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mercoledì 27 marzo 2019

LE FONTI

 




Il testo che sotto vi postiamo è tratto integralmente dal corpo della delibera del Governo cittadino che, nell'agosto 2016, dava corso all'approvazione della variante in corso d'opera n. 3 relativa ai lavori di costruzione del porto. Ad essa va ricodotta, in parte , la responsabilità di quanto successo nella giornata del 25 u.s.. Tutti possono ora leggere e conoscere le motivazione, assolutamente incongrue, che hanno portato ad elevare la quota di imposta della banchina foranea, favorendo così, in condizioni di magra, l'entrata del moto ondoso all'interno del bacino portuale. L'ho chiamata una fesseria, tale mi pare sia, priva di ogni logico buon senso, sia perché, lo ripeto, non è che cambiando la quota normale di lago, quella di minima magra cambi di alcunché, sia perchè, avendo pur voluto fare una tal correzione, sarebbe stato sufficiente alzare il piano di calpestio della banchina, senza incidere sulla quota di imposta, già estremamente resicata e, come hanno fatto, dover abbassare pure la quota più alta del muro per tenerela allineata con quella del porto vecchio. Hanno fatto come chi per alzare un pavimento in una stanza di casa, decidesse di alzare l'intera casa, sin dalle fondamenta, e poi abbassasse la quota di colmo del tetto per mantenere l'altezza totale precedente. Sembra una barzelletta, ma è proprio vero: incredibile. La delibera non dice chi sia l'autore di tale ideazione, comunque un nobel all'ingegneria o alla geometria lo merita. La stessa variante tuttavia non finiva lì, ma, bontà loro senza oneri aggiuntivi per il Comune, modificava pure le modalità di realizzazione del muro foraneo: da muro da costruirsi in opera, massello dopo massello, a prefabbricato da posarsi belle e fatto. Anche qui la motivazione fa ridere, come se il muro del vecchio porto, ad oltre un secolo dalla sua realizzazione, in opera, perdesse i pezzi. I pezzi purtroppo li perde il nuovo, manco inaugurato. Come poi tutto ciò possa essere costato tanto quanto era previsto nel progetto precedente, sarebbe anche qui il caso di dare una guardatina. Comunque siamo tutti rassicurati: una decina di giorni e va tutto a posto; parola del Borgomastro.


" PRESO ATTO degli aspetti intervenuti in corso di esecuzione dei lavori consistenti:
1. aumento della quota media del livello del Lago Maggiore a + 1,25 rispetto allo zero idrometrico di Sesto Calende di 193,01 m.s.l.m. come stabilito dall’Autorità di Bacino del Fiume Po a seguito dell’avvio della prima fase del “Protocollo di sperimentazione dei nuovi livelli di esercizio del Lago Maggiore”. Ciò ha comportato le necessità di modificare la lunghezza dei pali di fondazione, aumentandoli di mt. 0,25 e riducendo le strutture in elevazione fino al piano di calpestio per mantener invariata la quota di mt. 198,50 corrispondente alla passeggiata sul lungo lago esistente; 
2. variazione del corpo d’opera di fondazione per il rinvenimento di condizioni non rilevabili in fase di progettazione, quali presenza di materiale lapideo a tergo delle palancole, trovanti lungo l’asse di trivellazione che hanno comportatolo scartamento della direttrice di infissione con la conseguente necessità di adattare geometricamente i manufatti prefabbricati sovrastanti (coppelle);
 3. revisione dei massi ciclopici previsti per la zona in curva a seguito di ulteriori rilievi batimetrici che hanno permesso una migliore valutazione dei profili longitudinali; 
4. impiego di lastre prefabbricate con rivestimento in pietra a garanzia della durabilità nel tempo, in alternativa al previsto pietrame posato a mano che nel tempo rischiava di staccarsi per le sollecitazioni del moto ondoso; 
5. revisione del sistema statico del camminamento superiore in legno a quota 198,50 per il soddisfacimento dei requisiti richiesti dal capitolo 5.1. del D.M. 14 gennaio 2008, con aumento dello spessore e introduzione di rompitratta; 
6. ricollocazione dei servizio igienici previsti a quota esondabile, nell’area da destinare a parcheggio pubblico a servizio dell’infrastruttura portuale; 
CONSIDERATO che le modifiche sopra descritte sono riconducibili alle casistiche di cui al comma 1 lettera a) art. 132 D.lgs 163 per le modifiche al punto 1), comma 1 lettera c) art. 132 D.lgs 163/2006 per i punti 2) e 3) del e comma 2 art. 132 D.lgs 163/2006 per i punti 4), 5) e 6); DATO ATTO che le varianti introdotte non hanno comportato aumento della spesa e che sono finalizzate al miglioramento dell'opera e alla sua funzionalità, non comportano modifiche sostanziali e sono nell’esclusivo interesse dell’Amministrazione.................................;"

martedì 26 marzo 2019

GIUDIZIO DIVINO

  




Se qualcuno pensa che l'ira degli dei o la sfiga sia la causa unica e prima di tutti i mali della cittadella, cambi idea. Il mal governo, inteso come l'insieme connivente degli organi elettivi, le strutture tecniche che li supportano, i tanti professionisti pagati e probabilmente impreparati che li lusingano, le imprese che fanno e disfano i lavori e che approfittano e non solo fanno profitto, le responsabilità mai chiamate a rispondere; tutte queste cose insieme sono le cause che hanno scatenato, questa sì, l'ira degli dei, la furia di una burrasca che diventa il castigo che punisce laddove gli uomini non sono stati capaci a farsi giustizia da sè. Non c'è stato bisogno dunque di aspettare il giudizio finale per vedere condannati i responsabili; questi ultimi, dopo la prova di ieri, sono sul banco degli imputati, smascherati nella loro rispettabile ipocrisia, addirittura ridicolizzati nella loro insipienza che la forza della natura ha mostrato. Un mare di soldi buttati, altri soldi serviranno a rimediare al disastro pre-annunciato, altri soldi finiranno nelle tasche di chi non meriterebbe alcun compenso, ma finalmente la natura ha mostrato ciò che l'uomo aveva celato. Immaginiamoli tutti in fila dietro un banco da imputati; immaginiamoli tutti attori e protagonisti di un giudizio messo in scena a rappresentarci la realtà mai dichiarata. Eccoli lì: grandi, piccini e medi personaggi, più o meno oscuri, più a meno noti, tutti accomunati dai vizi odierni e antichi: il potere, l'incompetenza, il denaro, l'ignavia, l'ipocrisia... Ora i sepolcri imbiancati sono stati scoperchiati, non c'é più giustificazione, scusante, esimente alcuna. Ne prenda atto il Borgomastro e renda piena confessione per un disastro di cui, insieme a tanti altri, ne porta colpe e responsabilità mai pagate.

lunedì 25 marzo 2019

DISASTRI PREANNUNCIATI







Già il nostro Borgomastro si stava fregando le mani solo al pensiero della prossima imminente festa di inaugurazione; di che cosa non c'è neppure bisogno di dirlo ed ecco che il lago in burrasca di questa sera 25 di marzo ha rovinato la festa. Chi mai avesse occassione di vedere il bacino del nuovo porto capirebbe che si è rischiato il disastro. Soltanto fosse già stato inaugurato e le imbarcazioni all'ormeggio, i danni sarebbero stati rilevantissimi. Il collaudo provocato dalla burrasca, non quelli da operetta che, in genere, sono soliti fare i collaudatori incaricati e ben pagati, ha sconvlto gli ormeggi galleggianti provocando la deriva dell'intera linea di ormeggio posta sul lato di terra. Il moto ondoso attraversa la diga foranea passandogli sotto, determinando la rottura di tutti gli ormeggi della struttura che infatto ora è alla deriva dentro il bacino. Domani si capirà meglio. Anche la infelice posizione della bocca del porto ha contribuito, lasciando che raffiche e moto ondoso entrassero sino a provocare danni. Il tutto non è avvenuto per caso, ma per la solita insipienza delle tante firme che hanno messo mano in tutti questi anni ai lavori e ai progetti del porto. L'ultima fesseria era stato l'innalzamento di 25 cm. della quota di imposta della banchina del molo foraneo. Già era insufficente, con quella operazione si è reso tutto oltremodo a rischio. A nulla sono valse le tacconate costuite da paratie in metallo poste sotto il livello di massima magra del lago; in burrasca passa lo stesso. Per ora ammiriamo sconsolati il disastro, la dannazione continua e adesso vediamo chi vorrà ancora prenotare un posto barca, con il rischio di trovarsela a pezzi, basta una notte di gran vento.

