Proseguiamo e oggi finiamo con la terza e ultima parte
del ricorso contro lo stralcio di " Zanetta". Adesso tutto è noto, le
carte sono uscite allo scoperto, ora tocca a Canio far la sua nuova di mossa.
TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO REGIONALE
DEL PIEMONTE
TORINO
RICORSO ULTIMA PARTE
4) Eccesso di potere per carenza dei presupposti; eccesso di potere
per carenza di istruttoria; violazione degli artt. 6 e 12 del D.Lgs. 3 aprile
2006, n. 152; eccesso di potere per violazione della D.G.R. n. 12-8931 del 9
giugno 2008; eccesso di potere per carenza di motivazione con riferimento
all'uso del suolo
L'art. 12 del D.Lgs. 3.4.2006, n.
152, impone ovviamente una particolare attenzione anche riguardo l'utilizzo
intensivo del suolo, inteso quale risorsa ambientale non rigenerabile.
Come già detto, l'intervento reso
possibile dalla variante parziale strutturale approvata dal Comune amplia
notevolmente la superficie utile di pavimento destinata a polo turistico
alberghiero, portandola da 10.661 mq a 13.895
mq. per un totale di 43.769 metri
cubi di volume.
Non solo, ma come rilevato
dall'ARPA e dall'ASL V.C.O. l'ambiente subisce un notevole impatto sotto il
profilo atmosferico e acustico, causato dall'incremento di traffico prodotto
dall'intervento.
Nessuno di questi fondamentali
elementi è stato preso in seria considerazione nel procedimento di verifica
preventiva di assoggettabilità alla VAS, in violazione a quanto prescritto
dall'art. 12 del D.Lgs. 3.4.2006, n. 152 e dal relativo Allegato 1.
Nella relazione dell'OTC (doc. 3)
si cerca di “dribblare” la questione da un lato ipotizzando soluzioni
“compositive” (parcheggi inerbiti, autobloccanti...) e dall'altro considerando
che l'incremento di s.u.l. provocato dalla variante (3.234 mq) incide
percentualmente solo per lo 0,02 % rispetto alla superficie comunale allo stato
urbanizzata.
In realtà la valutazione del
consumo di suolo non deve essere circoscritta solo ad una analisi generale riferita
all'intero territorio, ma deve anche e
soprattutto essere contestualizzata nello specifico ambito di riferimento
della zona interessata la cui area, per le sue specifiche caratteristiche, ben
potrebbe già essere eccessivamente “sfruttata” o, come nel caso specie,
presentare caratteristiche di pregio ambientale tutelate.
D'alta parte è ovvio che in comuni
come quello di Stresa una valutazione esclusivamente generale ed astratta
sarebbe sempre positiva, stante la bassa percentuale di superficie urbanizzata
rispetto al totale della superficie comunale.
Ragionando come ha fatto il Comune,
nel caso ad esempio di un nuovo intervento urbanistico sulle rive di un
torrente quasi integralmente urbanizzate (come a Genova), qualora a livello
generale la superficie “cementificata” fosse irrisoria la componente suolo non
rischierebbe affatto di essere compromessa. Cosa ad avviso di questa difesa
radicalmente assurda.
Il consumo di suolo deve quindi essere visto con particolare riferimento
alla specifica zona in cui si inserisce l'intervento, che per di più nel caso
di specie è soggetta ai già citati vincoli paesaggistici e storico-artistici e
passa da un rapporto di copertura esistente il loco del 14% ad uno previsto del
45% (cfr. doc. 7, pag. 4).
Di più ancora, il suolo che
verrebbe a essere consumato con l'attuazione della variante stralcio è un
suolo pregiato in quanto ambito di localizzazione dei parchi e delle ville
storiche che caratterizzano, storicamente,
la fascia costiera e che l'esistenza di un'ampia letteratura a riguardo
testimonia. Il loro sovvertimento, anziché il loro corretto recupero, confligge
fortemente con tutte le indicazioni, anche pianificatorie che, invece, debbono
ricavarsi dal sistema dei vincoli che intorno ad essi è stato costruito e non a
caso.
