
Getta la spugna, chiude i battenti e dice
addio l’impresa che, dopo un contenzioso contrastato e un nuovo progetto ormai
rifatto, stava in attesa dell'inizio dei lavori. Rimarrà il suo nome, forse, ancora un po’
su quei cartelli di cantiere che, sono ormai quasi due anni, è l’unica cosa che
vediamo di quel gran porto che, dire poco, è “sfortunato”. Cessa il suo impegno dunque quell’impresa,
toglie il disturbo, lascia in eredità quel suo progetto, ormai pagato, chiude e se ne va. Finisce
quindi qui un altro dei capitoli infiniti di cui si allunga quest’opera ma
vista, finiscono le imprese, cambiano i sindaci ed i governi, era il novecento
ora siamo ben dentro il nuovo secolo, non esisteva il patto, tutto è cambiato,
nessuno ci è riuscito a fare un solo passo. L’autunno con cui si è travestito
l’inizio di quest’anno a primavera è un po’ anche il segno di questo lungo
fallimento, del declino che dietro le parole camuffate da una retorica passata, il nostro Canio ci prova a rinviare,
ma lui è una parte della causa, è un po' il problema, non è la soluzione, fare la vittima non paga. Comunque se l’impresa
se ne è andata, non è che è l’ultimo problema, di mezzo ci stanno sempre e
ancora i soldi, quei 900 mila euro che la Regione non decide, ma intanto il
tempo ancora passa, un altro anno si avvicina e la telenovela segna il passo.
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