lunedì 18 marzo 2019

CONSIGLIO DI BILANCIO












Il più l'abbiam già detto, o meglio scritto, il resto del Consiglio è un po' ordinario: riguarda una sfilza di atti già redatti, son voti ripetuti, scadenze un po' obbligate, un copia e incolla su quanto abbiam già visto, o meglio qui sentito, gli scorsi anni passati. Le tasse non si toccano, le imposte manco quelle, rimane da vedere se sale o se non sale la TARI dei rifiuti e quanto a quella dell'imbarco, è noto che è affondata. Assente il Professore, colpito da un malanno, procede sto Consiglio a gran velocità. Si imbatte poi del DUP, un acronimo che sta per: Documento Unico di Programmazione. Un libro un po' dei sogni, lo dice il Borgomastro, ma forse è lui che sogna che manco lo ha guardato. Comunque dentro lì ci sta un po' tutto quanto, ossia quel poco o tanto che dovrebbe fare l'Ente nell'arco di quest'anno ed anche quelli dopo. Se dunque non lo ha letto, lo ha letto Severino che, sfruttando un po' il momento li prende in contropiede, spuntando un po' qui e la nel lungo documento che sfoglia tra le mani. Infatti vi sono delle perle, ricchiami a personale che mancon dal lavoro, assenze prolungate e roba di sto genere che certo non sarebbero da scrivere nel DUP in quanto riservate ed anche un po' private.Comunque stanno scritte ed anche il Borgomastro non sembra lesinare commenti poco attenti che, seppur dopo saranno un po'corretti, trapelano, sin troppo chiaramente, che dentro sto Palazzo c'é sempre tanto caos e dunque che il governo si para gli insuccessi girando la colpa alle strutture, ma dietro le strutture ci stanno le persone e dunque... Comunque l'anagrafe non va, ridotta forse troppo nel numero di addetti e quanto ai vigilanti: tra ferie, malattie e prossimi congedi non sembra vadan meglio, ma arrivano i rinforzi. Insomma, è vero lo dice e lo ripete il Borgomastro che avesse lui la leva solleverebbe pure il mondo, peccato che non l'abbia o meglio è una fortuna. Comunque si va avanti, l'esame prende tempo e tocca un po' il complesso di quanto ci hanno scritto. In vero non c'é molto; i soldi ormai si sa che fine vanno a fare, le opere son scritte da tempo immemorabile: nell'arco di due anni sarà pure rifatta la vecchia palazzina, ci va la biblioteca, ed era ora, ma c'è pur qualche minaccia per il canforo davanti, speriamo che non stronchi. Poi i soldi vanno a fare il solito parcheggio accanto al porto; probabile che spendano anche i soldi per quello che è il progetto riguardo il Mottarone; sparisce ogni richiamo riguardo il mega appalto per luci e quanto altro; sparisce pure quanto sembrava volessero impegnare sull'Isola squassata; rimangono dei soldi da spendere per tutte le stazioni tra Stresa e Mottarone e per quanto pur già noto per la sala dei congressi. Riguardo a sti congressi per ora non si sa. C'è fuori questo avviso, si attende la scadenza e se nessuno viene ? Per ora, il Borgomastro non lo sa. Comunque sono indiero riguardo la stagione, nel Dup manco hanno messo la gara dell'off shore. C'é stato poco tempo per stilar tutti i programmi, dirà poi lo Scarinzi, infatti siamo a marzo e di tempo ce n'é stato. Comunque un'altra perla, ma va, si chiama Verbanella. Se scadono i contratti, si fa finta di niente, è un trucco che funziona, nessuno dice niente e poi si sana il tutto. Da ultimo rammento che anche Palazzola è ancor dentro sto Dup e quanto a Fondazione rimane in previsione e non in scioglimento. Richiesto su sto punto, il nostro Borgomastro sta volta si giustifica: attende un documento che spieghi un po' le cose, sin tanto che non giunge non sa cosa più cos'é che deve fare. Mi fermo giusto qua, son tutte queste cose che son state dibattute, richieste e replicate in sede di riunione e questo è il risultato. Si vota poi alla fine, il Gruppo Severino dichiara non contento di tutte le risposte che ha avuto alla domande e quindi vota un no, preciso e ben deciso, si astiene il Comandante, il resto è senza storia. Tralascio la cronaca di tutto quanto ancora perché non c'é proprio più nulla che valga qualche cosa, ricordo solo che finisce con Baveno l'accordo per il nido. Ci stanno ancora in 4, finiscono quest'anno e poi ? Poi lo si vedrà.

sabato 16 marzo 2019

ALBERGHIERA: ARRIVEDERCI O FORSE ADDIO






Ad inizio di Consiglio di ier sera, il Borgomastro ha prima raccontato com'era andata la giornata di incontri sul tema l'Alberghiera. Ebbene, o meglio male, la giornata non è andata proprio bene. Intanto ha dato una notizia che se non è forse una notizia è certo una conferma: un ente senza soldi, al limite in dissesto, non può mettersi a spendere una cifra che è di milioni circa 12. Sti soldi dove siano non si sa, di certo ad ora non ci sono e questo rinvia tutto il problema a quando non si sa. Nel merito però di dove si dovrebbe invece fare l'Alberghiera, le ipotesi che ieri son state argomentate, ed era ora, hann pure anche trattato la scuola elementare. A leggere la "Stampa" di stamani è stata la Provincia a mettere sul piatto l' ipotesi; a sentire il Borgomastro è stato il Comune ha fare le verifiche del caso. A detta del Bottini l'ipotesi avanzata starebbe poco in piedi in quanto i volumi richiesti dalla scuola, tenendo pur nel calcolo quelli dell'Hospes di adesso, e aggiundone di nuovi alla scuola elementare, non bastano a colmare la richiesta di aule 39 e tutto il resto. A detta del Comune si torna o meglio si rimane all'unica primaria soluzione che è quella dei campetti. Ci manca la strada, questo è vero, ma per quello ci pensa il Borgomastro coi soldi del Comune che però, al momento, manco sa quanti ne occorrono. Se dunque questo è il quadro stiamo freschi. Nel giro di due mesi o forse tre si saprà se l'Ente Provinciale va in dissesto o invece no. Nel tempo che sta in mezzo difficile parlar di queste cose e dopo si vedrà. Passati che sono 13 anni dall'accordo si è come il primo giorno o forse peggio. Un applauso io credo lo meritino un po' tutti. Comunque, per finire, possiamo suggerire di trovare na soluzione un po' da ponte: il Borgomastro trasferisce le scuole elementari nelle medie, sopralzando di un piano una sua ala. Poi prende l'edificio Fogazzaro e lo consegna in comodato alla Provincia. Per ora 19 son le aule, ma intanto si accorpa qualche sede che sta un po' troppo sparsa. E quando poi avranno i soldi faranno forse il resto; non è detto che gli iscritti intanto anche non scendano.

martedì 12 marzo 2019

FINANZIARE GLI UTILI





Nonostante le cortine fumogene che vengono continuamente sollevate dagli addetti al Palazzo per: ostacolare, impedire, ritardare, differire e negare l'accesso ai documenti che la moderna legislazione vuole siano dati ai cittadini per favorire la partecipazione alla cosa pubbloica, nonostante dicevo tutti questi terribili ostacoli, con il modico prezzo di 4 euro la Camera di Commercio ci ha messo a disposizione il bilancio 2017 della società Ferrovie del Mottarone srl . Certo, tutti i bilanci aziendali sono pubblici meno che per il Palazzo che conservandolo in forma stabile nega ciò che altri sono ben contenti di dare. Ma lasciamo perdere e invece andiamo a vedere dentro questo benedetto bilancio, in particolare cosa mai contenga il suo conto economico, cioè le risorse e i costi. Ebbene, l'anno 2017 non è andato poi così male, ma anche il 2018 penso che non sarà di meno. In particolare sono stati staccati biglietti per 1 milione e 767 mila euro, più o meno corrispondenti a 100 mila passaggi. L'aiutino del Comune, quello fatto approvare dal vecchio Cannio è arrivato puntuale come promesso. Sono 139 mila euro che essendo gratis, certamente non si rifiutano. Ma andiamo al sodo, cioè alle conclusioni e vediamo che il risultato economico dell'anno risulta, prima delle imposte, pari ad una cifretta di 406 mila euro, mentre, al netto delle imposte, l'anno si chiude con un utile di 232 mila e rotti euro. Insomma per un'azienda che fattura 1 milione e 918 mila euro, un utile di oltre il 12%; il che non è poco. Saremmo felici se tale risultato economico non fosse stato raggiunto grazie all'inutile contributo concesso dal vecchio Cannio, poiché con il senno di poi, ma anche con quello di prima, è di tutta evidenza che l'azienda sarebbe in utile anche senza questo aiutino di Stato che è diventato un regalo da versare annualmente, ma inutilmente. Un altro modo ( ce ne sono molti) per dissipare i soldi pubblici, cioé le imposte e le tasse che ci fanno pagare e poi raccontano le favole dei soldi che non ci sono.

lunedì 11 marzo 2019

FIRMATO: L'ARCHISTAR

  





Ora che l'oggetto elaborato dalla mente o forse anche solo dalla firma del nostro locale Archistar prende forma e il risultato estetico e funzionale non è più un progetto, ma una realtà, possiamo anticipare una qualche opinione sul tema.Che dire allora? Intanto che il mantenimento di due reliquati del vecchio fabbricato pare essere stata solo un' operazione proprio di " facciata", un tributo, neanche troppo oneroso, anzi non oneroso, versato ad un principio di conservazione, ma che nella sostanza non realizza alcuna conservazione, ma solo una parvenza. Credo sia servito più a giustificare l'impossibilità, peraltro tutta da dimostrare, di realizzare un progetto diverso e più ambizioso e aggiungo più funzionale alla cittadina, piuttosto che altro. Se il vecchio capannone aveva un valore, doveva essere ben diversamene valorizzato e conservato; mi pare invece che la soluzione trovata non soddisfa affatto l' esigenza di conservazione/valorizzazione, ma nel contempo abbia "impedito" di trovarne un'altra. Insomma proprio il risultato cui miravano. Quanto all'oggetto che sta nascendo si commenta da solo. La città dei giardini, anche qui sarebbe tutto da vedere, da verificare e da discutere, dimentica spesso e volentieri l'uso del verde urbano, salvo quando vi sia da decretare, in via d'urgenza, qualche morte presunta di esemplare arboreo. Probabilmente l'uso sapiente del "verde in città" sarebbe servito a mitigare quella roba che sta nascendo. Esempi se ne sarebbero potuti trovare, sarebbe bastato cercarli. Alla fine avremo un prodotto che non avrà in realtà conservato niente e aggiunto un nuovo magari inguardabile. Quanto alla funzionalità dell'oggetto, di parole se ne sono già dette molte. Togliere auto di torno: dalle strade, dai lungo lago, da ovunque, avrebbe dovuto essere un obiettivo qualificante per una cittadina turistica che si vende a caro prezzo e offre pochi servizi adeguati e funzionali. Non è stata colta l'occasione in nome di un principio di lasciar fare e non metterci mai il naso, cioè evitare di governare per assicurarsi l'immortalità. E' stato quindi "ottenuto" il minimo sindacale, mentre la legge consentiva di più e nulla vietava un convenzionamento ed una partecipazione pubblica per un'opera che avrebbe dovuto dare una risposta adeguata ad una esigenza insoddisfatta e ad un progetto ad auto zero che avrebbe premiato sul piano della qualità turistica e ambientale. Non è stato fatto, non sarà mai più fatto, almeno sino a quando saremo in vita.Da ultimo un' annotazione; mentre si è fatta questa fasulla operazione di conservazione di reliquati di archeologia ferroviaria, rimane davanti agli occhi di tutti lo sconcio dell'area della vecchia stazione della ferrovia Stresa/Mottarone. Ancora recentemente è stata sollevata sia presso il Comune, sia presso Rete Ferroviaria, sia presso Fondazione ferrovie storiche questa questione. E' noto che esiste una non risolta questione circa la reale attribuzione della proprietà di parte sostanziale di tale area. Lo stesso Comune aveva commissionato un incarico per ricostruire i passaggi proprietari, mentre ancora nel 2006, Rete Ferroviaria ne rivendicava la proprietà, ora formalmente attribuita ad altri. A che punto è la questione ? Difficile sapere qualche cosa dal Palazzo blindato.