La variante stralcio, dunque,
avrebbe dovuto essere preceduta da VAS e di conseguenza, ancora una volta, sia
il provvedimento di verifica del Comune di Stresa, assunto con delibera C.C.
28.12.2012, n. 111, sia l'atto di approvazione della variante di cui alla
delibera C.C. 21.08.2013, n. 68, risultano viziati per evidente mancata
valutazione dei fatti rilevanti, carenza di istruttoria e di motivazione.
5) Eccesso di potere per insufficienza e contraddittorietà nella motivazione giustificativa della
procedura stralcio. Violazione di legge per disparità di trattamento. Eccesso
di potere per sviamento delle finalità dell'atto
Lo strumento della variante
stralcio si insinua, in maniera inusuale, interrompendo una procedura di
revisione più ampia e organica dello strumento urbanistico che soltanto pochi
mesi prima aveva preso avvio.
Tale procedura organica era
pervenuta alla fase di approvazione del documento programmatico, ottenuta con
la deliberazione C.C. n. 115 del 16/11/2011, cui faceva seguito, come da
procedura ex art.31/ter della L.R. n. 56/77 e s.m., la pubblicazione e la raccolta delle
osservazioni.
Da allora nessuna attività,
nonostante la previsione normativa, è
stata dall'Amministrazione svolta in relazione a tale avviata revisione dello
strumento urbanistico. Invece, prendeva avvio, con deliberazione CC n. 28 del
14/05/2012, la variante stralcio.
A sostegno di tale mutato
procedere, l'Amministrazione ha addotto una richiesta acceleratoria avanzata
dalla proprietà dell'area oggetto della
previsione n. 172 (la SIAV S.r.l.). Tale richiesta si fondava
sull'asserita necessità di ottenere, in tempi brevi, l'approvazione della
variante poiché il luglio 2014 veniva indicato quale termine ultimo concesso per
attuare e completare un programma di investimenti che aveva ottenuto un
finanziamento pubblico ai sensi della legge n. 488/1992 (cfr. doc. 2).
Orbene, se questa era la
motivazione principe che l'Amministrazione formalmente ha fatto propria per
giustificare l'avvio di un percorso accelerato e preferenziale che avrebbe
consentito alla SIAV srl di evitare le lungaggini procedurali di una variante
di più ampie dimensioni ed andare a risultato, la realtà dei fatti rivela che
non vi è relazione di causa effetto tra la necessità di ottenere la variante e
l'utilizzo dei benefici economici.
Infatti, il finanziamento è
riferito ad un progetto edilizio, certificato con perizia giurata
dall'Architetto Fabrizio Naldini di Acqui Terme datata 12/09/2006, conforme ai
disposti del piano regolatore vigente nell’anno
2006 (doc. 22).
E' quindi palesemente assurdo
motivare la necessità dello stralcio della variante, con la prossima scadenza
di finanziamenti pubblici che si riferiscono a progetti che con la medesima variante non saranno più attuabili così come approvati.
Sorge pertanto il legittimo dubbio
che lo stralcio sia stato predisposto soprattutto per evitare la sottoposizione
alla VAS dell'intervento qui contestato perché la variante strutturale
originaria, per le sue dimensioni, avrebbe certamente comportato la necessità
della VAS, o quantomeno sarebbe certamente stato più difficile giustificarne
l'esclusione.
6) Violazione dell'art. 45 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42;
violazione del D.D.R. 27 dicembre 2010; eccesso di potere per difetto di
istruttoria, contraddittorietà e difetto di motivazione; violazione dell'art.
24 delle L.R. 5 dicembre 1977 n. 56
L'art. 45 del D.Lgs. n.42/2004
rubricato “Prescrizioni di tutela
indiretta” dispone:
“1. Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre
norme dirette ad evitare che sia messa
in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la
prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.
