor dell’approvar fate attenzione. Ormai la discussione è intorno a qual sia
il sesso anche degli angeli, la Zanetta infatti è ormai morta e sepolta, glielo
ripetiamo ad ogni passo ed anche qui arrivati ci sta nella premessa che facciamo.
Comunque Lui ormai così ha deciso; andare avanti e poi vedrà. Va bene allora,
nostro Sire, ma siamo stanchi, il pubblico più non regge, la truppa è lì che
sbotta, Zanetta resiste in prima fila, ma è una visibile tortura; niente, Canio
non ascolta, Lui va avanti, non vuol rischiare di tornare un’altra volta in
aula con in tasca la conferma del verdetto del decesso. Non vuole annunciare la
sconfitta e insomma perdere la faccia davanti al pubblico riunito ed alla
truppa a lui fedele. Così andiamo ancora avanti. Dimenticavo che durante tutto
il lungo tour de force, nessuno di quelli in maggioranza, tranne Canio,
naturale, ha mai parlato. Soltanto il Professore ha rotto la consegna del
silenzio. Lo racconto stante il tenore semiserio di questa cronaca narrata.
Orbene, il Professore, alzato il suo ditino e precisato che, se ne guadava bene
di rompere quel veto che è anche quello che Piervalle, da un po’, gli impone,
dichiara di esser grato per il lavoro svolto dai tecnici chiamati. Se non lo
abbiamo ancora detto, noi a quei tecnici non risparmiammo in aula la critica ed
il dissenso. Orbene, un’altra volta il nostro Professore ha perso l’occasione
per tacere. Con quell che abbiamo scoperchiato l’altra sera, delle due l’una: o
i tecnici hanno solo un po’ di loro colpa, o hanno persino un po’ di dolo.
Scienza e coscienza è quella che a loro impone la deontologia professionale,
eppure han combinato un gran disastro, tanto da meritare l’elogio letto in aula
dal noto Professore che il tempo passa, ma non cambia. Andiamo avanti, sono
ormai quasi le due nel cuore della notte, resiste ancor la stampa nel loggione
e bisogna darne atto, lo Zanetta. Finisce la nottata con la lettura in aula del
testo che vi incollo e con la dichiarazione del voto, letta
anche dal nuovo capo dell’altro gruppo contro, Bertolino. Ma c’è ancora un momento perché la
maggioranza si distingua, il testo era un po’ lungo, manco troppo, Piervalle
era sfinito, ma è già alle conclusioni, Canio lo tampina, lui chiede “per
favore due minuti ed ho finito” e loro, con in testa il consigliere che aveva
in apertura di seduta letto il sermone per la pace dentro l’aula, si sbragano
che sembra un’ osteria. Sono le due e 15 minuti, si esce, si incontra ancora
Canio sulla porta che ci dice: “ se poi voi avete ragione, a me non è che
importa molto, mi togliete solo un gran problema”.
Or sotto vi copio e incollo il testo conclusivo letto in aula. Poiché è
anche un poco tecnico, vi segno le parti che son, secondo me, quelle più d’interesse.
GRUPPO CONSILIARE INSIEME
Variante
strutturale stralcio. Adozione progetto preliminare . Inervento in aula del Gruppo.
La proposta riguarda
l’esame, ai fini della sua adozione, delle stesura del progetto preliminare
della variante alberghiera stralcio e viene condotta nel seguito dell’esito
delle deliberazioni relative alla conclusione del procedimento di verifica di
VAS e delle controdeduzioni alle osservazioni prodotte dopo la pubblicazione e il
deposito delle due deliberazioni che avevano approvato ed integrato il
documento programmatico di variante.
Considerato l’esito
sin qui avuto dell’esame delle due deliberazioni ultime e precedenti ,propedeutiche
alla presente proposta, la partecipazione alla discussione ed al voto da parte
dei componenti di questo gruppo costituisce ragione di contrasto alla scelta
operata dall’Amministrazione, rischiosa anche sotto il profilo penale, come già
fatto rilevare in ragione dell’anomalo procedimento per stralcio avviato,
rischio penale ancor più oggi rafforzato ed aggravato dal profilo assunto dalla
variante, profilo che si caratterizza quale pieno contrasto alle norme
sovraordinate contenute nella pianificazione di livello superiore ed in
particolare contro la norma prescrittiva contenuta nell’articolo 26 ultimo
comma del PPR , adottata e vigente.
In questa sede si
vuole evitare un esame specifico e dettagliato del documento portato in
discussione, non vi è il tempo, non è l’ora, e forse non è neppure il giorno
anche grazie ad un’ infelice programmazione dei lavori consiliari,
programmazione che non sfugge certo miri ad ottenere una veloce approvazione
delle proposte, confidando magari in qualche assenza di troppo tra le file
consiliari.