domenica 10 marzo 2019

INTERMEZZO: ULTIMA PARTE






                       “Siamo un po’ in ritardo per tutti quegli imprevisti… io ne farei anche a meno… sul Passo il tempo non è bello e ci arriveremo con il buio.”
“ Ma Curt, solo il tempo di bere un tè caldo… ti farà bene… una breve sosta… ci vuole.“ Era sembrata convincente; Curt non aveva replicato.
Qualche altra interruzione per lavori in corso, qualche altra deviazione, l’ultimo tratto da percorrere in autostrada, finalmente senza ostacoli, e l’indicazione dell’ uscita “Briga” comparve a lato della carreggiata. L’auto imbocca l’uscita senza esitazione, Curt scala le marce del cambio e, rapido, entra in città.
La città è ordinatissima, ossessionatamente pulita, è fredda, ma le luci dei locali già accese la rendono gradevole. Dal parcheggio alla piazza dove si affacciano i saloni dei bar la distanza è breve. Curt e Martina la percorrono con passo affrettato. E’ un piacevole calore che li investe quando oltrepassano la porta di ingresso. I tavolini sono quasi tutti occupati; è l’ora in cui i cittadini, per lo più anziani e pensionati benestanti, sono soliti incontrarsi per un tè e un dolce. Si guardano un po’ attorno; proprio in quel momento una coppia si sta alzando; Curt e Martina aspettano ancora un attimo, poi si affrettano verso quel tavolino appena liberato.
Il servizio è rapido e efficiente; appena prendono posto, una cameriera è già lì che attende l’ordinazione. “ Due tè caldi al limone e due pasticcini… grazie.” Martina era stata anche lei rapida, non aveva neppure consultato Curt, sapeva che a lui gli andava bene così, infatti Curt non aveva obiettato.
Peccato che non ci si potesse attardare in quel locale, l’impazienza di Curt non lo avrebbe permesso. Questa volta una qualche ragione l’aveva, le condizioni meteo non erano buone sul Passo, bisognava valicarlo prima che scendesse troppa neve e farlo al buio non era la cosa migliore.
Il servizio è veloce, il personale del locale sembra quasi, in quell’ora, voler accelerare l’avvicendarsi dei clienti. Alla fine non più di cinque o sei minuti sono il tempo che Martina e Curt impiegheranno a consumare. Rapido poi il passaggio alla cassa da parte di Curt, mentre Martina si attarda un attimo alla toilette. Quando escono l’aria tesa e pulita della vallata accende le luci della piazza, ma non c’è il tempo, tra non molto sarà buio; Curt manifesta di nuovo impazienza e invita Martina ad affrettarsi a salire in auto.
L’uscita dalla città è rapida, le strade sgombre; in breve la Porsche si immette sulla nazionale che sale verso il Passo.
Curt da potenza al motore, il tracciato è di quelli che predilige: tratte pressoché rettilinee e curve abbastanza ampie, un dislivello a salire che si mantiene regolare. E’ scarso il traffico che si incontra in discesa, quasi nullo in salita.
Il piacere della guida sembra, di nuovo, contagiare Curt che sì ha impresso all’auto un’andatura veloce, ma elastica e sciolta, con rallentamenti rapidi e riprese lunghe.
Anche Martina questa volta sembra farsi contagiare; ha nuovamente messo gli auricolari, ma è attenta all’andatura, sembra quasi che la musica a cui si è collegata ritmi il percorso; non si assopisce, è curiosa di quel modo con cui l’auto affronta la salita al Valico.
Il fronte perturbato inizia alle quote più elevate; lì, nella scarsa luce che ancora per poco illumina il cielo, si vede il gioco delle nubi che si formano e che si addensano su verso il Passo e lo nascondono.
Ora sono i fari dell’auto che prendono il posto della luce naturale, mentre la lunga vallata sottostante si stende come un mantello punteggiato di luci. A breve quelle luci si spengono, mentre le nubi si addensano, si arrampicano verso il Colle aggrappandosi ai pendi, circondando e invadendo la corsia percorsa, velocemente, dall’auto di Curt.
Qualche raro primo fiocco di neve che i fari illuminano mentre impazza nell’aria, qualcuno si infrange sul parabrezza ancora asciutto. Martina ora sembra preoccuparsi un poco: “ Curt, non ci saranno problemi… manca molto ? ” “ Tranquilla… ” Ora le parti sembrano scambiarsi; è Curt che diventa rassicurante. “ Non manca molto al Colle… fra breve iniziano le gallerie artificiali… non ci saranno problemi, ma abbiamo fatto bene ad affrettarci.”
Gli ultimi cinque chilometri sono in effetti quelli più tranquilli, tutti in galleria che l’auto, quasi rodata dalla precedente salita, supera in breve.
Ma sul Passo è tempesta; il vento spinge forte, la visibilità è scarsa; Curt deve rallentare, ma il fondo stradale non ha accumulato ancora una quantità di neve che lo possa impensierire. Martina si leva gli auricolari, ora è tesa, fissa la strada seminascosta dalla bufera di vento e di neve che sta investendo il Passo, gira lo sguardo verso Curt, quasi a interrogarlo, ma tace, non vuole distrarlo, si augura che il momento passi in fretta. Le luci dell’ospizio si intravvedono appena, sulla sinistra, è il segno che l’auto è quasi arrivata al punto dove si scollina verso il confine Italiano; inizia la discesa.
Curt procede con cautela, per esperienza sa che è sul Colle che le condizioni meteo sono le peggiori e quindi confida che iniziando la discesa migliorino. Non ha torto; dopo un paio di chilometri, forse meno, la tormenta lentamente si placa, la neve cade con discreta intensità, ma la visibilità è migliorata, il fondo stradale è coperto da pochi centimetri di neve asciutta e farinosa e l’auto procede senza fatica. Martina sembra più rilassata, abbandona lo sguardo che sembrava fissato sulla carreggiata e ora si distrae. Il tratto stradale sono gallerie artificiali, Curt le attraversa spingendo sulla velocità, il confine ormai non è molto lontano e alle strette di Gondo la neve si trasforma in pioggia battente.
Sulla destra, poco prima del posto di controllo, c’é la stazione di rifornimento; Curt rallenta e accosta: “ voglio fare il pieno.” Sono le uniche parole che pronuncia; Martina si sta districando con i fili degli auricolari e quasi presa di sorpresa dalla fermata, se ne libera rapidamente come se si accingesse, pure lei, a scendere, poi desiste. La sosta è breve, il tempo per il rifornimento. Curt si dirige alla cassa, due minuti, non di più, la portiera si riapre, il rumore sordo del chiudersi, il tempo di mettere la cintura di sicurezza e l’auto riparte.
Nessun gendarme sta presidiando in quel momento il posto di controllo Svizzero e l’auto lo supera accelerando in direzione di quello Italiano. Qui i due finanzieri in servizio però compiono alcune formalità di controllo: i documenti di entrambi, la richiesta se mai abbiano qualche cosa da dichiarare, quale sia la loro meta. A sentire la risposta, i due si guardano un attimo tra loro e, con un appena accennato sorriso, restituiscono i documenti indicando il via libera.
La pioggia non cede, l’auto riprende la discesa verso la valle, alla fine si arriverà al lago, quasi un’altra ora di viaggio; i commenti di Curt non sono benevoli riguardo le condizioni stradali, tutt’altro che benevoli, sembra che abbia trovato un nuovo e questa volta valido motivo per lamentarsi. Martina lo asseconda: “ Curt, hai perfettamente ragione, questa strada è impossibile, ma lo sai siamo in Italia … pazienza.”
Più avanti la pioggia diminuisce; la traversata della valle procede dentro una serata buia, debolmente illuminata dalle scarse luci dei paesi che si incontrano in lontananza scendendo verso il lago. E’ scarso il traffico nei due sensi di marcia, l’auto ha un lieve sobbalzo ogni volta che si imbatte in una delle tante buche che si sono aperte nel manto stradale, l’imprecazione di Curt non manca mai.
Martina, dimenticando un po’ la prudenza, ha acceso lo smartphone e, come sempre accade al passaggio di frontiere, messaggi in serie arrivano dal gestore telefonico. “ Disturbo?… Se no spengo subito...” Curt non risponde, lasciando Martina indecisa.
Ormai si sta percorrendo la bassa valle, ancora qualche chilometro e sarà la volta del lago. L’indicazione uscita per la SS 34 non tarda, l’auto si infila nella corsia e dopo un’ampia curva è sulla Statale. Qui il traffico è intenso, i rallentamenti continui, ma ormai manca poco.
Sono da alcuni minuti passate le diciannove; l’orario di partenza del ferry è alle 19 e 15, la pioggia e il vento spazzano il piazzale d’ imbarco. Curt accosta alla corsia di sosta, non dice nulla, apre e scende; va veloce verso la biglietteria. Passati due, tre minuti al massimo, riattraversa sotto la pioggia la distanza che lo separa dall’auto, risale e consegna i biglietti a Martina. Dice soltanto che la partenza sarà tra quattro minuti. Riavvia, davanti a loro c’è un tir che si sta imbarcando, dietro a loro non c’è più nessuno. Sono all’inizio del pontile; a lato, sulla loro destra un marinaio coperto da un’ incerata blu notte, insieme ad un altro collega che sta sulla sinistra ma un poco più avanti, controlla i biglietti. Arrivati accanto Curt ferma e Martina abbassa il finestrino, quel poco necessario per far passare i biglietti. Il marinaio si china leggermente all’altezza del finestrino e incrocia lo sguardo di Martina. Anche Martina incrocia lo sguardo del marinaio, vede che è un giovane, avvolto in quell’incerata e sotto quella pioggia battente le prende una sorta di tenerezza. Ha una leggera e incolta barba rossiccia, gli occhi sono luminosi, altro Martina non può cogliere in quel breve momento e nel buio della serata, una breve scossa l’attraversa, niente più, ma è ciò che basta perché la colga il dispiacere di una vita come era stata sin lì, e la nostalgia di una vita che non aveva avuto.
Gentile, con un accennato sincero sorriso, il marinaio restituisce i biglietti, ringrazia e invita a seguire il tir, mettendosi proprio dietro. Martina lo ricambia.
E’ l’ultima auto che s’ imbarca; il ponte di coperta non è completamente occupato, ma la presenza del tir, messo al centro, isola l’auto di Curt rispetto alla altre autovetture che stanno parcheggiate più avanti, verso la prua. La pioggia continua e non appena mollati gli ormeggi e percorse le prime centinaia di metri, il vento rinforza, spinto da nord verso il centro del lago. I marinai hanno lasciato il ponte e sono andati nel loro alloggiamento; qualche passeggero, senza il seguito di auto, sta nel salone superiore, degli altri non sembra neppure via sia traccia, pare che nessuno abbia voglia di affrontare la pioggia e il vento e tutti se ne stiano negli abitacoli delle proprie auto. Nessuno scende neppure dal tir. D’altra parte la traversata dura poco più di 15 minuti, è quelle condizioni di cattivo tempo non invitano a scendere sul ponte.
Curt è silenzioso, fa solo alcune previsioni circa il tempo che ancora dovranno impiegare per arrivare a destinazione; Martina sembra nuovamente essersi imbrogliata con i fili degli auricolari, vorrebbe fare un po’ d’ordine, quasi fosse già imminente l’arrivo.
C’è un leggero rollio causato dal moto ondoso che prende di lato il ferry, quando questo rollio aumenta ancora, la rotta viene corretta per attenuarlo, ma così il tempo della traversata durerà qualche minuto di più.
A Martina lo sguardo di quel marinaio ritorna, ci ripensa anche senza volerlo, insieme a quello sguardo ritornano il dispiacere e la nostalgia. Quasi le prende il desiderio di rivederlo, sa che è una sciocchezza, ma sa anche che è tutto lì e che a nessuno può fare del male.
“ Senti Curt, io scendo a prendere un po’ d’aria, tanto ho la giacca a vento, non importa se piove.” “ Non fare stupidate, non è proprio il caso, non vedi che nessuno è sul ponte.” “ Ma no Curt, soltanto un attimo… se tu non vuoi venire è lo stesso.”
Martina non aspetta la risposta, scende senza altro preavviso. Appena ha messo piede sul ponte di coperta, il vento e la pioggia la investono, ma è piacevole la sensazione che prova. Un rapido sguardo, ma non vede nessuno, il tir sta appena davanti, poi vengono tutte le altre auto parcheggiate con ordine e rivolte verso la direzione di sbarco. Fa alcuni passi verso la poppa dove il ponte è sgombro; vede il porto di partenza ormai in lontananza, il lago è scuro, le luci costiere sono tenui, il rumore dei motori ritmano l’avanzamento del ferry che taglia al mascone le onde che sopraggiungono da nord. Si ferma in mezzo al ponte e sulla linea segnata quale limite di accesso per i passeggeri. Ancora una volta il dispiacere e la nostalgia la prendono. Sente il segnale di un messaggio che proviene dal suo smartphone. Non si cura di avere attenzione, Curt sta in auto; lo legge, poi cerca sulla rubrica un nome e chiama.
Una mano glielo strappa di dosso. E’ un colpo tremendo che la colpisce all’altezza dei reni, ne piega la forza e le toglie il respiro. E’ talmente violento che la sbalza giù dal ponte. E’ dentro l’acqua, il dolore di quel colpo si aggiunge a quello del soffocare, è come se una mano le chiudesse la gola. Sente il freddo dell’acqua che la stringe, ma va sotto, è confusa. Il rumore del ferry l’assorda, per un attimo ritorna a galla, ma è solo un attimo ed è di nuovo sotto, il ferry si allontana.
Curt è diventato un assassino, ha soppresso una vita cui diceva di volersi dedicare; per un attimo il suo cuore si è fermato e il sangue gli si è congelato. Fissa il buio dell’acqua che si allontana con il corpo di Martina seppellito dentro, è attraversato da un fremito freddo, gelido, di ghiaccio.
Si ritrova seduto dentro l’auto senza neppure accorgersene, scatti involontari attraversano le sue membra, la testa gli esplode, vede il corpo di Martina precipitare dal ponte, si piega sul volante, lo stringe con le mani che non sente più...
Un rumore lo scuote, il tir ha un sobbalzo, il motore dell’autocarro si accende, lo sbarco è in corso.
Curt è un automa, avvia l’auto, segue il tir a pochissima distanza, la pioggia è intensa, la visibilità scarsa, il ponte è attraversato da raffiche di vento e di acqua. Il tir è già sul pontile, Curt gli sta dietro, i marinai sono alle manovre ai due lati del ferry. La Porsche attraversa la passerella di sbarco; il giovane marinaio è sul lato di destra, quando vede passare l’auto alza un attimo lo sguardo e accenna un saluto, l’auto ha attraversato e già si allontana.
Il buio, la pioggia intensa, il vento, i vetri oscurati; era difficile in quelle condizioni vedere bene e con certezza, ma mentre l’auto è già oltre il giovane marinaio è attraversato da un dubbio. Guarda ancora per un momento l’auto sin tanto che sparisce oltre la prima curva. Ha impresso anche una parte della targa: “CT 492…” . E’ solo un dubbio, forse solo una curiosità e impegnato nelle manovre in quella sera di lago tempestoso, presto allontana quel pensiero.
E’ una bella giornata di febbraio, le luci alla fine della mattina sono radiose; il cattivo tempo dei giorni precedenti ha lasciato molta nuova neve sui versanti più elevati delle montagne che fanno corona al lago. Tomy, il giovane marinaio, così lo chiamano gli amici, fra breve inizierà il proprio turno di lavoro a bordo del ferry sulla rotta che unisce le due sponde. Seduto al bar dell’imbarco sta sfogliando un quotidiano locale; alla pagina della cronaca estera c’é un piccolo articolo dal titolo: “Lugano: giovane donna è scomparsa. Il compagno ne ha denunciato la sparizione.” Il marinaio prosegue la lettura dell’intero articolo e dopo ogni parola la sua attenzione e il suo stupore aumentano:
“La giovane donna era rientrata al suo domicilio nella serata di lunedì scorso. Reduce da una settimana di vacanza sulle nevi in Francia, era stata accompagnata a casa sua dal compagno. Quest’ultimo l’aveva aiutata a scaricare i bagagli e l’attrezzatura da sci, che infatti sono stati ritrovati nell’abitazione, poi l’aveva salutata e aveva raggiunto la propria dimora. Il giorno successivo la giovane non aveva risposto alle sue chiamate, ma la segreteria telefonica lo invitava a lasciare un messaggio. Dapprima il compagno non si era eccessivamente preoccupato, non essendo la prima volta che succedeva, ma poi si era allarmato sino al punto di denunciarne la scomparsa. La giovane appartiene ad una famiglia della ricca borghesia finanziaria di Lugano, con importanti relazioni nel mondo economico e bancario. Al momento ogni ipotesi è ritenuta possibile.”
Terminato lo rilegge ancora e il sudore e lo sgomento lo prendono. Rivede passare quell’auto al momento dello sbarco, ricorda i primi tre numeri della targa, ma ricorda ancor di più il momento in cui, con gentilezza, una giovane donna gli aveva consegnato i biglietti all’imbarco e poi quel sorriso che aveva mostrato quando lui glieli aveva riconsegnati.
Lo smarrimento lo prende, vorrebbe subito confidarsi con qualche collega di lavoro, parlare con il suo comandante, chiedere loro cosa gli consiglino di fare o cosa debba fare.
Passano diversi minuti senza però fare nulla; riflette, cerca di riordinare tutti i ricordi intorno alla traversata di quella sera, esce e all’edicola lì vicino compra una copia del quotidiano. Rilegge ancora l’articolo; più legge e più si convince che forse durante la traversata era successo il peggio.
Manca ancora una mezz’ora all’inizio del turno, l’equipaggio è già in sala di attesa, Tomy entra, cerca il comandante, chiede di potergli parlare in privato.
Il Commissario Valenzi riceve una telefonata sul numero del proprio cellulare. Il Comandante Ottoni della Navigazione Laghi gli parla di quello che un suo marinaio gli ha appena raccontato.
” Direi proprio di sì, assolutamente di sì; gli dia un permesso speciale, lo mando a prendere subito da una nostra auto, grazie infinite.”

