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mercoledì 8 giugno 2016

" LIETO FINE"





PUBBLICA AMMINISTRAZIONE



La Cassazione «salva» i vecchi assenteisti

...........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................Sugli assenteisti, ha ricordato la ministra, ci sono già procedimenti in atto, ma gli esiti non sono sempre quelli scontati. Ieri per esempio la Cassazione ha detto l’ultima parola sul caso di un funzionario di un Comune del Nord che a fine 2008 era stato licenziato per false timbrature. A “salvare” il dipendente è stato il contratto degli enti locali firmato il 22 gennaio 2004, l’ultimo siglato prima del lungo congelamento contrattuale della Pa, che prevede la sospensione da 11 giorni a sei mesi per i «fatti, colposi o dolosi, che dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio», riservando il licenziamento alle «recidive plurime». A complicare le cose c’è il fatto che il decreto Brunetta, con la stretta sulle sanzioni anti-assenteismo, è arrivato solo nel 2009, cioè l’anno successivo al caso, ma per giustificare il licenziamento il Comune aveva invocato il «notevole inadempimento degli obblighi contrattuali» indicato come giustificato motivo di licenziamento dalla legge 604 del 1966. La Cassazione ha ribattuto però che in fatto di licenziamento le previsioni dei contratti nazionali «non possono essere disattese dai giudici», perché sono il frutto della «valutazione della gravità di determinati comportamenti» svolta dalle parti sociali e che quindi non è possibile stabilire una sanzione «più grave di quella prevista dal contratto».

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Così oggi sul Sole quotidiano, citando il caso che riguarda il nostro bel Palazzo. Si è infatti "conclusa" la vicenda che da un mucchio d'anni vedeva contrapposti il dipendente e il suo datore di lavoro. Un eco si è pur visto ieri sera dentro l'aula del Consiglio lì riunito e a parte la comparsa tra il pubblico presente del nostro vincitore, la Capo gruppo ha rimarcato il fatto che nel bilancio in discussione non sia stata messa una posta di spesa per risarcir del danno il danneggiato. Ci par che la Signora abbia un po' fretta; intanto si è conclusa, per sempre e lentamente, una vicenda che ha visto ben 5 giudizi. Di questi, due han dato torto al dipendente e tre ragione. Inutile qui dire che l'ultimo giudizio è quel che conta e, come ricorre con insolita frequenza, il Palazzo, anche stavolta, è andato sotto. Se poi c'è spazio e voglia per chiedere di pagar danni, la cosa riguarda l'eventuale danneggiato e non degli altri; se poi a pagar le spese e i danni eventuali debba essere il Palazzo o la persona che firmò l'ordine di sfratto, dipende se l'errore sia stato fatto per colpa lieve o grave. Comunque la cosa, se mai andrà avanti, sarà, stiamone certi, di sicuro complicata. Per ora una fine è già segnata; sconfitto, per un soffio, nella corsa alla poltrona di Sindaco in paese, si prende la rivincita finale sul posto di lavoro. Non sarà proprio un trionfo, la storia peserà come un macigno, il patto di fiducia ormai si è rotto, un conto è una sentenza, un'altro poi la convivenza. Di certo non c'è più Canio, e questo è forse un bene; sicuramente c'era il suo pollice verso ad assecondar quegli atti che poi furono cassati dal giudice nel merito; eccesso di rigore, bastava la giusta punizione, al più una sonora sospensione.   

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