La relazione di
accompagnamento, le nuove aggiunte e modificate norme di attuazione, le tavole
di piano, costituiscono pertanto i documenti fondamentali da cui rilevare il
contenuto del progetto preliminare di variante, l’esame sommario e a grande
scala dei medesimi costituisce il contenuto della presente relazione di
minoranza.
Il modello della
crescita dimensionale turistica a senso unico, cioè quello fondato su masse
alberghiere di dimensioni crescenti, non è stato scalfito da nessuno dei
tentativi operati nel corso di formazione della variante tesi a contrastare
tale modello unidirezionale.
Le porte verso la crescita
incontrollata della capacità ricettiva e quindi della riduzione della qualità,
sono state, irresponsabilmente, aperte dalla scelta operata dal governo locale,
assai sensibile alle sollecitazioni in tal senso mosse dalla imprenditoria
alberghiera, cui certo non si può imputare l’assenza di una sensibilità
pubblica nei confronti del perseguimento di obiettivi di conservazione e
valorizzazione dei beni comuni, non è infatti lo scopo che persegue, beni che
tuttavia, nel contesto territoriale, dovrebbero costituire i giacimenti da
preservare proprio in funzione del mantenimento della capacità di essere
attrattiva sul mercato turistico di alta gamma del mondo globale.
I territori, a
differenza delle fabbriche, non si possono delocalizzare, basta mantenerli,
accrescere la loro qualità, preservare le loro identità e i mercati li
riconoscono come tali e ne acquistano i prodotti, cioè l’offerta ricettiva,
paesaggistica, ambientale ed i servizi correlati.
Il contenuto della
relazione era, per molti aspetti, già noto, ricalcando in buona parte il
documento programmatico, le norme di attuazione sono, invece, il documento
tutto nuovo, peraltro anticipato in molti suoi aspetti già contenuti nel
documento programmatico e nelle risultanze delle conferenze di pianificazione.
Procederemo per
spunti e per sintesi evitando l’analisi separata di ciascun documento, analisi
cui saranno, invece, dedicate le osservazioni che presenteremo nei tempi e modi
assegnati.
Il richiamo al
rispetto della pianificazione sovraordinata, introdotto nell’art. 1.2 delle NTA,
alla luce dell’esame sin qui svolto, rileva quindi tutta la sua grave
insufficienza, addirittura il grave occultamento di norme immediatamente
cogenti e vigenti su gran parte dell’area H2 oggetto di variante e confliggenti
in maniera piena ed eclatante con i contenuti della variante che, sino ad oggi,
è stata portata avanti in aperta rotta di collisione contro le prescrizioni
sovraordinate. Un violentamento della normativa sovraordinata che forse non ha
precedenti nei tanti infelici momenti di pianificazione conosciuti nella storia
della locale urbanistica.
ll fatto è di gravità assoluta e non può
trovare giustificazioni adeguate.
Comunque non tutti si
sono espressi in maniera univoca e a leggere bene le carte si trovano indicazioni
sufficienti ad esimere taluni dalla comune responsabilità, o meglio
irresponsabilità, almeno sino a questo momento.
Per quanto da noi
svolto sin qui, dobbiamo dire che se le carte con le quali abbiamo osservato la
variante principale, anziché venir chiuse in un armadio, fossero state
attentamente lette, non si sarebbe arrivati a questa defragrazione odierna
della variante. In quelle carte ci
sono i documenti che provano l’impossibile variante.
La contraddittorietà
tra obiettivi dichiarati, in maniera anche condivisibile e singole azioni
perseguite, in particolare la S1, diventa però, a questo punto, inconciliabile,
tanto stridente che la variante risulta improcedibile, se non attraverso la sua
radicale rimozione, rimanendo in vita soltanto quella previsione di
trasformazione d’uso della scuola alberghiera che, forse, con altri strumenti e
procedure può essere più agevolmente e felicemente portata a compimento.
Sul piano delle
previsioni pubbliche, rimane nelle intenzioni dichiarate, ma e per fortuna non
perseguita nella variante quella rivoluzione, si fa per dire, trasportista,
discutibile nella soluzione, non sorretta mai da adeguata indagine e
monitoraggi, costosissima certamente, ma quanto non si sa, cui le tante o
troppe monetizzazioni dovrebbero portare in dote le risorse per la sua
attuazione concreta.