F I N E 

venerdì 8 marzo 2019

INTERMEZZO II PARTE

II PARTE


Quella mattina era dunque iniziata tardi, complice la baruffa della sera precedente; l’ora fissata per la partenza lasciava ampio margine di tempo per fare tutti i preparativi in assoluta calma.
Anche il meteo non invogliava di certo ad uscire: quel solito tempo incerto, più propenso a “minacciare“ ancora la caduta di un po’ di neve che a promettere che il cielo si sarebbe sgomberato dalla coltre di nubi che lo coprivano.
Se non ci fosse stata la partenza di mezzo e quella maledetta litigata, forse la giornata avrebbe potuto diventare quella giusta per passarla tutta dentro le mura dell’appartamento, ma bisognava partire e questo troncava qualsiasi altro progetto.
Lentamente, comunque, prima Martina, poi e anche più lentamente Curt, ciascuno ignorando la presenza dell’altro si erano alla fine decisi di alzarsi. Ciascuno si era attardato nel proprio bagno personale più a lungo del solito, Curt ne era uscito per primo, andando poi in cucina a preparasi un caffè.
A differenza di altre volte non aveva dato la voce a Martina, non le aveva chiesto se mai volesse che le preparasse qualche cosa per la colazione, l’aveva ignorata come se non ci fosse. Martina l’ aveva notato. Lei aveva indugiato ad uscire dal bagno; si sarebbe aspettata una qualche parola da parte di Curt: le avesse dato anche soltanto un mezzo saluto, le avesse domandato di prepararle qualche cosa per la colazione. No, non era arrivato alcun segnale. Curt era rimasto in assoluto mutismo; ad un certo punto aveva acceso la radio cercando un notiziario sulle previsioni meteo e dopo averle ascoltate l’aveva lasciata accesa sul medesimo canale che trasmetteva una rubrica su di un argomento che certamente non gli era di alcun interesse.
Che dunque quella mattina non avesse alcuna voglia di rompere per primo il silenzio, questo dovette essere subito chiaro a Martina che, indugiando ancora un poco nel bagno, cercava di farsene una ragione, chiedendosi se forse non sarebbe stato meglio essere lei a muovere il primo tentativo.
Quando uscì un tentativo lo fece avvicinandosi a Curt che nel frattempo aveva finito di consumare il caffè, sussurrandogli un saluto. Non parve infastidito, neppure apparve entusiasta, piuttosto indifferente, anche se in qualche modo ricambiò quel saluto accennando un appena pronunciato: “buon giorno”.
Anche Martina si mise al fornello per prepararsi un tè che forse, nelle sue intenzioni, avrebbe potuto riscaldare un poco l’inizio gelido di quella giornata.
Così, piano piano, la vita sembrava rimettersi in moto dentro l’ambiente protetto di quel bell’appartamento; senza scosse, silenziosamente, persino si sarebbe detto rispettosamente.
Terminate le due parche e separate colazioni, Martina si prendeva l’onere comune di riordinare la piccola cucina; Curt incominciava a riporre nel suo capace trolley i propri indumenti, con cura, con attenzione, senza apparente fretta. Ogni tanto chiedeva a Martina dove mai fosse qualche cosa che non trovava. In queste circostanze sembrava impazientirsi, infastidito dalle risposte di Martina che si limitava a dire di averli visti lì. Quel “lì” non sembrava proprio sopportarlo, tuttavia alla fine trovava sempre le cose che aveva smarrito e la collera che saliva si placava.
Martina non pareva voler condividere i preparativi dei bagagli. Ognuno aveva i propri e anche se la camera era in comune, era più propensa attendere che Curt terminasse di preparare i suoi. Così fece, ingannando il tempo con l’attardarsi in bagno.
La voce di Curt che improvvisamente disse: “scendo a caricare la macchina”, seguita dal rumore secco della porta di ingresso, la indusse però ad affrettarsi e, impossessatasi della camera rimasta libera si accinse, a sua volta, a preparare il trolley. Non impiegò molto tempo, voleva fare tutto prima che Curt tornasse così che non avesse nulla da dire e di cui lamentarsi.
Sapeva che era meticoloso, preciso, insofferente, che non tollerava ritardi quando erano degli altri e visto come la mattina era iniziata, la cosa migliore era non dare alcun pretesto o occasione per una sua qualche reazione.
Di buono c’era che quella mattina era iniziata tardi, il tempo stava passando veloce e la permanenza nell’appartamento non sarebbe durata più a lungo. Tutto ciò rendeva più sopportabile la situazione per Martina a cui l’idea che presto sarebbero usciti in mezzo alla gente, ripercorso ancora una volta il solito passeggio e che si sarebbero fermati in un bar in attesa della partenza, non dispiaceva. Avrebbe evitato un contatto troppo diretto con il suo compagno, cosa che riteneva utile per ricondurre a normalità il loro rapporto.
Di nuovo lo sbattere di una porta, quella di entrata, richiusa dopo che era stata aperta senza nessun preavviso. Martina avrebbe voluto dire qualche cosa, far notare che forse non era il modo migliore per irrompere in casa, ma si trattenne.
“Sei pronta? Hai preparato il trolley? Curt non aggiunse neanche una parola in più mentre si dirigeva in bagno. Il lavarsi sempre le mani, dopo che le aveva usate per qualunque cosa, era anche questa una sua abitudine, quasi una mania, cui difficilmente si sottraeva. Martina rimase un attimo ancora in silenzio... perplessa; si sarebbe aspettata qualche altra parola, invece soltanto quella brevissima richiesta, fosse stata lei l’oggetto da caricare sulla macchina.
Ora Curt sembrava avere molta fretta. Uscito dal bagno si guardò intorno come cercasse il trolley. “ Non è ancora pronto? dov’è ?… facciamo in fretta...dai.”
Cosa mai fosse successo da dover accelerare in quel modo i preparativi per la partenza, questo non era ben chiaro. In realtà non era successo proprio nulla e il tempo a disposizione era ancora molto ampio da non giustificare la fretta che sembrava essersi impossessata di Curt. Martina comunque voleva mantenere fermo l’impegno che si era presa con se stessa di evitare ogni possibile occasione che potesse far innervosire ancora di più il suo compagno. Rispose che il trolley era pronto e che se volesse lo caricasse pure sulla macchina.
Curt, rapidissimo, lo prelevò dalla camera e uscì nuovamente, sbattendo la porta. Martina ne approfittò per prepararsi a lasciare l’appartamento.
L’abbigliamento che aveva scelto era quello abituale del dopo sci, ingentilito da un qualche accessorio; questi ultimi erano prodotti di bigiotteria, adeguati a quel tipo di vacanza, facevano comunque una bella figura senza che fossero di valore; una preoccupazione in meno durante il soggiorno, quella di non dover occuparsi della loro custodia.
Martina lo seguì, non pensava che sarebbe risalito; stante l’ora, il passaggio al bar sarebbe stato più che opportuno.
L’auto, una Porsche coupé, era nel parcheggio della palazzina; nonostante le condizioni stradali e quelle meteorologiche, era tirata sorprendentemente a lucido. Curt aveva avuto il tempo di andare alla stazione di autolavaggio. La cosa non sarebbe servita più di tanto, pochi chilometri di percorso e l’auto sarebbe ritornata nelle condizioni appena precedenti, ma Curt era così, era preciso, ripetitivo, un perfezionista; non avrebbe sopportato di partire con la macchina che non fosse stata in perfetto ordine.
Almeno questa volta il rito del lavaggio delle mani si giustificava.
Per Martina non era una novità; il suo fu quindi un impercettibile moto, non tanto di sorpresa, quanto di conferma e avvicinatasi, questa volta prese l’iniziativa invitando Curt che ancora indugiava, a seguirla al non lontano salone da bar.
Già da un po’ di tempo aveva smesso di cadere quella leggera neve che aveva accompagnata l’inizio della giornata. Verso sud la coltre di nubi che copriva il cielo dava segnali di aprire degli squarci, una qualche finestra attraverso cui passava il colore del cielo. Era poco, ma bastava perché Martina sentisse come un respiro entrarle dentro, risollevare il suo umore, ridarle la speranza che il resto della giornata sarebbe stato meno triste.
Il centro del piccolo borgo non era lontano; vi giunsero con passo celere, quasi entrambi volessero evitare l’atmosfera di intimità che il procedere più lentamente avrebbe potuto far nascere. La scelta del locale era obbligata; a quell’ora e in quel giorno non era il caso che si attardassero a cercarne qualcuno nuovo. Si diressero verso quello più centrale, vi erano stati già diverse volte e, senza neppure consultarsi, entrarono.
Un tavolo d’angolo, abbastanza appartato, un poco riservato, ma nello stesso tempo non troppo separato dagli altri. Sembrava una scelta opportuna, una posizione strategica per evitare che una qualche discussione tra i due potesse degenerare. Anche questa fu una scelta non concordata, ma condivisa.
Curt quella mattina aveva comperato il giornale: l’Agefì, un quotidiano economico stampato a Losanna che era riuscito a trovare nell’edicola locale e la prima cosa che fece dopo essersi accomodato fu quella di aprirlo e di sfogliarlo.
A Martina non rimase che consultare la lista del menù. Non c’era modo migliore per ignorarsi che fare ognuno una cosa diversa, ma che date le circostanze potevano sembrare cose assolutamente compatibili. In fondo qualcuno ben avrebbe dovuto scegliere che cosa consumare e se qualcun altro nel frattempo fosse stato visto sfogliare un giornale, sarebbe stata la cosa più normale.
Superare momenti difficili di una relazione di coppia con piccoli espedienti, anche banali, in fondo era l’unico modo per cercare di evitare continui contrasti. Lo scontro della sera precedente, se nell’immediato aveva lasciato la coppia in uno stato di apparente quiete, in realtà non era stato ancora superato. Ognuno dei due lo sapeva e lo capiva benissimo. Non era facile superarlo emotivamente, ricucire ciò che era stato strappato, rientrare in una normalità di rapporto che cancellasse decisamente e completamente l’accaduto. Ci voleva tempo anche in condizioni normali, ma la coppia non stava vivendo condizioni normali. Ciò che era accaduto non era un episodio singolo, ma un momento di picco dentro un percorso perturbato.
Emergevano i singoli tratti caratteriali che anziché avvicinare rischiavano di separare le loro vite: quelle tendenze un po’ maniacali di Curt che, alla lunga, insinuavano in Martina più di un dubbio, una perplessità sulla reale natura del suo compagno; quella sensibilità fors’anche eccessiva di Martina che rischiava di dover subire più che riuscire ad essere riferimento di un equilibrio che Curt cercava senza trovare .
Non ci fu discussione; la scelta del menù fatta da Martina ottenne un rapido assenso da parte di Curt, forse anche troppo rapido; avrebbe potuto sembrare un assenso infastidito che la lettura del quotidiano riusciva a mala pena a nascondere.
Due aperitivi con uno stuzzichino, poi due tramezzini, alla fine due caffè lunghi, nulla di più quasi fosse subentrata la fretta di concludere, di non attardarsi a rimanere al cospetto uno dell’altro.
Una situazione che Martina sembrava ora rassegnata a dovere sopportare anche durante il tempo del viaggio che doveva affrontare. I silenzi, le pause lunghissime, il giornale quotidiano come un alibi; tutto sembrava cercato per evitare che quei momenti di obbligata convivenza si traducessero tra i due nella costruzione di un muro di separazione.
Anche la cameriera assegnata al loro tavolo pareva avesse colto quella sottile tensione che si misurava tra loro. L’aveva tradotta in una sorta di prudente imbarazzo con il quale si era rivolta per prendere le ordinazioni; una titubanza eccessiva che si era mutata in evidente sollievo quando Martina aveva velocemente dettato l’ordinazione.
