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venerdì 15 novembre 2013

CIAK SI CHIUDE





Proseguiamo e oggi finiamo con la terza e ultima parte del ricorso contro lo stralcio di " Zanetta". Adesso tutto è noto, le carte sono uscite allo scoperto, ora tocca a Canio far la sua nuova di mossa.

 
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
DEL PIEMONTE
TORINO
RICORSO ULTIMA PARTE
4) Eccesso di potere per carenza dei presupposti; eccesso di potere per carenza di istruttoria; violazione degli artt. 6 e 12 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152; eccesso di potere per violazione della D.G.R. n. 12-8931 del 9 giugno 2008; eccesso di potere per carenza di motivazione con riferimento all'uso del suolo
L'art. 12 del D.Lgs. 3.4.2006, n. 152, impone ovviamente una particolare attenzione anche riguardo l'utilizzo intensivo del suolo, inteso quale risorsa ambientale non rigenerabile.
Come già detto, l'intervento reso possibile dalla variante parziale strutturale approvata dal Comune amplia notevolmente la superficie utile di pavimento destinata a polo turistico alberghiero, portandola da 10.661 mq a 13.895 mq. per un totale di 43.769 metri cubi di volume.
Non solo, ma come rilevato dall'ARPA e dall'ASL V.C.O. l'ambiente subisce un notevole impatto sotto il profilo atmosferico e acustico, causato dall'incremento di traffico prodotto dall'intervento.
Nessuno di questi fondamentali elementi è stato preso in seria considerazione nel procedimento di verifica preventiva di assoggettabilità alla VAS, in violazione a quanto prescritto dall'art. 12 del D.Lgs. 3.4.2006, n. 152 e dal relativo Allegato 1.
Nella relazione dell'OTC (doc. 3) si cerca di “dribblare” la questione da un lato ipotizzando soluzioni “compositive” (parcheggi inerbiti, autobloccanti...) e dall'altro considerando che l'incremento di s.u.l. provocato dalla variante (3.234 mq) incide percentualmente solo per lo 0,02 % rispetto alla superficie comunale allo stato urbanizzata.
In realtà la valutazione del consumo di suolo non deve essere circoscritta solo ad una analisi generale riferita all'intero territorio, ma deve anche e soprattutto essere contestualizzata nello specifico ambito di riferimento della zona interessata la cui area, per le sue specifiche caratteristiche, ben potrebbe già essere eccessivamente “sfruttata” o, come nel caso specie, presentare caratteristiche di pregio ambientale tutelate.
D'alta parte è ovvio che in comuni come quello di Stresa una valutazione esclusivamente generale ed astratta sarebbe sempre positiva, stante la bassa percentuale di superficie urbanizzata rispetto al totale della superficie comunale.
Ragionando come ha fatto il Comune, nel caso ad esempio di un nuovo intervento urbanistico sulle rive di un torrente quasi integralmente urbanizzate (come a Genova), qualora a livello generale la superficie “cementificata” fosse irrisoria la componente suolo non rischierebbe affatto di essere compromessa. Cosa ad avviso di questa difesa radicalmente assurda.
Il consumo di suolo deve quindi essere visto con particolare riferimento alla specifica zona in cui si inserisce l'intervento, che per di più nel caso di specie è soggetta ai già citati vincoli paesaggistici e storico-artistici e passa da un rapporto di copertura esistente il loco del 14% ad uno previsto del 45% (cfr. doc. 7, pag. 4).
Di più ancora, il suolo che verrebbe a essere consumato con l'attuazione della variante stralcio è un suolo pregiato in quanto ambito di localizzazione dei parchi e delle ville storiche che caratterizzano, storicamente,  la fascia costiera e che l'esistenza di un'ampia letteratura a riguardo testimonia. Il loro sovvertimento, anziché il loro corretto recupero, confligge fortemente con tutte le indicazioni, anche pianificatorie che, invece, debbono ricavarsi dal sistema dei vincoli che intorno ad essi è stato costruito e non a caso.
La variante stralcio, dunque, avrebbe dovuto essere preceduta da VAS e di conseguenza, ancora una volta, sia il provvedimento di verifica del Comune di Stresa, assunto con delibera C.C. 28.12.2012, n. 111, sia l'atto di approvazione della variante di cui alla delibera C.C. 21.08.2013, n. 68, risultano viziati per evidente mancata valutazione dei fatti rilevanti, carenza di istruttoria e di  motivazione.
5) Eccesso di potere per insufficienza e contraddittorietà  nella motivazione giustificativa della procedura stralcio. Violazione di legge per disparità di trattamento. Eccesso di potere per sviamento delle finalità dell'atto 
Lo strumento della variante stralcio si insinua, in maniera inusuale, interrompendo una procedura di revisione più ampia e organica dello strumento urbanistico che soltanto pochi mesi prima aveva preso avvio.
Tale procedura organica era pervenuta alla fase di approvazione del documento programmatico, ottenuta con la deliberazione C.C. n. 115 del 16/11/2011, cui faceva seguito, come da procedura ex art.31/ter della L.R. n. 56/77 e s.m., la  pubblicazione e la raccolta delle osservazioni.
Da allora nessuna attività, nonostante la previsione normativa,  è stata dall'Amministrazione svolta in relazione a tale avviata revisione dello strumento urbanistico. Invece, prendeva avvio, con deliberazione CC n. 28 del 14/05/2012, la variante stralcio.
A sostegno di tale mutato procedere, l'Amministrazione ha addotto una richiesta acceleratoria avanzata dalla proprietà dell'area oggetto della  previsione n. 172 (la SIAV S.r.l.). Tale richiesta si fondava sull'asserita necessità di ottenere, in tempi brevi, l'approvazione della variante poiché il luglio 2014 veniva indicato quale termine ultimo concesso per attuare e completare un programma di investimenti che aveva ottenuto un finanziamento pubblico ai sensi della legge n. 488/1992 (cfr. doc. 2).