Comunque rimane la
bizzaria di una soluzione non calata in previsione concreta, oggi e forse
neppure domani, cui però debbono essere accantonate, nella attuazione di questa
variante, quota parte delle risorse per la sua realizzazione, mentre il
fabbisogno parcheggi in ambito urbano centrale perde tutta la sua centralità,
coerenza ed attualità, sfuma definitivamente la soluzione Gabbiola cui la
proprietà, proprio in questi giorni, sta cercando l’ acquirente che ne
pregiudicherà poi l’utilizzabilità pubblica.
Rimane questo
progetto di compensazione ambientale mediante un arroccamento ciclistico sulle
irte rampe collinari e montane dove vanno a collocarsi in mezzo ai boschi quota
parte degli standard che dovrebbero, invece, trovare prioritaria individuazione,
anche per disposizione normativa, in ambito urbano.
Difficile percorso
per scalatori allenati o discesisti scatenati, meritevole magari nelle sue
intenzioni, ma veramente prioritario di fronte a situazioni di dissesto urbano
e di infrastrutturazione primaria assolutamente carente? E’ veramente questo un
progetto turisticamente strategico nelle situazione attuale ? In che misura risulta
economicamente sostenibile?
Rimane poi la
indicazione, questa si meritoria, di un’ indicazione per la realizzazione,
compensativa, di un segmento di litoranea ciclabile, adatta questa anche per
semplici bassisti, nella tratta: Villa Pallavicino-Villa Aminta, ma poi tanto
strategica non sembra essere da dimenticarne l’inserimento nella previsione
cartografica con l’effetto tamquam non esset che ne deriva.
E’ un progetto
perseguito anche da questo settore del Consiglio, ma, se ricordate, avversato
dal settore maggioritario quando portato al suo esame
Certo che se oggi,
parzialmente, viene riconsiderato, ben altra attenzione avrebbe allora ed anche
ora meritato da parte del Sindaco, sviluppando una sinergia territoriale con
gli enti vicini e quelli di livello superiore per farlo oggetto di un programma
di infrastrutturazione a valenza turistica intercomunale rilevante, come gli
esempi realizzati nell’ambito di territori turisticamente concorrenti
insegnano.
Rimane questo
tentativo, un po’ effimero, di introdurre il principio perequativo in luogo di
quello dell’azzonamento, ma con effetti che non ci sembrano positivi e comunque
non adeguati rispetto alla loro, forse, effettiva potenzialità.
Va bene il modello di
decollo di un indice di utilizzo territoriale, nel caso 0.7 mq/mq, dalle aree
di compensazione ed il suo atterraggio sull’area di intervento, nel caso S1, ma
che c’entrano nel conteggio le aree di compensazione già disponibili perché di
proprietà comunale. Questo ci sfugge.
Comunque l’abbandono
del principio dell’ azzonamento non sembra adeguato su una scala di variante
così ridotta dove, invece, la perversa monetizzazione, che mal si concilia col
principio perequativo, diventa il vero strumento principe che verrà utilizzato
a piene mani per soddisfare le esigenze di massimizzazione dell’UT in ambiti
inadeguati per ST, dove la formula adottata incentiva la stessa monetizzazione,
non la frena, in base al principio, tradotto appunto in formula che più
monetizzi e più ottieni in SUL.
Diverso risultato si
sarebbe, forse, ottenuto nell’ ambito di una variante a scala maggiore dove il
comparto alberghiero fosse stato trattato unitariamente, lo vorremmo
sottolineare più volte questo unitariamente, con l’applicazione si del modello
perequativo, ma individuando all’interno del perimetro dell’unitario comparto o
nelle aree urbane centrali e semicentrali le aree di compensazione ed a
standard da portare in dotazione alla città pubblica.
Riconosciamo agli
amministratori una loro giustificabile insufficienza nel porsi di fronte a
modelli di costruzione urbanistica non ancora neppure normati e quindi
sperimentali.
Che dire poi della
affermata e sancita priorità dell’obbligo di acquisire e trasferire,
prioritariamente appunto, all’ente le aree di compensazione ambientale per poi
vedere rintrodotta la possibile monetizzazione anche di queste e l’onere di
acquisizione, venir posto, di nuovo, in capo al Comune ?
Che dire poi di
quell’esercizio di calcolo dei proventi derivanti da monetizzazioni e oneri
messo in fondo alle NTA, specchio per allodole, dove si dimentica che, in
termini sostanziali, la contribuzione richiesta al privato si rileverà
inferiore a quella che si otterrebbe con l’applicazione di modelli classici di
sviluppo urbano.
