
E’ solo andato in onda un mezzo
show, uno spettacolo di luci, fumi e suoni
che si magari è anche piaciuto a quelli della corte, ma quando si
spengono le luci, si tira giù il sipario e si chiude lo scenario, si scopre
l’illusione di una festa, ma che la realtà è invece amara, ancora lì,
esattamente intatta. Il gran mago ha un po’ giocato col cappello a forma di un cilindro
e il suo bastone da grande illusionista, pescando e ripescando, inventandosi
battute e cattiverie, giostrando con le carte e le parole. Quattro milioni il
danno, poi c’è quello biologico arrecato per averci anche stressato, il falso mascherato
un po’ dal vero, vi addito al pubblico ludibrio; chi lo sentiva così l’ altra
di sera, quand’ era sulla scena, lo applaudiva. Poi viene il vero: quei quattro
milioni in gioco è uno soltanto, poi salta fuori che un altro milioncino il Canio
lo ha scontato allo Zanetta, che la perizia fatta è sempre e solo di Zanetta,
che la difesa estrema del general Palmieri non sta in piedi, che la città è seduta,
che Canio sino ad ora del porto ha fatto un buco dentro l’acqua e basta,
che ha perso i soldi per Villa Palazzola, che la Gabbiola crolla come la sua
promessa di farci l’autosilo, che la funivia ora che si devon cacciar i soldi
non ha neppure più un padrone, che Longodorni lo smentisce e dice piano a
grandi nuovi alberghi, che blà, blà, blà;
intanto in giro si vedono solo le macerie
che sembra il dopo guerra e poi quel gran finale dove, finito lo spettacolo, si
fa largo tra il pubblico, si butta in braccio allo Zanetta, riceve un grazie,
bravo, bis e lui, Canio, è raggiante.
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