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giovedì 7 maggio 2015

ULTIMO ATTO ?



















Arriva alle 18 e circa 30 quest'altro mancato convocato ultimo Consiglio. L'appello va via in fretta, Piervalle lo ricorda al Presidente che giusto per essere partecipi e anche diligenti, pur non avendo ricevuto nessuna notifica d' invito, siam presenti. Non sembra che Canio poi l'apprezzi, ma il Vice conferma l'incidente. S'inizia con sul tavolo la resa di quel conto che è stato dell'anno che è passato. Ne stende, l'Alcade, l'elogio di purezza e integrità, ne snocciola le cifre di milioni, tondi tondi, ci mostra il tesoretto che è circa sei milioni, ci illustra un gran avanzo che è oltre due milioni, non cita mai la cifra che nasconde la grande inefficienza della Giunta, reclama, giustamente, avverso quelle norme malandrine che svuotano di soldi questo Ente. Finito che ha quest'auto elogio,consente ai Consiglieri di dire anche la loro. Ne parla sol Piervalle, che essendo molto raffreddato non perde molto tempo, ma va subito al sodo. Il punto sta dunque in quella cifra che Canio non ha detto, sta cifra è 877 mila euro. E' il saldo, a fine hanno, con cui sto patto, ormai famoso, è stato anche sfondato. Qualcuno adesso strillerà, per carità, il patto è stato rispettato e la cifra cha abbiamo riportato indica la somma che avrebbe potuto essere spesa e non è stata, invece, spesa. Doveva servire per il porto, il porto poi è andato per le lunghe e ha speso quasi niente, complice però la guerra mai sopita tra il governo e il suo ufficio, non è servito a niente non spendere la somma per il porto, perché pur avendo da spendere per altro, la macchina da guerra si è inceppata, tutto qui. Tralascio la replica d'ufficio che Canio ha raccontato, il fatto è questo qui, che cosa funzioni dentro lì, più o meno quasi niente. Si passa dunque al voto, si contan le astensioni, sono quattro, gli altri si approvano anche il conto. Finito l'argomento c'è, di nuovo, l'eterna funivia. La lega si dissocia e lette poche righe si alzano e vanno via. Inizia il nostro Canio a spiegarci la lezione, a dire che bisogna salvar la funivia, che occorre che ci si metta un altro di milione, che si tolga la questione del cambio delle funi e così si vada via. Finito un gran sermone ci passa la parola. Premesso, gli diciamo, che l'urgenza è soltanto l'effetto di troppa inadempienza, aggiungiamo che il bando precedente, scaduto senza effetto, anche un cieco avrebbe potuto prevederlo, contenendo quelle norme così tanto aleatorie e vessatorie da indurre a fuggire piuttosto che a venire. Ciò detto, va bene dunque levare quelle norme, occorre giustificar questo milione. Poiché non c'è traccia di un rigo che lo spieghi, se è tanto, se è poco, perché si mette, giusto, la cifra di un milione ? Neppure c'è il bilancio, se tanta era l'urgenza, occorreva arrivare in aula con lo straccio, almeno, di un pezzo di bilancio, ma siamo in esercizio provvisorio e quindi senza soldi. Ciò detto l'atto ha un sapore, oltre modo, elettorale; si arriva di corsa dopo anni, anzi decenni e si dice che occorre fare tutto molto in fretta. Ma prima non c'era questa fretta ? Si suggerisce inoltre qualche idea che pare faccia breccia in qualche Consigliere, ma finito l'intervento, si annuncia l'intenzione di escludersi dal voto, si lascian le cartelle sopra il banco, si dice che si torna dopo il voto e si esce dalla porta. Passati che sono un po' i minuti, si sbircia dalla porta, ancora niente, ne passano degli altri, si vede un movimento, si torna ordunque in aula. Ma in aula si trova la sorpresa; i saggi Consiglieri, in testa il Professore lasciano i lor seggi e vanno già verso la porta. Morire che sto Canio ci voglia dar risposte, sui soldi del porto, la piscina e altre cose; inscena Consigli che poi chiude e rinvia, di rinvio, la discussione. In testa il Professore abbiamo giusto detto, quel decano cui ci rivolgemmo perché ottenesse per noi questo rispetto, cioè questo semplice diritto a ottener delle risposte e che lui promise avrebbe cercato di farci anche ottenere. Finisce dunque nel modo peggiore che poteva la seduta, indetta per salvar la funivia e affossar, del tutto, questa nostra local democrazia. 





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