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giovedì 9 ottobre 2014

SAGGEZZA SOVRANA



Verso la fine del mese che sta in corso ci sarà il primo dei giudizi in merito alla raffica di querele che, di tanto in tanto, nei tempi morti dai sui impegni, Canio ha lanciato agli avversari durante il suo secondo di mandato. Per verità non si tratterà ancora di un esame, nel merito, di un soggetto incriminato, ma l'esame verterà davanti al GIP, soltanto, sulla questione se è giusto che l'indagato, cioè Piervalle sia archiviato, come ha richiesto la pubblica accusa dello Stato o sia, invece, giudicato, come vorrebbe Canio che dice che sta offeso. Ordunque Canio ha fatto opposizione a quella richiesta archiviazione e le ragioni stanno in nove cartelle che son da lui dattiloscritte e sottoscritte. Le abbiamo lette e fatte oggetto di un qualche commentino, in vista del giudizio ormai vicino. Ne viene fuori un tratto assai carino, di un soggetto che è un po' fuori le righe e che ha una visione personale e singolare delle cose e del del diritto. Ne facciamo qui breve rassegna, annotando i passi più salienti e divertenti.
Orbene scrive Canio : " Basta leggere attentamente l'intera stampata degli articoli incriminati per rendersi conto che da nessuna parte compare il nome di Vallenzasca , né tanto meno il suo ruolo di consigliere….".
Sì, proprio articoli incriminati, questo è il termine che Canio usa nella sua memoria, peccato che risulta difficile incriminare un articolo di un giornale, semmai si possono incriminare i suoi autori, ma l'errore o la svista è doppia, perché, al momento, non ci sono incriminati, ma soltanto un indagato cui, peraltro, il Pubblico Ministero ha chiesto che nei suoi confronti non si proceda, ma si archivi l'accusa e quindi non lo si incrimini per nulla.
Continua Canio scrivendo che " Gli articoli ed il sito son infatti del tutto anonimi perché non firmati e questo rende ancor più grave le accuse diffamatorie e calunniose fatte dall'indagato, (sta volta l'Alcade  usa correttamente il termine) al solo scopo di denigrare il Sindaco e la sua amministrazione."
Peccato che, in sede di deposito della querela aveva portato proprio lui, Canio, le prove, mai peraltro contestate, che il sito era riconducibile a una precisa persona, il sottoscritto appunto, mostrando come quell'anonimato o quello pseudonimo così simile al nome fosse così tanto fragile da non proteggere per nulla l'autore. Poiché però il Pubblico Ministero ha chiesto l'archiviazione dell'accusa sostenendo che Piervalle ha agito come consigliere e quindi, per giurisprudenza costante, deve considerarsi libero di manifestare le sue critiche, Canio lo vorrebbe far tornare anonimo, tanto da chiedere un supplemento di indagini per la ricerca del colpevole.
Le accuse poi sarebbero anche "calunniose" e qui il nostro Sindaco cade, ma non è la prima volta, anzi è un suo errore diffuso e ricorrente, nell' errore di diritto, confondendo la diffamazione con la calunnia. Non starò qui a spiegargli la differenza, ma un ripassino del manuale di diritto penale ci vorrebbe e glielo consigliamo.
Continua Canio scrivendo che: " Del resto mi preme rappresentare al Giudice che il sottoscritto quale Sindaco di una città ed eletto col 73% dei consensi non può tollerare che qualcuno possa impunemente affermare nel più totale anonimato che il Sindaco commetta reati gravi ed è quindi paragonabile ad un delinquente……".
Come vedete, Canio qui introduce un nuovo principio, prima non contemplato dal diritto penale italiano. In base a tale principio la soglia percentuale di consenso elettorale ottenuto fa scattare una sorte di protezione avverso le avversità in cui un Sindaco potrebbe incorrere; un diritto del sovrano, una guarentigia speciale, un salvacondotto, per cui e come conseguenza, con maggior vigore e virulenza deve perseguirsi il diffamatore seriale che attenta all'autorità, quasi plebiscitariamente, costituita. Infatti, poco dopo, ci dirà "che la soglia e il livello di critica sopportabile ed esercitata dall'anonimo diffamatore seriale dovrebbe abbassarsi notevolmente, quasi azzerarsi."
Siamo quindi arrivati alla teorizzazione della sovranità assoluta del potere locale e alla richiesta di eliminazione, per mano di giustizia, del dissenso che impedisce l'esercizio assoluto di questo potere. Non manca però il Sovrano di difendere se stesso dalle accuse cui dice di essere vittima da parte del diffamatore seriale, si affanna anzi in questa sua autodifesa, sino ad arrivare alla propria autoassoluzione penale. Insomma anziché chiedere al P.M. che ha in mano l'inchiesta nei suoi confronti, di mandarlo a processo così che venga assolto, procede direttamente, anche qui mostrandoci un nuovo modello di come potrebbe riformarsi la giustizia, ossia l'istituzione di se stesso come giudice.
A questo punto non ci rimane di sperare di trovare un giudice a Berlino.

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