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venerdì 10 gennaio 2014

FALLIMENTI


Fallisce l'esperimento di governo per atti giudiziari tentato dal legale Canio e dalla sua corte di fedeli legulei. Fallisce non una,  ma più volte in ripetizione ravvicinata. Era fallito, una prima volta, com' è noto, nel tentativo di imporre una servitù forzosa su terreni della Società  Aghe, in vetta al Mottarone, cassando il Tar quel tentativo; poi, anche se la cosa è meno nota, era fallito nel tentativo di far pagare oneri di urbanizzazione alla società Zacchera, proprietaria dell'albergo Bristol, oneri richiesti per un edificio che non era stato costruito; anche in questa occasione il Tar aveva detto no. Sulla vicenda poi dei terreni Borromeo, sempre in vetta al Mottarone, il Tar non si è ancora espresso, ma Canio riusciva a perdere ancor prima di conoscere la sentenza. Ora arriva la tegola del caso Ermini che mette a grave rischio la credibilità del suo intero governo, mai come prima forte di  esponenti appartenenti al foro di Verbania, Canio in testa e Falciola in coda, sostenuti nelle loro brillanti azioni dai pareri onerosi e dal patrocinio, pure oneroso, prestato, pressoché  in esclusiva, dal noto Pafundi, del foro di Torino. Uno tsunami capace di indebolire la forte tempra del condottiero che guida da quasi due ininterrotti lustri il suo fedele gruppo di governo. Fallisce dunque laddove, almeno professionalmente, avrebbe dovuto risultare vincente, figuriamoci quindi in altri campi. Al confronto di tali qualificati esponenti, la stella del Vice delegato, notoriamente non dotato di particolari titoli accademici, rischia, immeritatamente, di brillare oltre ogni giustificabile misura. Se poi si aggiungono le personali dissociazioni, tardive senza dubbio, tenute da questi sull'ultimo caso che ha investito il Palazzo, il rischio concreto è quello di incoronare un erede che a dispetto dell'età, un po' come l'erede al trono di Inghilterra, non ha ancora raggiunto la necessaria maturità. Insomma si rischia una crisi dinastica, dove il sovrano regnante si vede obbligato ad abdicare di fatto, ma dove il delfino non è pronto a prendere il suo posto. Un bel dilemma dunque in cui il governo giudiziario sembra essersi infilato, mentre il bello, cioè la sentenza Zanetta deve ancora arrivare, ma non tarderà, almeno, si cercherà di non farla ritardare. Rimane il divertimento assoluto in cui Canio era parso allettarsi; fare querele a raffica contro gli esponenti da lui non nominati nel Consiglio cittadino. Anche qui non si tarderà a vedere se le sue mosse sono state furbe o per nulla, come, sinceramente, auguriamo, necessariamente a noi, sue vittime designate.                       

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