Orbene, se questa era la motivazione principe che l'Amministrazione formalmente ha fatto propria per giustificare l'avvio di un percorso accelerato e preferenziale che avrebbe consentito alla SIAV srl di evitare le lungaggini procedurali di una variante di più ampie dimensioni ed andare a risultato, la realtà dei fatti rivela che non vi è relazione di causa effetto tra la necessità di ottenere la variante e l'utilizzo dei benefici economici.
Infatti, il finanziamento è riferito ad un progetto edilizio, certificato con perizia giurata dall'Architetto Fabrizio Naldini di Acqui Terme datata 12/09/2006, conforme ai disposti del piano regolatore vigente nell’anno 2006 (doc. 22).
E' quindi palesemente assurdo motivare la necessità dello stralcio della variante, con la prossima scadenza di finanziamenti pubblici che si riferiscono a progetti che con la medesima variante non saranno più attuabili così come approvati.
Sorge pertanto il legittimo dubbio che lo stralcio sia stato predisposto soprattutto per evitare la sottoposizione alla VAS dell'intervento qui contestato perché la variante strutturale originaria, per le sue dimensioni, avrebbe certamente comportato la necessità della VAS, o quantomeno sarebbe certamente stato più difficile giustificarne l'esclusione.
6) Violazione dell'art. 45 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42; violazione del D.D.R. 27 dicembre 2010; eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e difetto di motivazione; violazione dell'art. 24 delle L.R. 5 dicembre 1977 n. 56
L'art. 45 del D.Lgs. n.42/2004 rubricato “Prescrizioni di tutela indiretta” dispone:
“1. Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.
2. Le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi degli articoli 46 e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici..
In attuazione di tale norma, la Direzione Regionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha emesso il Decreto del 27 dicembre 2010 a tutela delle ville “Basile San Rizzo” e “Marina o Mona” (doc. 10). In esso sono indicate con precisione le prescrizioni dell'area e tra queste:
“che non vengano poste in essere nuove edificazioni tali da recare pregiudizio, per dislocazione e volume edilizio, dimensionamento, profilo e altezza alle prospettive, alle visuali ed al godimento dei due edifici sottoposti a tutela, rispettandone la scala edilizia ed il particolare rapporto con il contesto esterno;” (prescrizione n. 2).
Orbene, al di là dell'apparente recepimento del vincolo, basta un semplice confronto tra la situazione attuale (tutelata) e gli indici, le dimensioni e la localizzazione della nuova edificazione prevista, per constatare che con la variante approvata dal Comune tale prescrizione viene apertamente violata.
Allo stato le due ville tutelate hanno un indice di copertura dell'area pari al 14% mentre con la variante questa viene portata al 45% (cfr osservazioni ARPA doc. 7 pag 4 e scheda di intervento della variante).
La superficie utile di pavimento dalle poche centinaia di metri quadri delle ville passa a ben 13.895 mq..
Il volume delle due ville tutelate è modesto (cfr. prescrizione n. 3 del Decreto cit.), pari a circa 4.000 mc. mentre quello previsto è di 43.769 mc., ben 10 volte di più.
L'altezza massima consentita è di 22 metri (cfr. scheda di intervento) mentre le ville sono alte al massimo una decina di metri.
Il tutto concentrato nell'area vincolata a ridosso delle ville tutelate e compreso in un raggio di soli 120 metri circa (cfr. pag. 2 osservazioni ARPA 21 giugno 2012, doc. 8).
La previsione è pertanto in evidente contrasto con le prescrizioni del Decreto 27 dicembre 2010, atte a contenere fortemente nuove edificazioni: invece di recepirle con rigore ai sensi dell'art. 45 D.Lgs. 42/2004 le trasgredisce, consentendo la realizzazione nel parco delle ville di un intervento di grandissime dimensioni che altera profilo, altezza delle prospettive, scala edilizia e visuali dei due edifici sottoposti a tutela.
Ciò che viola anche l'art. 24 delle L.R. 5 dicembre 1977 n. 56, il cui comma terzo prescrive che “Negli ambiti individuati ai sensi dei precedenti commi [ossia le zone individuate dal PRG ove sorgono beni e culturali da salvaguardare, n.d.r.] è fatto divieto di modificare, di norma, i caratteri paesaggistici della trama viaria ed edilizia ed i manufatti, anche isolati, che costituiscono testimonianza storica, culturale e tradizionale.”.
E si tenga nuovamente presente che l'aumento della s.u.l.. e quindi del volume, come si ricava espressamente dagli atti della variante e dal parere regionale del 22-23 luglio 2013 (doc. 18), è stato motivato proprio dal fatto che “Villa Marina” e “Villa Basile di San Rizzo” sono state vincolate dalla Soprintendenza e dunque non era più possibile il recupero dei loro volumi tramite demolizione. Per assurdo, pertanto, l'imposizione del vincolo, invece di contenere l'edificazione, è stato sfruttata per aumentare le cubature realizzabili nel medesimo contesto tutelato!
Anche per queste ragioni, pertanto, la variante impugnata deve essere annullata.
Per le esposte ragioni si insiste per l’accoglimento del ricorso. Con il favore delle spese e degli onorari di giudizio.
Si dichiara che la causa ha valore indeterminato e quindi soggetta al contributo di Euro 650 ai sensi dell'art. 13, comma 1, del D.P.R. 30 maggio 2002 e si depositerà ricevuta.
Casale Monferrato-Torino, 11 novembre 2013

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