Se l’ordinazione era stata veloce, altrettanto rapido fu il servizio. L’aperitivo avrebbe potuto essere il momento di una rottura della tensione, la prova del ristabilimento di rapporti apparentemente normali. Ci provò Martina interrogando Curt su quanto stesse leggendo. Una risposta vaga, imprecisa, laconica, quasi non ci fosse nulla che meritasse, a dispetto dell’attenzione con la quale, invece, sembrava concentrato su quelle pagine. No… il tentativo era fallito; Martina non parve sorpresa, piuttosto rassegnata.
Dunque anche questo momento che avrebbe potuto segnare se non una riappacificazione, almeno una tregua, era invece finito nel fallimento di ogni buon intenzione.
A guardarla dall’esterno la coppia sembrava ora più che mai preoccupata di terminare ogni cosa stesse facendo, quasi che il momento successivo potesse costituire motivo di migliorare il rapporto. In realtà era un accelerare quello della partenza; il desiderio che a questo punto accomunava entrambi di concludere al più presto la settimana di vacanza e di tornare ciascuno alle proprie abitazioni e alle proprie occupazioni.
Non c’era altro modo di uscire da quella situazione; ci voleva una tregua nella loro frequentazione diventata intollerabile. Non importa se Martina fino a poco prima avesse creduto diversamente; la rassegnazione in cui era caduta si era modificata nella convinzione che quella fosse la soluzione e che soltanto riprendendo il ritmo della vita quotidiana si potesse ristabilire la normalità di un rapporto.
“ Andiamo.” Curt non voleva perdere tempo; bevuto il caffè aveva, finalmente, ripiegato il quotidiano e mostrato l’intenzione di alzarsi. Martina non aveva opposto nulla, lo aveva seguito alla cassa e poi all’uscita.
L’incertezza del tempo permaneva, ma quegli squarci del cielo nella direzione del sole lasciavano ad alcuni raggi raggiungere il breve tratto di strada che attraversava il centro del borgo alpino e l’affrettato ritorno della coppia verso casa per la definitiva partenza, che poco prima pareva la soluzione, ora aveva in Martina il sapore della nostalgia che prende l’ abbandono.
Avrebbe voluto rallentare il passo, sentire ancora un poco il calore di quei raggi che avano la sembianza di un beffardo saluto, guardarsi attorno, gustare la bellezza serena di quel borgo, ma Curt non pareva disposto. Il suo passo non aveva rallentato, la direzione non aveva subito deviazioni; ormai il suo interesse era partire, probabilmente al più presto.
L’ultimo passaggio nell’appartamento; la preoccupazione assillante di non dimenticare nulla. Le uniche parole che aveva rivolto a Martina riguardavano questa sua maniacale attenzione. Da ultimo aveva sistemato le due paia di sci nella rastrelliera della parte posteriore dell’auto.
Sembrava tutto pronto; era già salito in auto, poi di nuovo era sceso, aveva verificato un’altra volta che gli sci fossero al loro posto, ben affrancati; Martina, già seduta, aveva aspettato attraversata dal solito sospetto e anche dalla solita rassegnazione.
Il viaggio sarebbe durato l’intero restante pomeriggio; nella prima serata, avrebbero valicato il Passo, poi ancora un po’ più di un’ora e mezza e sarebbero arrivati all’imbarco per compiere la traversata, all’incirca 15 minuti la sua durata, poi un’altra ora per l’ultima tappa; un po’ meno di 5 ore , questo era il tempo previsto per il viaggio.
Il meteo era dato incerto nella prima tratta, quella francese; il Vallese veniva però previsto sgombero di nubi, ma man mano che il Passo si sarebbe avvicinato le previsioni peggioravano, per passare decisamente al brutto, valicato che fosse stato.
Curt non era un cattivo guidatore, anzi. Se lo si può chiamare un difetto, non concedeva mai a Martina, che pure era brava, di condurre. Era geloso della sua auto, forse non senza una qualche ragione visto quanto gli era costata. Forse non avrebbe dovuto adoperarla per fare quel viaggio, sarebbe stato più indicato, vista la stagione, usare il suv, che pure aveva. Ma Curt era fatto così, gli piaceva molto condurla e non voleva rinunciare all’occasione di fare quei due viaggi, di andata e ritorno, su di un percorso vario che avrebbe ben messo a buona prova tutte le capacità di cui l’auto e anche lui, erano dotati.
Martina non aveva obiettato, conoscendolo non ne avrebbe tratto un benché minimo risultato, quindi anche a lei aveva dovuto andare bene così; in fondo, stante il veto posto a che guidasse, alla fine la cosa le stava indifferente.
Il fondo della route de Montet era pulito, perfetto; non c’era già più traccia dell’ultima nevicata; dopo i primi e unici tornanti scendeva con pendenza regolare, alternando tratte rettilinee con rapide serpentine, il divertimento di un buon pilota, ed anche il fatto che non fosse eccessivamente larga era un elemento di difficoltà che non disturbava affatto, ma teneva desta l’attenzione del guidatore.
Il paesaggio alpino era piacevole: boschi di conifere ricoprivano entrambi i versanti della valle; poche erano le costruzioni che si incontravano a lato della carreggiata, il traffico era scarso, per lunghe tratte assente e il sole continuava quel gioco infilando i raggi nelle brecce che le nubi, di tanto in tanto, aprivano. Erano raggi caldi a quell’ora del giorno e penetravano nell’abitacolo dell’auto. Martina non pareva per nulla infastidita, anzi quando in quegli attimi la luce del sole la illuminava, piegava leggermente il capo di lato, quasi ad appoggiarla sulla sua stessa spalla come volesse sentire il calore e farsi accarezzare.
Anche a Curt la strada sembrava far bene. Conduceva l’auto con scioltezza, con elasticità e senza strappi. Accelerava nelle tratte rettilinee sfruttando bene la potenza del motore, calava di un passo il cambio quando affrontava le serpentine o all’avvicinarsi dei rari tornanti. No, non era una guida nervosa. A dispetto di come si era comportato durante la giornata, ora pareva un altro. Dire che si stesse divertendo era forse troppo, ma quel percorso e quell’auto gli regalavano una calma e un rilassamento che, raramente, conosceva.
No, tuttavia la conversazione tra i due non era ripresa. Solo poche parole; comunicazioni di servizio si sarebbero potute chiamare: “ Martina, guarda quanti chilometri dobbiamo fare… Martina, siamo sicuri di non aver dimenticato nulla?” Quest’ultima era proprio una preoccupazione ossessiva. “ Sono le 14,30 Curt, mancano 420 chilometri… in Italia piove… sul Passo c’é un po’ di tormenta… No, tranquillo, abbiamo preso tutto… non c’era proprio più niente, ho guardato molto bene.”
Il piacere del viaggio, almeno nella sua tratta iniziale, pareva però aver positivamente contagiato entrambi e questo, al momento, faceva dimenticare le loro frizioni. Si sarebbe potuto guardarli anche con una certa invidia: una bella macchina, due persone giovani e ben vestite, di classe agiata, nessun segno apparente di disagio; persone fortunate si sarebbe potuto dire.
La prima tappa, Martigny, non era lontana; passata la frontiera senza che nessuna formalità fosse stata loro richiesta dai distratti gendarmi Svizzeri che la presidiavano, la strada procedeva con un andamento non diverso da quello della tratta Francese, poi un qualche lungo tornante, già in vista della cittadina, e da lì a poco un cartello indicava l’entrata nella località.
La conoscevano bene, non vi era dunque alcun particolare motivo per una sosta, semmai più oltre.
La previsione meteo veniva piacevolmente confermata; l’intera vallata Vallesana appariva sgombra di nubi e anche se erano da poco già passate le 15, il sole, nonostante la stagione, era ancora abbastanza alto e infilava i suoi raggi dalla direzione del confine illuminando la valle. Più in alto, guardando in direzione del Passo, si intravedevano alcuni addensamenti nuvolosi, ma erano l’unica avvisaglia del cattivo tempo che avrebbero trovato scendendo verso l’Italia.
Il percorso ora mutava decisamente rispetto a quello alpino; il traffico molto più intenso, meno fluido e meno veloce del tratto precedente. C’erano tratte autostradali in cui ci si poteva immettere, ma obbligavano, a volte, a intraprendere fastidiose deviazioni per immettersi e poi per uscirne.
A Curt tutto ciò infastidiva; la sua guida era diventata meno fluida, più nervosa; un’accelerata troppo veloce, cui faceva seguito un rallentamento altrettanto rapido; niente a confronto della piacevolezza del percorso alpino.
Martina mostrava più accondiscendenza; non pareva che le mutate condizioni di guida la infastidissero,era come assopita, aveva messo gli auricolari e, probabilmente, stava ascoltando musica collegata al suo smartphone.
Sapeva che Curt non amava la musica, men che meno lo smartphone; voleva evitare di disturbarlo o meglio di turbarlo e dopo la scenata della serata precedente si era ripromessa di stare molto attenta. Sapeva però che ascoltare musica con gli auricolari era una cosa che Curt tollerava e non era la prima volta che lo faceva.
L’attraversamento del Vallese avrebbe occupato il tempo di circa un’ora e mezza; se non vi sarebbero stati intoppi o imprevisti, sarebbero arrivati a Briga all’incirca poco dopo le 16,30.
No, le condizioni stradali e di traffico non cambiavano di molto e in meglio via via che l’auto percorreva chilometri: troppi rallentamenti, molti cantieri stradali, diverse deviazioni, poche tratte autostradali ultimate dove si poteva sperimentare una maggior velocità e scorrevolezza.
Anche Curt, dopo una serie di iniziali commenti negativi, sembrava essersi rassegnato a dover compiere quella lunga tratta stradale in quelle condizioni affatto piacevoli.
Martina non aveva mai dato una risposta alle lamentele del suo compagno, ma aveva sempre assentito, con un leggero accenno del capo, tutte le volte che Curt si era pronunciato. Forse era stato sufficiente anche solo questo perché si convincesse delle sue ragioni, tanto da essere condivise, con quel lieve cenno, anche da Martina.
C’era però la successiva tratta alpina che già Curt pregustava. La salita al Passo, piuttosto che la successiva discesa, era ciò che lo allettava; sul valico le condizioni meteo non sarebbero state le migliori, ma la qualità del percorso era indiscussa e le lunghe tratte in gallerie artificiali garantivano una buona percorrenza anche in presenza di qualche precipitazione nevosa. Quindi che avesse pazienza, poi sarebbe stato ripagato, ampiamente, dalla fatica di dover attraversare il Vallese tra deviazioni, rallentamenti e cantieri stradali.
L’irritazione di Curt comunque di tanto in tanto si manifestava ancora, in genere con commenti negativi sulle condizioni della viabilità; non si rivolgeva direttamente a Martina, sembrava quasi ne ignorasse la presenza come se parlasse solo con se stesso. Martina non era di meno; forse si era veramente assopita, favorita dall’ascolto della musica e dal tepore dell’abitacolo dell’auto.
Così procedeva il viaggio ormai prossimo a Briga dove, secondo il programma, era prevista una sosta.
La strada era entrata nel cono d’ombra che i versanti montani proiettavano sul fondo valle mentre i raggi del sole declinavano velocemente preannunciando il sopraggiungere della serata. Il cielo ancora limpido e sereno ritardava però di un poco l’arrivo delle tenebre, mentre sempre più si addensavano le nubi in direzione del Passo.
Martina aveva staccato gli auricolari, sembrava essersi anche piacevolmente destata dal riposo con il quale aveva, sino a quel momento, accompagnato il viaggio.
“Curt, ci siamo, manca poco ? Ci fermiamo per un tè in centro come avevamo detto ? ”
La risposta non era delle più entusiaste. Il ritardo che il viaggio aveva cumulato a causa di tutte le interruzioni e deviazioni, sembrava stesse facendo cambiare idea a Curt.