2. Le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi
degli articoli 46 e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni
medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici.”.
In attuazione di tale norma, la
Direzione Regionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha emesso
il Decreto del 27 dicembre 2010 a tutela delle ville “Basile San Rizzo” e
“Marina o Mona” (doc. 10). In esso sono indicate con precisione le prescrizioni
dell'area e tra queste:
“che non vengano poste in essere
nuove edificazioni tali da recare pregiudizio, per dislocazione e volume
edilizio, dimensionamento, profilo e altezza alle prospettive, alle visuali ed
al godimento dei due edifici sottoposti a tutela, rispettandone la scala
edilizia ed il particolare rapporto con il contesto esterno;” (prescrizione n. 2).
Orbene, al di là dell'apparente
recepimento del vincolo, basta un semplice confronto tra la situazione attuale
(tutelata) e gli indici, le dimensioni e la localizzazione della nuova edificazione
prevista, per constatare che con la
variante approvata dal Comune tale prescrizione viene apertamente violata.
Allo stato le due ville tutelate
hanno un indice di copertura dell'area pari al 14% mentre con la variante
questa viene portata al 45% (cfr osservazioni ARPA doc. 7 pag 4 e scheda di
intervento della variante).
La superficie utile di pavimento
dalle poche centinaia di metri quadri delle ville passa a ben 13.895 mq..
Il volume delle due ville tutelate
è modesto (cfr. prescrizione n. 3 del Decreto cit.), pari a circa 4.000 mc.
mentre quello previsto è di 43.769 mc., ben 10 volte di più.
L'altezza massima consentita è di
22 metri (cfr. scheda di intervento) mentre le ville sono alte al massimo una
decina di metri.
Il tutto concentrato nell'area vincolata a ridosso delle ville tutelate e
compreso in un raggio di soli 120 metri circa (cfr. pag.
2 osservazioni ARPA 21 giugno 2012, doc. 8).
La previsione è pertanto in
evidente contrasto con le prescrizioni del Decreto 27 dicembre 2010, atte a
contenere fortemente nuove edificazioni: invece di recepirle con rigore ai
sensi dell'art. 45 D.Lgs. 42/2004 le trasgredisce, consentendo la realizzazione
nel parco delle ville di un
intervento di grandissime dimensioni che altera profilo, altezza delle
prospettive, scala edilizia e visuali dei due edifici sottoposti a tutela.
Ciò che viola anche l'art. 24 delle
L.R. 5 dicembre 1977 n. 56, il cui comma terzo prescrive che “Negli ambiti individuati ai sensi dei
precedenti commi [ossia le zone individuate dal PRG ove sorgono beni e
culturali da salvaguardare, n.d.r.] è fatto divieto di modificare, di norma, i caratteri paesaggistici della trama viaria
ed edilizia ed i manufatti, anche isolati, che costituiscono testimonianza
storica, culturale e tradizionale.”.
E si tenga nuovamente presente che
l'aumento della s.u.l.. e quindi del volume, come si ricava espressamente dagli
atti della variante e dal parere regionale del 22-23 luglio 2013 (doc. 18), è
stato motivato proprio dal fatto che “Villa Marina” e “Villa Basile di San
Rizzo” sono state vincolate dalla Soprintendenza e dunque non era più possibile
il recupero dei loro volumi tramite demolizione. Per assurdo, pertanto, l'imposizione del vincolo, invece di contenere
l'edificazione, è stato sfruttata per aumentare le cubature realizzabili nel
medesimo contesto tutelato!
Anche per queste ragioni, pertanto,
la variante impugnata deve essere annullata.
Per le esposte ragioni si insiste
per l’accoglimento del ricorso. Con il favore
delle spese e degli onorari di giudizio.
Si dichiara che la causa ha valore
indeterminato e quindi soggetta al contributo di Euro 650 ai sensi dell'art.
13, comma 1, del D.P.R. 30 maggio 2002 e si depositerà ricevuta.
Casale Monferrato-Torino, 11
novembre 2013
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