Nel modello infatti
del piano esecutivo convenzionato si devono portare in dote all’ente le aree,
di cui l’attuatore deve privarsene riducendo la sua capacita di utilizzo
fondiario, si aggiunge l’onere completo per l’esecuzione delle urbanizzazione
richieste in attuazione al piano cioè i costi effettivi di realizzazione. Qui
invece gli oneri diventano quelli tabellari, sintetici insomma, verosimilmente
inferiori a quelli effettivi, che non si conoscono, forse anche scontabili sino
al 30%, le aree poi sono preservate per la massimizzazione dell’indice
fondiario, mentre i proventi della monetizzazione rischiano di essere assorbiti
dagli indennizzi espropriativi per l’attuazione degli standard, salvo
urbanizzare, come par si voglia, i boschi.
In soldoni uno sconto
netto a favore dei beneficiati possibili della/e variante/i.
Eppur riuscite a far
credere tutto il contrario.
Il tutto come se non
fosse stato dichiarato, in nota della stessa Soprintendenza, che il progetto è
già conosciuto e pronto e che tanti soggetti che hanno partecipato alla stesura
di questa variante hanno avuto accesso alla sua visura.
Andiamo verso la
conclusione di queste tristi note, osservando che vengono introdotte norme
sull’arredo e il decoro urbano. Anche qui vale l’osservazione sul fatto che il
loro modello di stesura è poco coerente con un testo normativo.
Comunque crediamo che
non sia corretto inserirle nelle NTA, quanto piuttosto in una integrazione del
vigente regolamento edilizio perché quello è il luogo dove debbono starci, oltre
tutto ci sembra che anche la procedura di inserimento ed approvazione sarebbe molto
più semplice.
Vi invitiamo quindi a
trasferirle in quella sede e ci riserviamo lì di fare le dovute valutazioni di
merito.
Concludiamo invitando
a far di necessità virtù. Questa variante ha le
ore contate e lo abbiamo detto, ripetuto e spiegato alla noia.
Da domani purtroppo,
inizierà una attività di lobbies finalizzata a cercare di recuperare ciò che oggi
è perso, se poi troveranno facile ascolto o meno, questo non lo sappiamo, certo
che dalla politica, a nessun livello, non possiamo aspettarci nulla di molto di
serio.
Questa lezione deve
però servire ad indirizzare almeno i governi locali, quello di oggi e quello di
domani, verso un approccio molto diverso alla questione del governo del
territorio, questione insieme urbanistica ed ambientale che poi entrambe fanno
il paio con la politica turistica e quindi con quella dell’economia locale e
non ne sono scisse.
Esiste, chi lo nega,
una questione di manutenzione/revisione dello strumento urbanistico, esso è un
prodotto illecito, non dimentichiamolo, esso è ancora figlio di un tempo in cui
sviluppo e quantità erano sinonimi, oggi e ce lo ripetono tutti, la qualità è
la speranza ed il futuro, dentro una prospettiva di crisi economica occidentale
permanente.
Traiamo lezione
dall’insegnamento che questo clamoroso errore, così vogliamo benevolmente
chiamarlo, ha provocato.
Il modello verso il
quale, sbagliando clamorosamente, ci si indirizzava era un modello
unidimensionale, la massimizzazione possibile della capacità ricettiva
alberghiera, senza riguardo, se non nelle dichiarazioni di principio, per i
beni comuni ereditati, giacimento e risorsa del mantenimento di una capacità di
attrattiva turistica dentro la competizione globale dei territori posti sul
mercato turistico vasto.
Accanto alla crisi permanente
vi sono però le economie in crescita, vi sono i nuovi milioni di turisti ricchi
che si apprestano a sostituire, sul mercato, la vecchia domanda turistica.
Questo mercato non andrà però in cerca di acquisti di prodotti da supermercato,
si orienterà verso territori singolari, preservati ed ad alta capacità di
qualità di offerta di servizi.
Qui sta la chiave ed
il futuro, investire sulla qualità ambientale. Dare una nuova funzione
turistica ricettiva alle aree del degrado conseguente l’abbandono della
funzione residenziale delle ville inserite nei parchi, ma che sia compatibile
con il loro recupero e quindi pensare a un modello diverso rispetto a quello del
grande albergo; incentivare un modulo diffuso sul territorio, anche quello
collinare, di ricettività alberghiera ed extra alberghiera a soddisfacimento di
una domanda meno esigente; ridisegnare la città pubblica in relazione alla sua
funzione turistica e quindi a zero parcheggio in superficie e a ridotta
viabilità, ma a costi sostenibili; riqualificare la sua cortina sul fronte del
lago riconferendole una funzione commerciale e per pubblici esercizi di alta categoria
entro una cornice di qualità urbana elevata; preservare dalla dispersione
insediativa l’impianto urbanistico delle frazione collinari; attrezzare lo
sviluppo costiero e le isole per la fruizione e l’accesso dalle utenze del
diporto nautico.
Grazie.
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