CONSIGLIO DI PRIMAVERA









CITTA’ DI STRESA

Convocazione ordinaria del Consiglio Comunale

I L B O R G O M A S T R O

Visti gli articoli

D I S P ON E

di convocare il CONSIGLIO COMUNALE  In sessione ordinaria – seduta di 1° convocazione per il giorno venerdì 15 Marzo 2019 ore 18.30 presso Palazzo dei Congressi, Sala Iacono e, qualora non si raggiunga il numero legale in 1° convocazione, in sessione ordinaria seduta di 2° convocazione, per il giorno venerdì 15 marzo 2019 ore 19.30 presso Palazzo dei Congressi, Sala Iacono per deliberare il seguente

O R D I N E  D E L  G I O R N O

1. Lettura ed approvazione verbali seduta precedente.
2. Comunicazione deliberazioni della Giunta Comunale n. 14 del 06.02.2019 e n. 21 del 15.02.2019 aventi per oggetto “Applicazione Avanzo di Amministrazione vincolato al bilancio provvisorio in corso di gestione”
3. Tassa sui Rifiuti (TARI) – Affidamento al Consorzio Obbligatorio Unico di Bacino della gestione del tributo, compresa attività di accertamento e fasi propedeutiche e consequenziali alla riscossione per l’anno 2019. Approvazione convenzione.
4. Approvazione Piano Finanziario Tassa Rifiuti TARI – Anno 2019.
5. Imposta Unica Comunale I.U.C. Determinazione tariffe Tassa Rifiuti TARI – Anno 2019.
6. Imposta Unica Comunale I.U.C. Determinazione aliquote e detrazioni per l’applicazione dell’Imposta Municipale Propria IMU e valori aree edificabili - Anno 2019.
7. Imposta Unica Comunale I.U.C. - Determinazione aliquota TASI - Anno 2019. Non applicazione.
8. Esame ed approvazione programma delle collaborazioni autonome di cui all’articolo 46 comma 2 della legge 133/2008 e limite massimo delle spese per il conferimento di incarichi di collaborazione di cui all’articolo 46 comma 3 legge 133/2008.
9. Esame ed approvazione nota di aggiornamento al D.U.P. semplificato 2019/2021.
10. Esame ed approvazione bilancio di previsione per gli esercizi 2019/2021.
11. Convenzione con il Comune di Baveno per la gestione associata del servizio di Asilo Nido. Recesso anticipato.
12. Esame ed approvazione modifica al Regolamento Comunale per l’applicazione dell’imposta di pubblicità e diritti sulle pubbliche affissioni.

IL BORGOMASTRO Bottini

giovedì 7 marzo 2019

INTERVALLO DI LETTURA: I PARTE





Era trascorsa veloce la settimana. Organizzata sulle nevi dell'Argentier aveva rotto gli intensi impegni di lavoro di Curt che, dall’inizio d’anno e sino a quella settimana bianca, non avevano conosciuto sosta.
La società finanziaria per la quale lavorava e dove ricopriva un importante ruolo direttivo non gli consentiva troppe interruzioni di lavoro, ma occupava gran parte delle sue giornate spesso sino a tarda ora. D’altra parte questo era il patto; una retribuzione ragguardevole legata ai risultati, ma la richiesta di un impegno costante e assiduo, tanto da assorbirlo quasi totalmente, lasciandogli poco spazio alla sua vita privata.
Rimaneva la possibilità di concedersi qualche pausa anche prolungata e a distanza di tempo l’una dall’altra; tre o quattro volte l’anno, non di più oltre il periodo di ferie estive, tre settimane di fila, poi basta.
Il meteo non era stato dei più favorevoli. La neve non mancava, forse ce n’era anche troppa, ma solo un paio di giorni in tutta la settimana erano stati quelli veramente belli, gli altri erano stati tutti con tempo incerto, alternando momenti sereni a momenti di cielo coperto. Non era neppure mancata qualche precipitazione nevosa, per lo più serale o notturna. Invece il freddo non era stato intenso, ma quello che aveva rovinato non poco la settimana era stata proprio l’incertezza meteorologica, quell’instabilità, il continuo mutamento climatico che innervosiva, che disturbava la sensibilità e l’umore delle persone più ancora che il fisico.
Martina era bella, alta ma non altissima; Martina era giovane, ma non giovanissima. I Capelli neri, lunghi, lucidi; di solito li teneva raccolti scoprendo la fronte e rivelando un profilo che forse non era perfetto, ma armoniosamente leggermente imperfetto.
La sera, quando la giornata dello sci era terminata, dopo un passaggio, prima al centro benessere per una decina di vasche nella piscina, poi nell’appartamento di charme che Curt aveva fissato per la settimana, Martina era pronta per l’ora della cena; un passeggio lungo la strada principale precedeva la scelta del ristorante.
Di solito era lei che prendeva la decisione, Curt quasi mai mostrava di non gradire la scelta, ma anche quando non era del tutto convinto, alla fine si conformava alle decisioni di Martina che, per vero, si erano dimostrate sempre assai valide.
Il buon gusto non mancava a entrambi. Anche nella scelta della località dove trascorrere la settimana non c’erano stati contrasti. Le alpi Francesi, anziché quelle Svizzere abitualmente prescelte, erano state un modo per cambiare le solite abitudini e, anche se la frontiera era a pochi chilometri, essere all’estero era un modo per percepire un senso di maggior libertà; così almeno avrebbe dovuto essere.
No, quel clima meteorologico incerto e variabile alla fine sembrava fosse diventato la causa di un’ irritazione; lenta ma costante che serpeggiava all’interno della coppia mentre, nelle intenzioni, il soggiorno avrebbe dovuto invece cementarne il rapporto.
Curt era reduce da una precedente esperienza matrimoniale che, chiusa oramai da un paio d’anni in maniera abbastanza burrascosa, gli aveva lasciato oltre che una figlia dodicenne, affidata alla madre, anche l‘onere di provvedere al mantenimento, non solo della figlia, ma anche della precedente consorte.
Tremilacinquecento franchi era il conto mensile del suo fallimento matrimoniale e anche se la continuazione del matrimonio gli sarebbe costata probabilmente ben di più, soltanto l’idea di dover passare ogni mese quei tremila e cinquecento franchi alla ex moglie era una cosa che non riusciva a sopportare; la considerava non un dovere, ma una punizione ingiustamente inflitta. Passasse per la figlia, anzi su questo aspetto non aveva nulla da recriminare, ma quanto alla ex moglie proprio no.
Lui l’aveva conosciuta molto bene e pensava, probabilmente non a torto, che non avesse assolutamente bisogno di quei soldi, non tanto perché percepisse rendite o retribuzioni certe e continuative, quanto piuttosto per una qualche altra ragione di cui Curt era assolutamente convinto, ma che non aveva mai pubblicamente espresso.
All’ora serale che precedeva la cena Martina si presentava al meglio di sé stessa. Nell’occasione i capelli erano sciolti, morbidi le incorniciavano il volto, lunghi si adagiavano sin sulle spalle coperte da una calda e candida giacca a vento che l’avvolgeva e che esaltava ancor più, per contrasto, il colore dei capelli.
Anche Curt non figurava affatto male accanto alla sua compagna; aveva qualche anno in più, ma egregiamente portati, quasi non si avvedeva la differenza.
Il soggiorno alpino sembrava avesse giovato fisicamente a entrambi. Anche se il meteo non era stato dei migliori, la possibilità di dedicarsi alla sci, quasi a tempo pieno, non era mancata e, dopo alcune intense giornate di attività fisica il beneficio incominciava ad esserci.
Quella che, invece, sembrava mancasse era però l’intesa. Tra i due serpeggiava un invisibile contrasto, un’irritazione nascosta; non era facile definirla, la si captava, ma quanto a descriverla e più ancora coglierne la regioni era difficile.
Entrambi avevano aspettato con una certa ansia l’inizio di quel periodo di vacanza, ne avevano parlato più volte, avevano trovato l’intesa su tutto; la località, la data, l’appartamento, nulla che non fosse stato condiviso. Forse tutto ciò aveva cresciuto le aspettative più di quanto fosse giusto; forse ognuno dei due aveva dato a quella vacanza più importanza di quanto ne avesse, ma adesso che il periodo era venuto e che quelle aspettative avrebbero dovuto in pieno affermarsi, qualche cosa si era rotto o, almeno, incrinato.
Le giornate però trascorrevano, in apparenza, abbastanza serene. L’essere impegnati per buona parte del tempo sugli sci distraeva, aiutava ad allontanare qualsiasi tensione o malumore. Diverso era la sera; la convivenza stretta nell’appartamento, pur spazioso e di charme, non aiutava a sciogliere la tensione, anzi pareva l’ accumulasse, sembrava che tra i due nascesse un’irritazione, una difficoltà a tollerarsi.
Il ricorso a consultare lo smartphone era diventata una pratica continua, un modo quasi per rompere l’imbarazzo di trovarsi a diretto confronto; purtroppo quella continua consultazione si rivelava un rimedio peggiore del male, insinuando in entrambi una sorta di sospetto circa la reciproca fedeltà.
Non erano mancate reazioni, risposte brusche, dialoghi difficili; a volte un nulla era la causa involontaria di un’incomprensione, di un’irritazione. In genere però le cose si ricomponevano anche in fretta, ma così come in fretta si ricomponevano, altrettanto velocemente tornavano a guastarsi.
Quella che doveva essere una settimana felice si era così trasformata in altro, in un momento dove le difficoltà della coppia stavano emergendo con insolita irruenza.
Martina era infastidita dai riferimenti continui che Curt faceva alla sua precedente esperienza matrimoniale ed in particolare alla conclusione che aveva avuto. Non c’era momento in cui, in un modo o nell’altro, Curt non tornasse sul tema delle obbligazioni che era stato condannato ad assolvere mensilmente; sembrava fosse diventata un’ossessione e almeno in un’occasione la tensione tra i due era sfociata in una vera e propria lite.
Era successo la sera del giorno precedente il ritorno. Già durante la cena, consumata in un elegante locale del centro, le avvisaglie non erano mancate. Il motivo era sempre lo stesso, ma questa volta Curt era stato un po’ più pesante e si era spinto ad accennare, in modo non certo positivo, alle precedenti relazioni che Martina aveva avuto. Poi però aveva dovuto prevalere la necessità di mantenere in pubblico un contegno irreprensibile, frenando in entrambi le reciproche reazioni. La tensione tra i due aveva affrettato la fine della cena e il rientro a casa, evitando il passeggio che, sino a quella sera, non era mai mancato.
Una volta giunti in appartamento la tensione non si era allentata; complici una serie di avvisi di messaggi che lo smartphone di Martina aveva emesso, Curt era esploso in una stizzita reazione e afferratolo lo aveva di prepotenza spento. Martina, a sua volta, aveva reagito cercando di rimpossessarsi dello smartphone che stava nelle mani di Curt. La lite si era così trasformata in uno scontro fisico, violento; le parole che i due in quel momento si erano scambiate riflettevano il livello cui il contrasto era giunto. Alla fine Martina, colpita da Curt, si accasciò a terra cedendo ad un pianto sommesso.
La notte era trascorsa per entrambi in un sonno intervallato da improvvisi risvegli; più volte le luci delle stanze si erano accese; più volte entrambi si erano alzati nell’evidente ricerca di un modo con cui placare la tensione che non dava tregua.
Nel mezzo della notte Curt aveva avvicinato Martina; Lei aveva titubato, ma non si era allontanata. Il cuore della notte le turbinava dentro mischiando un amalgama di sentimenti più diversi, anche opposti, ma le mani che l’afferravano non avevano lo stesso segno di quelle che si lasciavano afferrare. Curt era il predatore, quello che rimessosi sulle tracce della preda l’aveva scovata nel suo rifugio. La preda non sfuggiva ingannata dall’abbraccio, ma si lasciava come fosse un gesto di riconciliazione, si rituffava nell’ardore che sembrava uguale a quello di tante altre volte...
La mattina il risveglio era stato lento, non vi erano state parole ad accompagnarlo, la giornata era già iniziata senza che ancora nella casa vi fosse un qualche segno del giorno.
Avrebbe potuto apparire anche una cosa normale, l’orario di partenza era ancora lontano, fissato dopo le due del pomeriggio. Vi erano i bagagli da preparare, l’appartamento da riordinare, uscire per un passaggio al bar dove consumare quella che sarebbe stata la colazione prima della partenza, prendersi una mezz’ora di relax, ritornare in casa, caricare la macchina, guardarsi in giro perché nulla fosse dimenticato e poi la partenza per il viaggio di ritorno: via Briga/passo del Sempione/ Lago Maggiore/ traghettamento e poi l’ultima ora per arrivare a Lugano.
Un itinerario più lungo rispetto a quello del traforo autostradale del Bianco, ma Martina non gradiva, anzi soffriva di una vera e propria fobia per i passaggi in galleria e quella del Bianco era troppo lunga e trafficata perché riuscisse a sopportarla.
Non era stato questo un problema, Curt lo sapeva bene e non ne aveva mai fatto una questione, anzi era sempre apparso non solo accondiscendente, ma anche in apparenza lieto di poter assecondare le richieste di Martina. Anche questa volta l’itinerario era stato da tempo stabilito in pieno accordo. Non era un viaggio brevissimo, bisognava calcolare almeno cinque ore d’auto, compreso il traghettamento da una sponda all’altra del Lago, ma il tempo a disposizione c’era tutto e l’arrivo a Lugano era dunque programmato dopo le venti, circa, della sera.
Curt era preciso, era solito sempre organizzare le cose con ampio anticipo; non lasciava mai nulla al caso, all’improvvisazione. Martina inizialmente aveva apprezzato questo suo tratto perché la rassicurava. Lei che era più propensa ad improvvisare piuttosto che a programmare, trovarsi qualcuno che pensava a tutto, che tutto organizzava senza che dovesse preoccuparsi, le pareva fosse positivo. In fondo l’aiutava a mettere ordine nel suo carattere che non era dei più stabili; piuttosto propenso a cambi d’umore, a repentine decisioni che non a tener ferme decisioni già prese e programmi già decisi.
Sì, lei all’inizio l’aveva preso decisamente bene: una svolta nelle sue consuete abitudini, un passo verso un cambio di carattere che l’accompagnava a sentirsi più sicura, più ferma, più matura. Qualche volta, è vero, l’atteggiamento di Curt le era sembrato eccessivo; qualche volta aveva anche obiettato, ma poi si era sempre conformata, sicura che quanto Curt decideva sarebbe stato comunque il meglio. Lo sentiva essere il suo uomo, quello cui affidarsi, quello che pensava ed agiva sempre e soltanto per il bene di lei e quindi…
Da un po’ di tempo tuttavia qualche cosa era cambiato. Le era sorto il dubbio se mai l’atteggiamento di Curt avesse un qualche cosa di caratteriale, un tratto nevrotico, il segno di una personalità disturbata... Vi erano degli eccessi, delle insistenze, dei comportamenti esagerati che letti in maniera più attenta potevano anche apparire maniacali. In alcune circostanze questi comportamenti eccessivi erano stati la causa di contrasti tra loro; sempre più frequenti, sempre più insistenti.
Martina era attraversata dal dubbio, rafforzata in questo dal fatto che le pareva tale modo di atteggiarsi da parte di Curt non tendesse minimamente a correggersi, ma anzi si accentuasse oltre modo e che in alcune circostanze fosse addirittura esasperante. I diverbi quindi non erano mancati. Ogni volta che Martina faceva osservare che: “forse non sarebbe stato il caso …”, che “forse sarebbe stato meglio lasciar perdere …”, che” sarebbe stato bene non preoccuparsi … “, ebbene, in tali circostanze, Curt non solo non dava mai soddisfazione alle pur sommesse richieste di Martina, ma tendeva a manifestare vera e propria insofferenza per i rilevi che gli venivano mossi. A volte reagiva in malo modo, un comportamento reattivo che, più di una volta, aveva lasciato Martina sgomenta, quasi umiliata, offesa, incapace tuttavia di reazione.
Più in là però il ripetersi sempre più frequente di queste circostanze avevano indotto Martina a reagire. Ci aveva provato, ma il risultato era stato assolutamente negativo, pessimo addirittura, sino al punto che era stata indotta a comunque lasciar perdere, a sottomettersi, persino intimorita che contrastare Curt in quelle che non era esagerato definire come vere e proprie manie, potesse addirittura essere pericoloso, sino ad indurlo a reazioni imprevedibili, fors’anche violente, almeno nelle parole.
Presto infatti non erano mancate le prime vere e proprie reazioni fisiche: dapprima erano stati soltanto dei gesti, l’evocazione di un castigo corporale a cui, però, non aveva fatto seguito nulla, ma nel tempo vi era stato un crescendo. Dapprima delle lievi spinte accompagnate dalla richiesta di farsi da parte, poi qualche cosa di più; qualche volta non erano mancati i segni evidenti di un qualche ematoma comparso sulle braccia di Martina, altre volte sulle gambe.
Una banalità era stata la causa scatenante il primo vero e proprio scontro fisico che aveva visto Curt e Martina ingaggiare un violento corpo a corpo terminato entrambi a terra, lei dolorante per i colpi ricevuti al fianco e lui la camicia strappata e insanguinata da un morso che la disperazione della donna gli aveva inflitto.
Da quella prima volta in poi gli scontri non erano mancati.
Seguiva al loro accadere, quasi inspiegabilmente, un lungo momento di apparente assoluta quiete; il pianto sommesso di Martina si spegneva, poco a poco, e ne seguiva un silenzio irreale dove si coglieva il respiro dapprima affannoso e poi, via via, sempre più normalizzato di Curt che rimaneva immobile disteso a terra, vuoi no, per molti minuti.
La normalità riprendeva soltanto più tardi, a volte come se non fosse successo niente. Era un lento, ma progressivo riavvicinamento; dapprima solo qualche parola appena pronunciata, poi qualche domanda che l’uno rivolgeva all’altro. Non sempre seguiva una risposta, ma poi, via via, il dialogo riprendeva, dapprima stentato, poi più sciolto, poi quasi normalizzato.
Di rado discutevano su quello che tra loro era successo; qualche volta sì, ma chiamarla discussione era probabilmente eccessivo. Non si confrontavano sull’accaduto, al più si impegnavano a non ripeterlo.
Dire che Curd non manifestasse mai le proprie scuse sarebbe però non rispecchiare il vero. Formalmente, in genere, le esprimeva quasi sempre; parole che potevano sembrare di circostanza, ma, invece, a volte era con un atteggiamento addirittura premuroso e accattivante che si rivolgeva a Martina a cui chiedeva di accettarle.
Giustificava le azioni che aveva commesso con lo stato di stress che l’attività gli causava, con la tensione che aveva accumulato nel passato per la vicenda della sua naufragata vita matrimoniale, con la preoccupazione che la crescita della figlia, separata da lui, gli dava.
Tutte giustificazioni che poco sembravano aver relazione con le reazioni violente che si era dimostrato capace di manifestare, ma comunque Martina le accettava e alla fine si riconciliava perché si convinceva sempre, dentro di sé, della bontà e della sincerità delle affermazioni di Curt.
CONTINUA

venerdì 1 marzo 2019

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Ormai sembra stia per diventare un appuntamento fisso, o quasi. Dopo le prove generali fatte da Canio durante i suoi radiosi mandati, lanciati con soldi pubblici a go go, ora il Governatore, la cui propensione alle gare sportive è nota, non disdegna affatto di rilanciare la manifestazione off shore tanto a lui cara. Quindi anche quest'anno prepariamoci ad assistere alla trasformazione dell'acqua in una pista da corsa. Niente di meglio per ri-lanciare il turismo, come se di questi giochi per grandi ce ne fosse proprio bisogno, e ci si incammina, a testa bassa, verso il modello che massimizza i numeri concentrandoli dove e quando non serve. Ci si prepara infatti, ad archiviare un' altra stagione invernale la cui qualità meteo è stata ben superiore a tante stagioni " turistiche". Eppure, nonostante le evidenze, le opportunità assolutamente gratuite che questo meteo, normalmente anomalo, offrirebbe, tutti gli attori dell'economia turistica, da quelli economici a quelli istituzionali, ignorano ciò che anche i bambini capiscono. Eppure sarebbe uno scenario ben diverso da quello rumoroso e inutile dell'offshore che il nostro governo ci propone un'altra volta, assolutamente diverso e singolare, ben diverso da questa banale gara di scatolette galleggianti, tappa Stresiana del gran tour del business che gira attorno a queste competizioni mondiali, e che qui lascerà poco o nulla. Vista poi la data in cui quest'anno si svolgerà, il meteo non escluderebbe piogge, abbondanti e persistenti. Speriamo.